Constantin Frosin, Recensione a Roberto Pasanisi, Le «muse bendate»: la poesia del 900 contro la modernità, IEPI Editore

"Ci sia permesso questo avvicinamento tra l’Umanesimo enciclopedico di Roberto Pasanisi e quello di Mircea Eliade, che abbiamo eletto per rappresentare qui questa nozione ideale di un’esperienza apparentemente irrealizzabile. In effetti, il nostro amico Pasanisi illustra in maniera convincente la nozione di sapienza (che noi gli troviamo a furia di leggere la sua opera già impressionante...) definita da Proust il più chiaramente possibile: «On ne reçoit pas la sagesse, il faut la découvrir soi-même, après un trajet que personne ne peut faire pour nous, ne peut nous épargner». Dubitiamo che Proust abbia avuto presente anche un senso figurato, ma per quanto riguarda Roberto Pasanisi riteniamo che nessuno più di lui potrebbe fare questo percorso, questo grande periplo attraverso la cultura del mondo, a partire dall’antichità greco-romana alla poesia di questa fin de siècle. Un vero excursus, per non dire incursione, negli strati quasi primordiali, nel fondamento del pensiero umano: che non gli impedisce in alcun modo di giungere agevolmente alle vette della sapienza di tutti i tempi, impossibili per la maggior parte di noi". (Constantin Frosin, scrittore e professore di Lingua e Letteratura francese, Università “Danubius”, Galati)
del 05/12/08 -

«Puisqu’on ne peut être universel et savoir tout ce qu’on peut savoir sur tout, il faut savoir un peu de tout. Car il est bien plus beau de savoir quelque chose de tout, que de savoir tout d’une chose: cette universalité est la plus belle» (Pascal, Pensées). Ciò suona strano e fa un bell’effetto, quando si parla dell’opera — un vasto saggio — dedicata alla cultura, all’Umanesimo vero e proprio, alla poesia, a tutto ciò che costituisce la ragione di vivere, del nostro «male di vivere» (cfr. Montale a tale proposito): ciò che ci spinge ad accettare, forse ad armi impari, la lotta del Bello contro il Brutto, del Bene contro il Male — di Roberto Pasanisi, mosso senza respiro da una forte «tendance à l’accumulation systématique des connaissances dans diverses branches du savoir». È proprio la definizione dell’enciclopedismo, che abbiamo desunto dal Petit Robert (ultima edizione).
Ci sia permesso questo avvicinamento tra l’Umanesimo enciclopedico di Roberto Pasanisi e quello di Mircea Eliade, che abbiamo eletto per rappresentare qui questa nozione ideale di un’esperienza apparentemente irrealizzabile. In effetti, il nostro amico Pasanisi illustra in maniera convincente la nozione di sapienza (che noi gli troviamo a furia di leggere la sua opera già impressionante...) definita da Proust il più chiaramente possibile: «On ne reçoit pas la sagesse, il faut la découvrir soi-même, après un trajet que personne ne peut faire pour nous, ne peut nous épargner».
Dubitiamo che Proust abbia avuto presente anche un senso figurato, ma per quanto riguarda Roberto Pasanisi riteniamo che nessuno più di lui potrebbe fare questo percorso, questo grande periplo attraverso la cultura del mondo, a partire dall’antichità greco-romana alla poesia di questa fin de siècle. Un vero excursus, per non dire incursione, negli strati quasi primordiali, nel fondamento del pensiero umano: che non gli impedisce in alcun modo di giungere agevolmente alle vette della sapienza di tutti i tempi, impossibili per la maggior parte di noi.
Dobbiamo rendere giustizia alla cultura italiana, annullando, attraverso l’opera di questo Italiano per scelta, il valore di (non) verità di una maliziosa osservazione dei fratelli Goncourt: «Certains livres ressemblent à la cuisine italienne: ils bourrent, mais ils ne remplissent pas».
Per quanto riguarda il libro che abbiamo il piacere e l’onore di presentare, Le «muse bendate», non soltanto riempie eventuali lacune, ma colma i nostri vuoti, trattandosi di un libro di saggi la cui lettura ci arricchisce e ci eleva su un piano al di là della cogitazione filosofica, ovvero della speculazione metafisica.
Prova inconfutabile di ciò è l’entrata in gioco del sommario, che testimonia che, per l’autore, l’Umanesimo non soltanto ha per fine la persona umana ed il suo espandersi; ma che l’Umanesimo pasanisiano, allo stato puro, è «le culte de tout ce qui est de l’homme» (formula improntata ad Ernest Renan). Ancora più sottile ed adeguata a questo florilegio di saggi è l’osservazione — fatta nel tempo — da Emil Henriot : «La culture, c’est ce qui demeure dans l’homme lorsqu’il a tout oublié».
