Il Mito della Caverna Platonica, di Federico Bellini e Ambra Guerrucci

La filosofia di Platone nasce dall'esigenza di conciliare le conclusioni di Parmenide, il quale predicava la necessaria eternità e immutabilità di ogni cosa, con l'evidenza del divenire riscontrabile nella realtà sensibile, ovvero, il mutamento che si esplica nel quotidiano...
del 01/07/14 -

Platone inizia con il definire chi è il vero filosofo, “colui che ama la verità (aletheia) e non insegue l'opinione (doxa)”, ritrovando nella verità stessa l'autentica conoscenza, raggiungibile solo nella visione dei puri concetti; l'opinione, per contro, è quella conoscenza fallace che deriva dalla comprensione dei soli fenomeni sensibili, spesso contraddittori. Vi è infatti una netta differenza tra un Uomo che ama le cose belle (l'opinione) e un altro che ama invece la bellezza in sé (la verità): il primo non può che avere un opinione riferita ad una determinata contingenza dei sensi, per cui rimane un'esperienza soggettiva legata al gusto personale di chi la considera; il secondo, invece, raggiunge la vera conoscenza del bello in quanto ne considera il concetto puro e universale, valido in ogni occasione. Sul concetto di verità e opinione è bene riportare uno dei miti più celebri di Platone, il Mito della Caverna, probabilmente il più conosciuto tra i molti sfornati dalla sua prolifica ricerca filosofica, raccontato all'inizio del libro settimo de La Repubblica (514 b - 520 a). Platone - per bocca di Socrate - immagina gli uomini chiusi in una caverna, con gambe e collo incatenati, impossibilitati a volgere lo sguardo indietro, dove arde un fuoco. Tra la luce del fuoco e gli uomini incatenati vi è una strada rialzata e un muricciolo, sopra la strada altri individui parlano, portano oggetti, si affaccendano nella vita di tutti i giorni. Gli uomini incatenati non possono conoscere la vera esistenza degli altri sulla strada, poiché ne percepiscono solo l'ombra proiettata dal fuoco sulla parete di fronte - e l'eco delle voci -, che scambiano per la realtà. Se un Uomo incatenato potesse liberarsi, potrebbe volgere lo sguardo e vedere finalmente il fuoco, venendo così a conoscenza dell'esistenza degli uomini sopra il muricciolo di cui prima intendeva solo le ombre. In un primo momento, l'Uomo liberato, verrebbe abbagliato dalla luce, la visione delle cose lo spiazzerebbe in forza dell'abitudine alle ombre maturata durante gli anni, ma avrebbe comunque il dovere di mettere al corrente i compagni incatenati delle sue scoperte. Resosi conto della situazione, egli vorrebbe senza dubbio tornare nella caverna e liberarli, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà. Il problema, però, sarebbe proprio quello di convincere gli altri prigionieri ad essere liberati, infatti, dovendo riabituare gli occhi all'ombra, dovrebbe passare del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente anche nel fondo della caverna; durante questo periodo, molto probabilmente egli diverrebbe oggetto di riso da parte dei prigionieri stessi, in quanto sarebbe tornato dall'ascesa con "gli occhi rovinati". Inoltre, questa sua temporanea inabilità, influirebbe negativamente sull’opera di convincimento e, anzi, potrebbe spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo se tentasse di liberarli e portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non varrebbe la pena di subire il dolore dell'accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte. Nel mito della caverna la luce del fuoco rappresenta la conoscenza, gli uomini sul muricciolo le cose come realmente sono (la verità), mentre la loro ombra l'interpretazione sensoriale delle cose stesse (l'opinione). Gli uomini incatenati, quindi, esprimono la condizione naturale di ogni individuo, condannato a percepire l'ombra sensibile (l'opinione) dei concetti universali (la verità), ma Platone insegna come l'amore per la conoscenza (la filosofia stessa) possa portare l'Uomo a liberarsi delle gabbie incerte dell'esperienza comune e raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo. Platone, nel mito, si riferisce