Raffaele Piazza, ''Dire l’indicibile. La ‘poesia neo-metafisica’ di Roberto Pasanisi''

"Roberto Pasanisi, nonostante la giovane età (è nato a Napoli nel 1962), ha già acquisito un notevole peso nell’àmbito letterario italiano, sia a livello della produzione lirica, sia a livello di critica: egli si muove attualmente proprio in questa duplice direzione, percorrendo i due livelli con la massima coerenza; nel senso che il Pasanisi poeta e quello critico sono felicemente accomunati da un fondo di poetica e di concezione della poesia rispetto agli altri settori della vita, che possiamo definire come il terreno comune di base per le due esperienze: tra esse si crea un rapporto osmotico, come se ad un’immagine o forma poetica potesse corrispondere una concezione dell’arte e viceversa. [...] Così Pasanisi naviga nella poesia e attraverso la poesia come Magellano, figura che è centrale nel suo immaginario poetico: e, paradossalmente, proprio all’interno della poesia ritrova il porto, lo spazio perduto nei limiti della vita, instancabile esploratore di nuove esperienze liriche e tematiche, in un continuo e stabile coniugarsi d’ispirazione e forma" (Raffaele Piazza, "Dire l’indicibile. La ‘poesia neo-metafisica’ di Roberto Pasanisi", in “Arenaria”, 23-24, 1992, pp. 15-30)
del 02/01/09 -

Raffaele Piazza

Dire l’indicibile.
La ‘poesia neo-metafisica’ di Roberto Pasanisi



Roberto Pasanisi, nonostante la giovane età (è nato a Napoli nel 1962), ha già acquisito un notevole peso nell’àmbito letterario italiano, sia a livello della produzione lirica, sia a livello di critica: egli si muove attualmente proprio in questa duplice direzione, percorrendo i due livelli con la massima coerenza; nel senso che il Pasanisi poeta e quello critico sono felicemente accomunati da un fondo di poetica e di concezione della poesia rispetto agli altri settori della vita, che possiamo definire come il terreno comune di base per le due esperienze: tra esse si crea un rapporto osmotico, come se ad un’immagine o forma poetica potesse corrispondere una concezione dell’arte e viceversa.
Il primo dato costante e quasi programmatico della personalità di Pasanisi è la sua ferma concezione dell’importanza imprescindibile dell’arte e della poesia nella vita contemporanea come forma di recupero di valori essenziali dell’uomo, che sempre di più viene a scontrarsi con le incongruenze esistenzialistiche del mondo moderno; i suoi articoli, pubblicati su numerose riviste italiane, vertono sovente su questo tema, e mettono in luce la funzione inalienabile della poesia come mezzo per riawicinarsi all’autenticità della vita: come per esempio nell’eros, fatto sublime della vita, che attualmente è mercificato e snaturato1. Da qui potremmo intendere metaforicamente le sue poesie, edite in numerosissime riviste specializate italiane e straniere oltre che nelle sue due raccolte, come messaggi inviati nella bottiglia e affidati al mare della vita per destinatarî privilegiati, che possano di nuovo risentire l’autentica voce delle cose come da un sublime suono di conchiglia: simboli particolarmente chiari per Pasanisi, che si rivela come poeta al lettore con frequenti descrizioni di mari e di navigazioni, nelle quali possiamo leggere il tema del viaggio, che è poi la vita stessa, quanto mai fugace, da fermare con l’immaginazione nel momento struggente della contemplazione della natura e dell’amore, da riportare quindi col ricordo nei versi all’atto della scrittura2.
Va detto che gli inizi di Pasanisi poeta sono stati molto precoci, avendo composto egli fin dai quattordici anni componimenti poetici che lasciavano senza dubbio scorgere la sua musa già ispiratrice per significativi traguardi lirici, quali sono poi emersi nella sua prima raccolta (Giardini del cielo), che, uscita nel 1980, raccoglie le sue poesie fino ai diciassette anni, vale a dire fino al 19793. 0ltre a rivelarsi fin da allora autenticamente poeta, per l’afflato lirico che caratterizza Giardini del cielo, in tale opera Roberto dimostra già un grande background culturale che, unito ad una fantasia straordinariamente vivida e immaginosa, fa del libro un’opera che, nella pur sua salda architettura formale e figurale, è molto varia e sfaccettata nelle sue sezioni. Elemento costante di questa prima fase della poesia di Pasanisi è l’ansia di purezza e di assoluto, che si rivela a livello sia di significante che di simbolo nel tema della stella e della sua luce come presenza trascendente e sovrumana, meta per l’animo suprema e irraggiungibile, che però dall’uomo, dalla sua terra per alcuni versi imperfettissima, può essere scorta (tanto che viene in mente che per tante stelle contemplate alcune possano essere quelle già spente che, per un fenomeno geofisico, continuiamo a scorgere); stella anche come ierofania, in queste liriche pervase da un’universale religiosità che rivela il suo mistero nella contemplazione della natura e del cosmo4.
Dicevamo del carattere architettonicamente unitario del’opera, pur nella sua natura composita: a questo proposito dobbiamo dire che il libro costituita da sette sezioni, che vanno dalle liricissime Notti d’amore alle Poesie surrealiste, dai Paesaggi napoletani (suite) ai Notturni, dai Sonetti d’amore ed a/tre poesie antiche ad Andalusia, che la testimonianza dell’amore del poeta per i paesaggi mediterranei ispanogreci e per la poesia di Juan Ramón Jiménez, suo ispiratore fin dall’adolescenza.