Siamo d’accordo con Bachelard nel ritenere che «toute connaissance est une réponse à une question». A maggior ragione siamo d’accordo con Chateaubriand, che ci diceva che: «Toutes les âmes n’ont pas une égale aptitude au bonheur». Poiché Pasanisi, incapace di felicità, di auto-illusione, si pone e ci pone / solleva dei problemi / dei quesiti quanto meno lancinanti: L’ ‘uomo-massa’ e la ‘morte della bellezza’: la coscienza dell’Occidente alle soglie del Nulla, Il poeta tra le rovine. Fra ‘civiltà di massa’ e ‘morte dei valori’ una via oltre la modernità, Gli inferi e il paradiso: la ‘diversità dell’artista’ e la ‘morte dell’amore’ nella volgarità del mondo moderno, Il caos e l’eticità: un modello di poesia post-moderna, ecc. Da notare che la maggior parte di questi titoli / capitoli sono stati già pubblicati indipendentemente, come prefazioni o capitoli o comunicazioni scientifiche in diverse occasioni, dissipando ogni ambiguità o dubbio a riguardo dell’autorità di Pasanisi nel campo di cui si occupa in questo libro di saggistica.
Due di questi saggi (il I e il IV) sono già stati tradotti in Rumeno e pubblicati a cura nostra in riviste letterarie come “Revista V”, “Antares”; e, se l’autore e/o l’editore ce lo permetteranno, tradurremo ad uno ad uno questi saggi per farne eventualmente un volume, ma anche per pubblicarli in altre riviste letterarie rumene; e già stiamo pensando a riviste amiche quali: “Steaua”, “Luceafarul”, “Contemporanul”.
In primo luogo, vi diciamo che l’opera dell’autore in questione, almeno i suoi poemi e i suoi saggi, è vista qui, nel Sud dell’Europa centrale, come un’opera solida, di valore sicuro, portatrice di un messaggio chiaro, che arricchisce, di cui bisognerà tenere conto nell’evoluzione ulteriore di questi generi. Dobbiamo ammettere che la quotazione di quelle riviste è aumentata dall’oggi al domani, dopo la pubblicazione di questi saggi. La serietà, la documentazione di una stupefacente vasta estensione, cosa piuttosto rara ai giorni nostri, la novità delle idee avanzate, l’audacia stessa di taluni saggi inclusi in questo volume (la quale talvolta rasenta la cancellazione di tabu, vicino ad una iconoclastia nel senso positivo della parola) fanno sì che il volume si legga come una meta-narrazione ad alto livello, d’un’eleganza espressiva e d’una chiarità / concisione d’idee che lo rendono indispensabile ad ogni ricercatore o, semplicemente, amatore di poesia o lettore di una critica solidamente ancorata nel mondo dei valori.
Qualunque sia stata la nostra sorpresa a scoprire, a leggere questi saggi in manoscritto, la questione della inevitabile (secondo alcuni...) morte della cultura è un problema col quale si confronta anche il nostro amico italiano, ma, a differenza di noi altri, egli è cosciente che questa tendenza sfocerà nella dittatura, della quale ne abbiamo davvero abbastanza: «E se non ne resta che uno, io sarò quello» fa sapere loro Roberto Pasanisi, poiché la vita è insopportabile in un Paese dove si tenta di mettere fine alla cultura, dove ogni rispetto per la cultura e per gli artisti è sparito.
I problemi messi sul tappeto dal saggista vanno molto al di là del campo strettamente letterario: è messa sotto accusa la sotto-cultura media degli Italiani, la stessa scuola italiana che secerne ignoranza invece di produrre cultura, mettendo così in dubbio l’avvenire stesso del Paese tout court! Lo studioso non teme di mettere l’accento sulla funzione critica e rivoluzionaria della cultura, anche se ciò suppone il ritorno al passato storico, questo vasto generatore dei valori attuali. E qui citeremo a tale riguardo una pertinente affermazione di Plumb: «A differenza della società mercantile, di quella artigiana e di quella agraria, la società industriale non si serve del passato. Nel suo orientamento intellettuale non è volta alla conservazione, ma alla trasformazione, allo sfruttamento e al consumo. Per questo motivo, il passato diviene una questione di curiosità, di nostalgia e di sentimentalismo.» (citazione ripresa dal n. 5-8,1996 dell’eccellente rivista “Nuove Lettere”, diretta sempre da Roberto Pasanisi). E siamo anche totalmente d’accordo con l’autore: «Una società senza passato è una società senza futuro». Anche se non ci saranno (in ogni modo!) sbocchi, non dobbiamo dimenticare che il senso della letteratura consiste nella sua necessaria espressione ed espressività. Sia quel che sia, ma bisognerà far sì la letteratura riprenda il filo della matassa — a costo di dare priorità alla complessità dei suoi modi di essere, alla sua ricchezza di orizzonti, e di ammettere a sangue freddo la sua sostanziale, specifica non omogeneità.