Molteplici sono le costanti e i temi di questa poesia: primo quello di giungere attraverso la parola lirica in zone dove la vita non conduce, una trasfigurazione del reale per rendere esplicito quello che invece alla superficie pare ineffabile, una ‘dizione deli’indicibile’, per usare una formula cara all’autore; sembra che la poesia di questo Pasanisi diciassettenne abbia la capacità di toccare ed analizare in modo sublime, di dipingere con indiscusso sentimento tutti gli aspetti della vita, che divengono così ispiratori, espressi con il comune denominatore d’una sensibilità profonda e d’un personale sguardo che sa cogliere la profondità e l’essenza delle cose, rafforzato indubbiamente dalla sua vasta cultura classica e filosofica. In Giardini del cielo abbiamo poesie cosmiche che sottendono un’acuta attrazione per le luci serali e notturne dell’universo; ma molto spesso, dalla contemplazione del creato nel cosmo che Pasanisi tanto ama e che evoca leopardiani naufragi, emergono occhi, capelli, figure femminili che da una parte sembrano autonome e dall’altra paiono estensione del paesaggio còlto sempre nel suo iridarsi, a volte dando l’immensità. Il tema dell’amore è uno dei più ricorrenti, in tutte le sue sfaccettature: a volte casto e celestiale con un bacio dato e non dato, che ricorda la dinamica, dialettica tensione fra detto e non detto, a volte sensuale, a volte nostalgico, ma mai freddo e astratto, al contrario sempre intensamente sentito.
Talvolta si passa dalla cosmicità indefinita a paesaggi individuabili geograficamente, quelli napoletani; ma anche in questi, accanto al microcosmo, presente una ricerca di totalit, di fusione con la natura, quasi in un abbraccio panico e sensibile che evoca dannunziane immagini. Talaltra, invece, nella silloge predominano sentimenti familiari, come nella poesia A mio padre5; altre volte immagini surrealiste, attinte direttamente all’lnconscio; altre ancóra, immagini garbate, che sapientemente rievocano atmosfere settecentesche. Non sono nemmeno esclusi componimenti che si awalgono dell’uso della metrica in sonetti, romanze e strambotti rivisitati in chiave moderna.
C’è dunque in questi versi, non solo in germe ma anche in fieri, I’humus di quel mondo che Pasanisi continuerà a costruire infaticabilmente, articolandolo e arricchendolo con nuova ispirazione.
Notiamo nella raccolta un afflato, una tensione verso il sublime, una tendenza che va ad inscriversi sotto la riscoperta d’una classicit come valore eterno e per nulla retorico; esso ha la sua sede in un sembiante mediterraneo indefinito e interiore, specchio d’una tendenza del poeta che si rivela pure nel suo rapporto col quotidiano, con la vita fatta anche di eros, sentimenti e contemplazione: la poesia li trasfigura, quasi li ‘ferma’ sulla pagina, che diviene messaggio e diario per il poeta medesimo. Il rapporto di Pasanisi poeta con la donna tende a trasfondere la creatura femminile nella natura, che magnifica con la sua presenza: è un rapporto fatto di innamoramento, nostalgia, ricordi, di fusione di natura e cultura quando i pensieri del poeta divengono colombe candide nel cielo della donna; inoltre vi la frequente tendenza alla similitudine tra elementi naturalistici e parti del corpo femminile, come le stelle gli occhi e le comete i capelli: fatto che indubbiamente si può ricollegare alle poesie d’amore di Neruda, anche se nei poeta cileno a volte l’accostamento è con parti più sensuali del corpo femminile, mentre in questo primo Pasanisi è tutto su un piano visivo, stellare, luminoso, per cui bellissimi e paradigmatici sono i versi tratti dalla sezione Notti d’amore di Giardini del cielo: “Il mio amore s’è dissolto / in frammenti di luce."6. Pasanisi sembra quindi di fronte ad un visore dove vede un paesaggio dal sole sfolgorante con una spiaggia di sabbia calda, con un cielo terso, altre volte notturno di stelle, e un mare dalle infinite iridescenze, e abita questo sembiante col pensiero, evocando immagini meravigliose, di stupefatta largura, dalle quali emerge la nostalgia dell’autore per un’antichità amata e rivissuta in chiave di uomo contemporaneo: un ‘paradiso perduto’, ma che vale la pena di evocare per trarre maggiore suggestione dai sentimenti della vita e per viverli più pienamente; nostalgia che non resta dunque fine a se stessa, ma che invece diviene costruttiva per l’individuo degli anni novanta.
Quello che si nota in queste poesie iniziali e che poi si accentua come cifra caratterizzante nella poesia di Pasanisi, raggiungendo nella fase attuale la massima compiutezza, è la capacità di evocare immagini limpide e icastiche che sembrano, alla lettura, a brevissima distanza dalle parole: intendo dire che il processo che nella lettura poetica consente di passare dalle parole alle immagini evocate qui mi pare più rapido ed efficace del consueto, conferendo alla lettura una fortissima capacità suggestiva7.
Possiamo inoltre dire che probabilmente l’esercizio delle forme metriche in alcune di queste poesie è stato senza dubbio utile a Pasanisi per trovare quell’armonia e perfezione formale, quelia raffinata musicalità che si accentuerà nelle liriche successive8.
Nel suo volume susseguente, pubblicato nel 1982, Le terre del sole9, vengono affrontate tematiche simili alle precedenti, ma con mezzi espressivi molto più maturi: rimane la fervida ispirazione, ma le immagini, sempre varie, acquistano ulteriore icasticità e significanza, la parola si lega indissolubilmente con la scena o la figura che rappresenta in maniera mirabilmente nitida e pregnante; I’aria già chiara che si respira nella prima raccolta qui diviene cristallina, la forma più sintetitica, il verso più leggero nella sua magica fluidità.
La poesia che apre la raccolta, Ghénesis10, pare programmatica d’un rapporto profondo tra vita e poesia, quasi come se la nascita, I’origine della vita umana fosse un fatto tanto misterioso che si può indagare e di cui si può parlare con la poesia oltre che con la religione: la parola poetica così acquista la connotazione espressiva al massimo della significanza, come nelle parole «Awinto all’acque, / m’ascolto nascere»11, dove evidentemente quelle acque possono diventare il liquido amniotico; dando un’altra ugualmente possibile interpretazione, le acque significano vita, rinascita, battesimo, iniziazione, visti anche i versi successivi: «ali astrali mi librano / a stelle meravigliose,»12: comunque scorgiamo l’inizio d’un ciclo.
Altri componimenti di questa seconda silloge utilizzano ‘elementi poetici’ del mito e della poesia della Grecia classica: ma non dobbiamo cadere nell’equivoco di ritenere questa lirica classicistica. Per Pasanisi il mito è l’archetipo per eccellenza, di là dallo spazio e dal tempo: esso «si traveste negli aspetti del presente per proclamare ciò che è perenne»13, per cogliere, di là dal contingente trasmutare delle forme, I’essenza del fenomeno, il noumeno. Il poeta riesce a «fondere la forza simbolica dell’immaginazione con le figure concrete della realtà. Allora come oggi, questo innesto prodigioso si esalta nella dimensione dello stile», «nella aderenza dell’immagine all’idea»: Pasanisi è convinto «che ogni tempo e ogni situazione affidano la loro verità alla poesia, e che a questa appartiene di fissare i nomi, le cose, gli atti in cui la verità della vita si apprende alla memoria degli uomini.»14
Credo che pochissimi poeti moderni siano riusciti con tanta lucidità e compiutezza a elaboborare così originalmente una poetica che ha dato dei frutti tanto buoni: dobbiamo anzi dire che un sentimento come l’amore, che attualmente tende ad essere nullificato e snaturato, trova nella dimensione mitica una nuova compiutezza, un nuovo valore, divenendo — naturalisticamente a livelio di fusione panteistica col mare, la natura e il Tutto e metafisicamente come categoria che ricerca la propria verità nella poesia stessa — una fonte di conoscenza verso bellezze e approdi inaspettati.
Tutto diviene cristallino in questi versi che vanno oltre determinate e contingenti categorie spazio-temporali e che invece si esprimono in un tempo presente per scoprire ciò che è eterno, distillato di significato ultimo, che ogni tempo e ogni situazione in quanto montaliana «occasione» affidano al poeta: egli nel suo poieîn restituisce le immagini nella loro universalità e bellezza, la quale è, gnoseologicamente, il fine ultimo della poesia; essa, oltre ad essere classica, diviene anche romantica in quanto fonte di emozioni forti e profonde.
Vi è da notare che, oltre ai motivi suddetti, per identificare la poesia di Pasanisi come classica, ne dobbiamo sottolineare uno ulteriore: il raffinatissimo «labor limae» che il poeta profonde nei suoi versi.
Se esaminiamo diacronicamente il cammino del poeta rispetto al mito, vediamo che figure, paesaggi, amori, viaggi e navigazioni, sogni e città compaiono fin dall’inizio della sua opera. Col passare del tempo, tuttavia, il iinguaggio dell’autore diviene sempre più terso, secondo un processo che potrebbe essere definito di ‘sublimazione’: vale a dire che lo stesso contenuto dei versi iniziali, col trascorrere del tempo, raggiunge una grande rarefazione e precisione alleggerendosi (e approfondendosi); e in questo senso è owiamente determinante l’importanza imprescindibile che assume la forma, che diviene sempre più pura e universale.
Il titolo del libro, Le terre del sole, ci porta alla mente altre immagini della mediterraneità e della Grecia antica, la cui solarità, la cui fusione in esse dell’uomo con la natura è una costante nelle due raccolte di Pasanisi, espressione chiara della tensione, nei suo cosmo poetico ma da trascrivere nella vita, verso quei valori persi nel mondo odierno e per da lui tanto sentiti (come emerge dai suoi saggi e dai suoi legami culturali con le scuole di pensiero orientali, segnatamente il Buddhismo Zen): in linea con l’aspirazione ad una poesia ‘pura’, romantica e metafisica.
Se in Giardini del cielo abbiamo già parlato del superamento dello stadio della semplice raccolta di poesie e abbiamo notato la presenza d’una coesione e d’un’architettura tra le parti, qui il discorso in tal senso si accentua e precisa: ed è alla luce l’intenzione del Pasanisi di rappresentare una storia metafisica sulle tracce della Vita nova dantesca, proiettata, dobbiamo aggiungere, non in un mondo cristiano medievale, ma in un universo la cui aura spirituale e metafisica è data da elementi come la metamorfosi, I’oblio in una natura che, in un giuoco di luci e di colori, di atmosfere e sentimenti che suscita, appare essa stessa divinizzata: siamo di nuovo davanti ad un’espressione classica, nel senso di cui dicevamo sopra, cioè di una poesia capace in ultima analisi di cogliere, nella perfezione della forma, I’uomo e ciò che di eterno ed universale c’è in lui.
Il fatto che Pasanisi per una raccolta di versi in cui fosse la tensione, il vero e proprio inseguimento ad una figura femminile, abbia prescelto, sia pur traslato e riportato in un’altra atmosfera, il modello dantesco al posto di quello petrarchesco, credo sia da mettere in relazione con l’indole umana e poetica dell’autore, che, dai primi versi fino a quelli della sua più recente produzione, si è dimostrato sempre con un lo molto forte, chiaro e deciso nel colloquio con se stesso o con la figura femminile o con la natura impersonificata in mari e stelle: voglio dire che non vi è niente dell’accidia e dell’incertezza petrarchesche, e questa sicureza dell’animo è indubbiamente da mettere in relazione anche con il paesaggio interiore ed esteriore di questa silloge, il mito archetipico della Grecità.
In realtà, a livello fabulatorio, insieme a immagini peculiarmente classiche, il modello dantesco si rivela nitidamente nei temi della ‘visione gentile’, dell’innamoramento, della prefigurazione e morte dell’amata, nell’inafferrabilità e disdegno della donna: possiamo definire il tessuto ‘canzoniere’ classico, fusione originalissima e unica dell’idea dantesca con il mondo poetico della Grecità; così che si potrebbe parlare di uno spostamento dell’archetipo dal livello cristiano a quello classico, insomma transtemporale.
I temi dell’amore e della morte, della metamorfosi di esseri e sentimenti e della dissolvenza sono quelli che dominano in una natura di mari, fiumi e cieli che sembra nel suo sembiante essere con essi sintonizata nella propria trasfigurazione: la poesia nel suo sgorgare ha nella forma qualcosa di cristallino, le immagini sono chiare e nitide e l’uomo, I’lo lirico a volte diviene microcosmo che in sé racchiude il macrocosmo («M’ascoltavo: e sentivo in me / il respiro della notte,»15; «mari greci le cui onde / turchine s’addormentano in cuore,»16); a volte la donna si fa mare di benèfici naufragi: «Di te perduto, / smemoro: e pur rinasco,»17. Di questi versi colpisce la prodigiosa musicalità, che notiamo anche nell’uso magistrale dell’enjambement, che è un altro segno tangibile della qualità eminentemente classica di questa poesia.