Dice bene il nostro amico Pasanisi, quando fa un’affermazione cha va dritta al cuore: che le più grandi scuole di verità e di libertà che l’uomo abbia mai creato sono non a caso l’arte e la letteratura; come pure quando difende e custodisce le restanti capacità rivoluzionarie del linguaggio. D’altra parte si rischia di oltrepassare la soglia di quello che è chiamato, lucidi uccelli del cattivo augurio, il prossimo Medioevo che già bussa alle nostre porte. Ciò che è interessante, è che questo segnale di allarme era già stato dato — invano, sembra — negli anni ‘30, quando il grande poeta rumeno d’espressione francese Gherasim Luca (suicidatosi nel 1994), considerato dal nostro grande amico Georges Astalos — l‘autore europeo più tradotto in Italia — come il più grande poeta francese di tutti i tempi, parlava di attualizzazione del Medioevo da parte delle forze naziste. Dopo tre quarti di secolo da allora, Roberto Pasanisi ritorna alla carica non solo per metterci la pulce nell’orecchio, ma per spingerci a proteggere noi stessi dall’invasione della mediocrità, della sotto-cultura, dei falsi orpelli, pronti a soppiantare, a scompaginare il vero valore, prezioso per la nostra elevazione spirituale ed il nostro progresso intellettuale.
Eccoci dunque davanti ad un’opera complessa, di grande finezza esegetica, segnata dalla capacità dell’autore di affrontare con evidente competenza ed una deliziosa compiutezza filologica i grandi temi del patrimonio culturale universale, non soltanto italiano; sebbene, apparentemente, l’opera abbia come corpus esemplare — a nostro umile avviso — il volume ‘900 e oltre. Inediti italiani di poesia contemporanea, pubblicato nel 1997 dalle Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli, sempre a cura di Roberto Pasanisi (e del suo collega Gerardo Salvadori).
Diciamo piuttosto che l’autore è un vero enciclopedista moderno, viste le sue molteplici preoccupazioni, al punto che si potrebbe addurre che la sua interdisciplinarità è pluridisciplinare (sic!). Le nuove esigenze (im)poste dalla società moderna e dal modo di vita a volte chiamato train de vie hanno acuito il senso critico del saggista, al punto di fare di lui un vero analista dello stato di questa società maux-d’air-ne, che attraversa, prossima alla deriva, una terribile crisi di valori, una dissoluzione morale mai vista prima, un capovolgimento di gerarchie e uno stravolgimento di ruoli e posizioni quasi prestabilite rappresentate e occupate finora dall’arte e dalla cultura.
Riteniamo che il volume proponga, per così dire, una visione altra del mondo attuale in rapporto ai buoni vecchi tempi; mirando così a sensibilizzare la comunicazione interumana, a metterci in guardia contro i pericoli che corriamo in caso di indifferenza, a offrire un’altra griglia di lettura per la definizione degli aspetti artistici del mondo interiore dell’uomo, ciò che potrebbe un giorno, chissà, finire con l’instaurare altri possibili orizzonti di attesa...
L’autore ci propone, in continuità con Eliade, di ri-situare, dopo un’indagine febbrile, il nostro proprio centro. Ciò che fa la differenza è appunto il medesimo, per la sua ripetizione a volte fastidiosa, a volte monotona; ma questo viaggio obbligatorio che l’essere deve fare verso il suo proprio Sé, quei ripiegamenti successivi dell’essere sull’individuo in quanto differenza, riflette l’Uno multiforme nello specchio oscuro che il poeta nasconde nelle pieghe del suo Io, facendolo passeggiare segretamente lungo la sua creazione poetica... Se Dante parlava di «selva oscura», in Pasanisi troviamo un altro simbolo: «lo specchio oscuro», che l’autore sembra attraversare più di una volta per pervenire al Centro, per raggiungere il suo Sé enigmatico. O, più semplicemente, per accedere all’essenza dissimulata dietro l’esistenza.
Lo sguardo del saggista si volge verso la condizione umana e, allo stesso tempo, verso la sua complessità e profondità, proponendo il ritorno ai valori fondamentali dell’umanità, che solo l’arte e la letteratura (grazie soprattutto alla poesia...) sono all’altezza di illustrare e conservare, ovvero trasmettere alle generazioni a venire. Perfino ad avvertirle, talvolta... Giacché i testi mettono a nudo la decadenza etica e spirituale della vita quotidiana, anche quella della cultura occidentale considerata nel suo insieme. Noi, il lettore di questi saggi, abbiamo seguito da vicino quello sguardo, a volte sinuoso, a volte labirintico, e ciò che abbiamo scoperto per caso dalle nostre letture ci spinge a proporvi questo eccellente volume, non fosse altro che per incitarvi a riflettere e sull’epoca in cui viviamo, e su quella in cui ci condurrà il nuovo millennio. Fatene dunque, finché c’è tempo, il vostro pane, e ne farete alla fine le vostre delizie: che non è affatto male per un libro di saggi.


Constantin Frosin
(professore di Lingua e Letteratura francese,
Università “Danubius”, Galati)








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