Rispetto alla prima raccolta, in questa seconda troviamo un verso più terso e nitido, una maggiore trasparenza; il tessuto formale divenuto pi compatto, potremmo dire luminoso, e in un certo senso più veloce e leggero grazie anche all’aumento dello ‘scarto poetico’18, per cui si è giunti a una dimensione semplice per la sua estrema chiarezza e mirabile proprio perché questa semplicità racchiude la presenza di procedimenti poetici, come l’analogia, la sinestesia e la metafora, che emergono alla luce nella più grande visibilità.
Le terre del sole è quindi un’opera nella quale si rivela un sicuro culto della classicità, che si combina con una elevatissima potenza lirica e ad una ricca modulata fantasia in una sintesi originalissima, per cui Pasanisi rivive la classicità in maniera moderna (nel verso libero, il rilievo esistenziale, il linguaggio scabro), individuando da maestro una via che potrebbe essere continuata ed elaborata con varie contaminazioni anche da altri poeti.
Nella poesia dell’autore napoletano colpiscono la sostanza emotiva e la forza immaginativa del linguaggio: le immagini de Le terre del sole, pur essendo inquadrabili in un’unica cornice fondamentale, hanno atmosfere diverse; o forse, per meglio dire, respirano atmosfere diverse ma sottese ad un unico denominatore, come una stessa tonalità di colore si presenta in infinite sfumature differenti. Si deve dire che Pasanisi si lascia andare ad ogni emozione cosmica, metafisica e amorosa, senza mai perdere, però, il dominio di se stesso e della materia che nelle sue mani dantescamente fabbrili muta e si trasfigura.
Mi pare che nella seconda raccolta di Pasanisi si respiri un afflato cosmico, una tensione stabile verso il tempo e lo spazio infiniti che hanno il loro simbolo nella stella; e anche le cose descritte e le immagini ricorrenti dei capelli, i fiori, gli occhi, i balconi, le ali, che immagineremmo connessi ad una realt più immanente, in effetti fanno parte dell’universo come elementi di un tutto, nel senso che la cosmicità si estende all’intero campo visivo e interiore, ad ogni pur impalpabile atmosfera19.
Pasanisi poeta loè, quindi, fin dai primi versi: e dobbiamo dire che nella sua evoluzione tecnica, stilistica e contenutistica egli segue un processo dialettico abbastanza delineato e chiaro, il quale, pur essendo liberissimo e sostenuto owiamente dal suo vissuto e dalla sua ‘evoluzione biologica’, contiene anche elementi di espressione che seguono una coerenza intrinseca; cosicché possiamo dire che, se la sua poesia è sempre classica e stellare, anche la sua evoluzione dialettica interna ha intrinsecamente un carattere classico, sia a livello di confronto formale dei termini, sia a livello di contenuti: in pratica il Pasanisi poeta ha seguìto un continuo perfezionamento, sintomo di equilibrio formale e piena coscienza del fatto letterario.
Resta difficile inquadrare l’opera del poeta in questione in caselle precise, in periodi stabili: eppure questa mi sembra la via più consona all’analisi, fermo restando che, come in ogni evoluzione artistica, è molto sfumato il passaggio da una fase all’altra.
Volendo stabilire una tripartizione nel lavoro di Roberto, c’è da dire che, se le prime due fasi sono da identificarsi con quelle delle due raccolte, una terza, certo la più sublime e compiuta, è quella nella quale le due precedenti vengono sintetizzate e insieme superate, e i paesaggi interiorizzati, tipici nel lavoro poetico di Pasanisi, acquistano una nuova connotazione che li porta fuori da un tempo ed uno spazio precisi, per librarli in un’aura metafisica che proprio perché non ha coordinate è più vicina, in prospettiva, ad un’immagine moderna o post-moderna: così perfino la morte può divenire dolce scendendo nel cuore del poeta.
Parallelamente, Pasanisi sviluppa ed approfondisce un elemento di fondo della sua poesia, vistosamente presente sin da Giardini del cielo: I’ ‘onirismo’, il sogno e la malia della contemplazione fascinosa, talvolta sul filo struggente della memoria.
Pure il tema della metamorfosi, tipicamente classico, viene affrontato in una poesia della produzione recente di Roberto: «ero luce / son carne, pietra / diamante oscuro / impalpabile gemito»20; dove, attraverso varî referenti di natura e sostanza diverse, si delinea un discorso fisico e metafisico, carnale e spirituale; dove, nella dilatazione dei fonemi composti e associati in maniera musicale e con un possesso compiuto della forma, si arriva alla sparizione anche dei riferimenti classici e si giunge così ad una poesia dawero universale.
Ancóra una volta, nella poesia dalla quale sono stati fatti i suddetti prelievi, Alphaville, vediamo la tensione verso un desiderio di panica fusione del poeta col Tutto; ma rispetto agli altri casi precedenti nei quali veniva affrontata tale tematica, bisogna dire che vi è un netto progresso nell’articolazione dei vocaboli, e pare che essi fluiscano con fluidità pur sottendendosi implicitamente, fra una parola e l’altra, un silenzio infinitesimo, che evoca una forma di sensazione riferibile ad un senso di pausa, di non detto e, in ultima analisi, di quel Nulla su cui si stende la voce eroica del poeta.
Ne Il cavaliere del Nulla21 I’autore costruisce una fascinosa metafora della ‘condizione umana’ nella società moderna e, più in generale, della poesia come essere, come heideggeriano Dasein che emerge dallo spazio bianco della pagina22.
Efficacissimi, schonberghiani ‘corrispettivi’ della modernità ce li offrono pure liriche come Ariel, Canzone labirinto e Acido lisergico23, nelle quali cogliamo una poetica che potremmo definire ‘atonale’ o ‘dodecafonica’, fondata com’è su un ‘flusso ininterrotto’ di cupe immagini ed improwisi baluginii, fra effetti timbrici di sconvolgente potenza.
Se era implicita una forte evocatività nei versi delle due raccolte di Pasanisi, nella produzione successiva, uscita in riviste, notiamo che la sensazione suddetta si configura in una vera e propria rete di ‘ipersegno extratestuale’, in maniera tale che molte volte il testo si dilata con riferimenti alla vita da un lato e ad altri testi dall’altro, che a volte vengono a coincidere in un ‘macrotesto globale’
L’opera del Pasanisi a livello intratestuale, quella dell’ultimo periodo specialmente, pare avere chiari collegamenti sia con la sua opera precedente nella sua globalità, sia con la tradizione letteraria — dai classici greci (Omero ed i lirici arcaici) a quelli latini (Catullo specialmente), da Verlaine e i Simbolisti a Jiménez e a tutto il Modernismo ispano-americano, dal Dolce stil novo a Petrarca (specie per la donna concepita non solo e non tanto in sé, ma come ‘strumento d’espressione’, come obiettivo e filtro attraverso cui esplorare il mondo ed esprimere la propria Weltanschauung) a d’Annunzio, da Quasimodo a Montale-; tuttavia è soprattutto nell’ultima parte del lavoro dell’autore lo sviluppo d’una linea più autonoma, come se egli fosse riuscito a trovare una sua cifra, anche stilistica, personalissima ed unica, fermo restando che in lui si è sempre ritrovata l’orma di una grande personalità a livello individualistico.
Appaiono emblematiche per la comprensione del Pasanisi più recente alcune spericolate liriche che sono state pubblicate su “Offerta Speciale”, rivista che predilige testi che seguono tendenze al di fuori della linearità della forma e del contenuto. Il fatto che Roberto abbia scritto delle poesie che hanno qualcosa in un certo modo sperimentale ci può dare il senso della vastità degli interessi e della competenza che egli detiene all’interno del panorama letterario italiano.
Nel testo Una speme24, infatti, Pasanisi crea un tessuto denso di neologismi lirici da lui sapientemente creati, che evocando sensazioni e immagini indefinite, danno al fruitore ancóra una nuovo punto di vista del suo universo: e soprattutto c’è da dire che quelle parole raggiungono l’immaginario del lettore proprio per la loro insistenza in un lessico codificato, stimolando un processo di fruizione e d’immaginazione del tutto inedito. La poesia, incentrata sui valori del significante, affronta in particolare un tema caro all’autore: la condizione della donna nel mondo moderno, involgarita ed asservita ai processi di produzione, mercificata ed omologata all’uomo, sempre più incapace di essere portatrice del valore ‘bellezza’ e delle sue antiche ‘funzioni salvifiche’; strettamente legato a questo è il tema dell’incomunicabiltà fra uomo e donna, nell’àmbito di rapporti ridotti a puro sesso e privati di ogni trepidazione sentimentale25.
Al di fuori, però, di questa caratteristica innovativa nel linguaggio di Pasanisi e nei suoi modi e nel suo tessuto verbale, notiamo in realtà che l’amore e la figura femminile vengono ricercate forse anche al di là dell’amore stesso, come ideale di vita e intrinsecamente alla poesia stessa come ispiratori. Dobbiamo dire, in ogni caso, che pur essendo molto diverse fra loro le descrizioni di fanciulle su sponde greche e la figura femminile di Una speme, esse mantengono lo stesso nitore formale, la stessa valenza: la donna trasfigura la vita e il reale ed è indispensabile per l’uomo nel suo viaggio poetico e a livello di vita reale.
Infatti, in altre liriche, Pasanisi ancóra assegna alla figura femminile una sia pur lontana ed instabile funzione di Musa, arrivando a fare della donna anche una fascinosa metafora della poesia e della belleza tout court, come in una delle sue poesie più belle26, in cui traspare evidente la sostanza al fondo onirica della sua arte:

Sulla rotta di Magellano


Il tuo sguardo m’apriva
orizzonti vastissimi
dominio di terraferme ignote
lo
esploratore d’acque
m’avventurai
(perigliosa vertigine,
amaro inganno)
Alcova lucente
arabo splendore
all’ombra di cuori trasparenti
lontana è la via delle Indie
per tragitti ignoti
immateriale bellezza
furibondo incantesimo d’acque
sulla rotta di Magellano



Pare che il mondo poetico di Pasanisi, contiguo a quello della sua vita, sia in vitale osmosi con essa: la porta che Pasanisi può aprire, come ogni vero poeta, e che lo conduce in zone profondissime della coscienza, la quale, pur essendo nascosta allo spettatore, può essere intuita almeno nella sua esistenza; in altre parole si può dire che Pasanisi rivive e fa rivivere la propria esperienza di vita nella sua poesia con trasparenza: egli appare in sintonia con la vita sia a livello poetico che a livello esistenziale, e quindi aperto a qualsiasi esperienza carica di senso, pronto ad ogni emozione produttiva, nella creazione e fruizione d’arte come nella vita, fatta di aspirazioni e gioie.
Una prova della capacità di Pasanisi di awicinarsi con la massima perizia alla poesia è fornita anche da un suo peculiare procedimento formale, che contraddistingue una parte della sua produzione, il ‘verso spaziato’ (come lui stesso lo definisce): I’autore è infatti in grado di creare dei tessuti, come abbiamo appena visto in Sulla rotta di Magellano, formati da versi spezzati in sequenza discendente sinistra-destra che danno la possibilità di diversi titpi di lettura, sia secondo l’ordine precostituito in chiave lineare, sia leggendo autonomamente le sezioni di destra e di sinistra, sia dall’alto verso il basso, sia viceversa; inoltre le due sezioni possono essere unite e si può dare uno spessore nuovo alle immagini linearmente. Qui vediamo che il processo di trasformazione e di sintesi, tipico delle poesie di Pasanisi, si dilata in modo notevolissimo: nel senso che divenendo il testo più composito formalmente ed essendo a livello linguistico multidimensionale, owiamente anche a livello ipersegnico intertestuale rispetto al lavoro dello stesso autore e al resto dell’esperienza poetica, potrà evocare nell’animo del lettore, o meglio nel suo immaginario, una quantità di fabula poetica che andrà a coincidere con confronti e idee sempre nuove e in grado di suscitare suggerimenti sempre diversi.
Ciò che contraddistingue la cifra del Pasanisi poeta, attraverso un percorso che si svolge essenzialmente negli anni ‘80, è quella che potremmo chiamare la sua ‘politropia’, cioè la sua capacità di toccare molti generi di far poesia, mettendo quindi in risalto una sua completezza nell’àmbito del costruire versi. Notevolissima è infatti la capacità di Pasanisi di esprimersi in modi differenti percorrendo con maestria diversi livelli di generi poetici: per iniziare una ricognizione nella sua arte, a volte il paesaggio, che fa quasi sempre da sfondo ai suoi componimenti, assume nuove caratteristiche rispetto a quello classico e metatemporale, indefinito e cosmico evocato nelle prime due raccolte, facendosi luogo fisico preciso, ad esempio città (come Venezia o Rimini27), ma sempre sfondo a vicende amorose od a profonde indagini conoscitive; o anche paesino28, luogo della concentrazione dell’esistenza, ripiegamento su se stesso e microcosmo nel quale convergono fascinosi gomitoli di stradine, nei rari momenti in cui Pasanisi esce fuori dalla sua ansia cosmica e di fusione panica con il reale.
Abbiamo già accennato a due poesie più in un certo modo sperimentali dell’autore; ora, ciò che emerge da un altro suo componimento, Ero un licantropo adolescente29, è una tensione antitetica a quella che costituisce a livello emotivo e figurativo la cifra distintiva sottesa alla grande maggioranza del suo lavoro: vale a dire il desiderio e l’aspirazione a una natura bellissima e sublime, a una donna in forma di deità sullo sfondo d’un paesaggio trasfigurato.
Ciò che colpisce in questa lirica sono espressioni del tutto opposte, potremmo dire di un ‘neo-horror’: «[...] mio lurido / amore, mio fango!» o «[...] malìa sinistra / di mostro mi suscita sozi / sospiri, [...]»30; dove, molto al di là del pezzo di bravura, un’ispirazione sempre sincera ed intensa rende bene la capacità del poeta nel misurarsi con possibilità multiformi.
La possibilità di ritrovare ulteriori valenze descrittive si esprime anche in un’altra significativa composizione, Danza macabra31, che ha per tematica i’invasione dei carri armati in Ungheria: poesia civile dunque, ma sempre contraddistinta da un’innata liricità nel confronto struggente fra il paesaggio di boschi e prati, luogo ideale per l’amore e la gioia, la distesa di candida neve da un lato, e la presenza del dolore della morte e d’un allucinato stupore dall’altro, quando il punto di vista generale del poeta alle prese col verso sembra nello stesso tempo espressione del sentimento d’un attento, attonito spettatore di fronte a quanto accade sotto il cielo ungherese.
Esaminando la vasta gamma delle possibilità evocative di questa poesia, vi è da rimanere stupiti da un’altra sua caratteristica: I’impressione che essa ci dà di sforzo minimo, di un segno che quasi da solo si libra e che il poeta altro non deve fare se non secondare e che a volte, nella sua aerea musicalità, sembra evocare un percorso inquadrabile nell’estetica Zen, sul filo d’una semplicità che è più che altro chiarezza e possesso ottimale dei mezzi espressivi. In realtà, lo ‘scatto memoriale’ che è alla base di queste liriche è espressione, oltre che di profonda e multiforme cultura, d’una perfetta aderenza a forme espressive nell’àmbito del verso libero; nel senso che Pasanisi, poeta contemporaneo per la sua possibilità infinita di estrinsecarsi al di fuori di regole metriche e di rima, riesce a ricreare forme logiche di rara compostezza e nitore.
Qui veniamo ad un altro aspetto che potentemente contraddistingue la poesia di Pasanisi: in effetti, tra i valori d’un’arte così metafisica nell’aderenza alla forma dell’immagine meditata e descritta e in questo senso classica e densa, va annoverata anche una costante di leggerezza dei versi nel loro fluire ininterrotto32; a tale proposito certamente è da ricordare la suddivisione in due parti che l’autore fa del verso, cosa che aumenta alla lettura questa sensazione, in modo tale che i frammenti paiono galleggiare o meglio volare lievissimi nella pagina, senza perdere per nulla, anzi acquistando pregnanza e significanza.
Del resto, a parte la forma, anche il contenuto delle immagini si adegua alla leggerezza in espressioni di acque incantate, di mari e fiumi, di città luminose nella notte, di capelli di donna al vento, di occhi densi di luce e di fascino; ma un’immagine al di sopra di tutte si inserisce come valore contenutistico di assoluta bellezza nelle poesie di Pasanisi: la costante dei paesaggi stellari, per i quali la sua poesia per estensione possiamo dire ‘stellare’ in tutte le sue manifestazioni.
Nell’astro o nella luna sollevati come per opera di magia da un invisibile demiurgo si risolve il valore fondamentale di questo poeta che è alla ricerca perenne di assoluto: la realizzazione, tramite le parole , di un moderno mito metafisico.
Le immagini astrali e notturne, già dense di per se stesse di leggerezza, assumono in questa poetica un risvolto pregnante e, in una forma assoluta, si ripetono sempre, dinamicamente arricchite e sublimate, dai primi componimenti dell’autore fino ai più recenti.
La forma, dunque, è rigorosissima e sorvegliata; e le varie immagini, meditate nel loro scorrere veloce, sia pure impressivo e icastico, rimangono terse nell’immaginario del lettore col loro dinamismo, nel loro dialettico intersecarsi dove simbolismo e analogia, sapientemente orchestrati, offrono sempre risultati di grande precisione e trasparenza alla verifica deila lettura.
Attraverso la classicità della forma e del lessico e l’universalità umanistica dei temi, Pasanisi riesce a crearsi uno spazio privilegiato: le sue molteplici frequentazioni classiche (ma anche medievali) esprimono proprio l’ansia della post-modernità di ritrovare una nuova possibilità di vita e di estrinsecazione; nel senso che la poesia diviene anche un modo di trasfigurare l’esperienza, di renderia più umana e meno banale. La poesia apre così un nuovo spiraglio sulla vita e sulle cose, dove incantesimi d’acque, barlumi di stelle, capelli in forma di alghe e occhi trasfigurati manifestano la portata di un dettato che esprime l’eterna vicenda della vita nobilitandola: e questo è un aspetto essenziale nella perdita di valori della contemporaneità.
Un altro tema è caro a Pasanisi: quello dantesco e petrarchesco del rapporto che può instaurarsi con una donna in séguito al suo sguardo, espressione indicibile del tutto e del nulla, di morte e di amore; tema da considerarsi altresì connesso ad una sensibilità stilnovistica (alla quale si è già accennato), ma approfondito in un’ottica in cui tutto alfine può dissolversi come in un solido nulla di leopardiana memoria.
«Ti bacerò gli occhi, I’anima oscura, / varcando il cammino che ivi si addentra;»33: questa frase è espressione sintomatica d’una cavalcantiana tensione verso il potere che gli occhi e lo sguardo detengono, come luogo dell’accensione poetica e sentimentale e privilegiata via d’accesso al ‘profondo’. Del resto, in questa evoluzione del rapporto di Pasanisi con la figura femminile, notiamo la chiara determinazione d’una tematica ben precisa, che coglie nel rapporto con la donna il ritorno, la tensione verso una ferencziana ‘omeostasi originaria’ a livello am n iotico34 : essa, se definitiva solo al momento della morte, nell’amplesso si estrinseca nella capacità della donna di maternizzare e fare in una certa misura rientrare il poeta in una dimensione di fusione col tutto, di ripristinare una totalità infranta dalla stessa nascita.
Così Pasanisi naviga nella poesia e attraverso la poesia come Magellano, figura che è centrale nel suo immaginario poetico: e, paradossalmente, proprio all’interno della poesia ritrova il porto, lo spazio perduto nei limiti della vita, instancabile esploratore di nuove esperienze liriche e tematiche, in un continuo e stabile coniugarsi d’ispirazione e forma.

Raffaele Piazza



Note

(1) Su questo tema cfr., in particolare, Roberto Pasanisi, Il Poema Paradisiaco, in “Alla bottega”, 2, 1986, pp.19-21; Id., Il ‘pubblico’ che divora il ‘privato’, in “Controcampo”, 131, 1987, p.1; Id., Cultura e potere, in “Alla bottega”, 1, 1988, p.60; Id., Corrispondenza da Napoli. Poesia e teatro, in “Alla bottega”, 1, 1990, pp.34-35; Id., L’‘uomo-massa’ e /a ‘morte della bellezza’: la coscienza dell’Occidente alle soglie del Nulla, in “Pragma”, 1, 1990, pp. 33-41; Id., Letteratura e potere: la ‘dialettica innamorata’ (Intervista a Vittorio Russo), in “Pragma”, 1, 1990, pp.73-77; Id., Editoriale, in “Nuove Lettere”, 1, 1990, pp.6-8; Id, Il poeta tra le rovine. Fra ‘civiltà di massa’ e ‘morte dei valori’ una via oltre la modernità, in “Nuove Lettere”, 2, 1990, pp.8-18.
(2) Sul tema del viaggio come metafora della vita e della poesia, nonché della donna e della bellezza, cfr. in particolare Magellano (in ‘Tracce", 16-17, 1986, p.55) e Sulla rotta di Magellano (di cui parliamo più avanti). La figura del grande navigatore portoghese è, come si vede, cruciale nell’immaginario poetico di Pasanisi.
(3) Roberto Pasanisi, Giardini del cielo, Napoli, Edizioni del Delfino,1980.
(4) Il tema è già stato affrontato da Maria Luisa d’Aquino, Prefazione a Pasanisi, Giardini..., cit., pp. 9-13; cfr. anche L’arte poetica di Roberto Pasanisi, in “Bollettino Italiano. Diario della cultura e delle arti”, AGI (Agenzia Giornalistica Italia), 125, 27/V/1980, p.9.
(5) Pasanisi, Giardini..., cit., p.55; “Eleúthero Pneúma” [“Spirito Libero”], 53, 1984, p. 390 (traduzione in Greco di Kóstas Níkas).
(6) Pasanisi, Giardini..., cit., p. 93. Per l’antichissimo tópos del corpo femminile come hortus deliciarum cfr. D’Arco Silvio Avalle, Ai luoghi di delizia pieni, Milano-Napoli, Ricciardi, 1977, pp.107-129.
(7) Per il concetto cfr. Italo Calvino, Lezioni americane, Milano, Garzanti, 1988.
(8) Non si dimentichi che Pasanisi è anche un acuto studioso di Metricologia (a conferma del continuo interscambio fra pratica della poesia e riflessione teorica sulla medesima che in apertura del nostro lavoro abbiamo identificato come caratterizante dell’autore): cfr., in particolare, Roberto Pasanisi, Alla Nutrice: Metroanalisi d’una lirica ‘paradisiaca’, in “ll letterato”, 4-8, 1986, pp.8-9; Id., Metrica e rima del Poema Paradisiaco, in “Testuale”, 6, 1986, pp.63-69; Id., Saggio di Metroanalisi, in “Annali dell’lstituto Universitario Orientale” Sezione Romanza, XXIX, 1, 1987, pp.187-194; Id., Il ‘significante onirico’: appunti per una Metroanalisi, in “Alla bottega”, 6, 1988, pp.31 -34. La Metroanalisi è, appunto, la teoria metricologica ideata da Pasanisi, fondata fra l’altro su un’originalissima fusione fra discipline isituzionalmente diverse, come la Sessuologia, la Musicologia e la Psicoanalisi.
Su Giardini del cielo cfr. anche Vittorio Como, I giardini della speranza, “Roma”, 20/VI/1980, p.11 ed Ernesto Fiore, Recensione a Pasanisi, Giardini..., cit., RAI, II canale radiofonico, 3/VII/1980.
(9) Roberto Pasanisi, Le terre del sole, Napoli, Liguori,1982.
(10) Ibidem, p.5.
(11) Ibidem, p.5 (Ghénesis, vv. 1-2).
(12) Ibidem, p.5 (Ghénesis, w.4-5).
(13) Dario Del Corno, Ritsos, il canto di un indomabile, “Il Corriere della Sera”, 1990.
(14) Ibidem.
(15) Pasanisi, Le terre..., cit., p.10 (Ansia recondita m’awinse, w.4-5).
(16) Ibidem, p.11 (Ulisse, w.2-3).
(17) Ibidem, p.53 (E in me dolcezza d ‘astri, w. 1 -3).
(18) Per la nozione di «écart» cfr. Jean Cohen, Struttura del linguaggio poetico, Bologna, ll Mulino, 1982 (ed. or. 1966).
(19) Su Le terre del sole cfr. anche Raffaele Sirri, Postfazione a Le terre..., cit., IV di copertina; Mario Santoro, Recensione a Le terre..., cit., in “Esperienze Letterarie”, Vlll, 2,1983, pp.140-141; Alberto Mario Moriconi, Recensione a Le terre..., cit., “Il Mattino”, 3/XII/1983 e, per un discorso più generaie, Domenico Capecelatro Gaudioso, Un poeta che piace a Luzi e Squarotti. Un profilo di Roberto Pasanisi, “Napoli Notte", 24/VI/1984.
(20) Alphaville, w. 11 -14, in ”Controcampo", 34,1989, p.32; in “ll letterato”, 44,1989, p.25. Questa poesia si configura, in particolare, come un’efficace metafora dell’annichilimento psicologico in séguito a un violento trauma emotivo o ad una freudiana ‘perdita d’amore’.
(21) In “ll letterato”,1,1990, p.18; in “L’involucro”, 8,1990, p.26.
(22) Contribuisce felicemente a quest’ultimo ‘effetto’ anche la disposizione del verso nello spazio della pagina (‘verso spaziato’, come lo definisce l’autore).
(23) Rispettivamente in “Tam Tam”, 4243, 1985, p.34; in “Nuove Lettere”, 1990, pp.26-27; in “La parola abitata”, 2, 1990, p.18.
(24) In “Offerta Speciale”, 1, 1988, p. 18. Alcuni fra i neologismi ed espressioni rare od antiche: “cimbràccola”, “cincinno falòtico”, “cimoli frenici”, “vado forse in cìmberli” (si noti l’allitterazione sulla /c/ e le nasali).
(25) Sullo stesso tema cfr. Serenata ad Amarillide (sapiente variatio di Una speme), in “Galleria", 34,1984, p.154; Il ritorno di Casanova, in ”Offerta Speciale", 1, 1988, p.18 e Lei..., in “Mito”, 17, 1990, p. 12.
(26) In “Controcampo”, 7-8, 1989, p. 52; in “Nuova Rassegna”, 6-7, 1989, p.29; in “Nuove Lettere”, 1, 1990, pp.24-25 (la poesia, come risulta dal manoscritto originale, è stata composta il 3 marzo 1985). Sul tema femminile cfr., fra le altre, Erano in te i fiori e le selve, in “Il bagordo”, 13, 1987, p. 27; Ero un licantropo adolescente, in “Offerta Speciale”, giugno 1987, p. 5; Ad Anna e Anna, una canzone marina, in “Epeirotiké Hestía” [“Focolare Epirota”], 432-433-434, 1988, p.206 (traduzione in Greco e note di Giorgio Demostene Kókkinos) (Ad Anna è uscita anche in “Nuova Rassegna”, 6-7, 1989, p. 32); Sulla terra nera a suonare, in “Omprela” [“Ombrello”], 40, 1988, p. 22 (Antologia greca della poesia campana del Novecento: Introduzione e traduzione in Greco di Kóstas Níkas); Frammento, a Diotima e Canzone labirinto, in “Nuove Lettere”, 1, 1990, pp. 25-27; L’infinito, in “Mito”, 17, 1990, p. 12.
(27) Rispettivamente in Sul Ponte dei Sospiri, in “Galleria”, 3-4, 1984, p.154 e Anna, una canzone marina, in “Epeirotiké Hestía”, cit. (vd. n. 26).
(28) Così la Diamante di Serenata, in “Il letterato”, 3-4, 1988, p. 34; in “Nuova Rassegna”, 4-5, 1989, p.23.
(29) In “Offerta Speciale”, giugno 1987, p.5.
(30) Ibidem, w.5-6 e 8-10.
(31) In “ll letterato”, 1-3, 1989, p. 13.
(32) Cfr. Calvino, Lezioni..., cit.
(33) Achille, w.7-8, in “Omprela”, cit. (vd. n. 26); in “Mito”, 17, 1990, p. 12. Per il motivo degli occhi, ricorrente nella poesia di Pasanisi, cfr., fra le altre, La Via Lattea, in “Nuova Rassegna”, 5-6, 1988, p. 21; in “ll letterato”, 1-3, 1989, p.18 e Angelus novus, in “Nuove Lettere”, 1, 1990, pp. 28-29; nonché l’incipit diSulla rotta di Magellano.
(34) Cfr. Sándor Ferenczi, Thalassa. Psicoanalisi delle origini della vita sessuale, Roma, Astrolabio, 1965 (ed. or. 1924); cfr. anche Roberto Pasanisi, Recensione a Ivan Fónagy, La ripetizione creativa. Ridondanze espressive nell’opera poetica, Bari, Dedalo, 1980, in “Annali dell’lstituto Universitario Orientale” Sezione Romanza, XXVIII, 1, 1986, pp. 407-410 e Id., Il ‘significante..., cit. (vd. n. 6).





Raffaele Piazza, "Dire l’indicibile. La ‘poesia neo-metafisica’ di Roberto Pasanisi", in “Arenaria”, 23-24, 1992, pp. 15-30






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