alla scoperta della realtà delle cose che ci circondano, per far questo discute sulla natura stessa della realtà, difatti, aggiunge che tutto il ragionamento dietro l'allegoria deve applicarsi a tutto quello di cui si è già discusso nel dialogo: serve, cioè, ad interpretare le pagine che descrivono la Metafora del Sole e la Teoria della Linea. In particolare, Platone paragona il mondo conoscibile, cioè gli oggetti che osserviamo attorno a noi: «... alla dimora della prigione, e la luce del fuoco che vi è dentro al potere del Sole. Se poi tu consideri che l'ascesa e la contemplazione del mondo superiore equivalgono all'elevazione dell'anima al mondo intelligibile, non concluderai molto diversamente da me [...]. Nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l'idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce, nell'intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto.» Il Sole che brilla all'esterno della caverna rappresenta l'idea del bene e, questo passaggio, darebbe facilmente l'impressione che Platone lo concepisse come una divinità creativa ed indipendente. Normalmente gli uomini sono tenuti prigionieri, costretti ad osservare delle semplici ombre di forme che non sono neanche dei veri oggetti, che possono essere trovati soltanto "fuori della caverna". Dopo aver fatto ritorno dalla contemplazione del divino alle "cose umane", l'Uomo-Filosofo rischia di fare una "cattiva figura" se: «… prima ancora di avere rifatto l'abitudine a questa tenebra recente, viene costretto a contendere nei tribunali o in qualunque altra sede discutendo sulle ombre della giustizia o sulle copie che danno luogo a queste ombre, e a battersi sulla interpretazione che di questi problemi dà chi non ha mai veduto la giustizia in sé.» Chiaramente Platone si riferisce, tra le righe, al processo che Socrate dovette subire, tutto il mito, infatti, diviene una metafora della vita del filosofo ateniese che riuscì a risalire la strada verso la verità, ma venne ucciso per aver tentato di portarla agli uomini, incatenati al mondo dell'opinione. Una interpretazione ancora più incisiva mette in parallelo questa allegoria con quella dell'illuminazione: come prima cosa, l'Uomo deve svegliarsi da quel sonno che viene chiamato "vita" (equivalente alla liberazione del prigioniero), in seguito egli si rende conto delle finzioni che l'Uomo credeva entità reali (le ombre sulla parte della caverna), infine, egli giunge a vedere la verità per quella che è realmente (il Sole ed il mondo all'esterno della caverna). L'istinto dell'Uomo è quello di liberare gli altri prigionieri per condividere le sue scoperte, ma questo tentativo è inutile, in quanto i prigionieri non possono e non vogliono vedere oltre le rassicuranti ombre ed attaccano, quindi, il portatore della verità. Un'ulteriore interpretazione è stata fatta dagli idealisti (ad esempio George Berkeley), che esprimono il concetto che gli uomini non conoscano direttamente ed immediatamente i veri oggetti del mondo, piuttosto, noi conosciamo soltanto l'effetto che la realtà esterna ha sulle nostre menti. In altre parole, quando osserviamo un oggetto, noi ne percepiamo solo una copia, una semplice rappresentazione mentale del vero oggetto della realtà esterna. Platone era fortemente interessato alla politica ed alla sociologia (delle quali si discute indirettamente nel mito), in primo luogo simboleggia con il Sole la fonte della verità, in seguito aggiunge che i prigionieri incatenati nella caverna rappresentano la maggior parte dell'umanità: il filosofo è l'Uomo liberato che tenta di portare i suoi compagni verso la conoscenza, pertanto, il mito della caverna diventa la descrizione della faticosa salita verso la libertà. L'idea della liberazione dell'Uomo dalle catene, venutesi a formare attraverso la sua esperienza limitata, ed il raggiungimento della pura conoscenza della realtà è comune a molte culture. Le scoperte e le invenzioni che rendono tale il mondo moderno possono essere viste come risultato del tentativo dell'Uomo di superare i propri limiti, per raggiungere ciò che è oltre la conoscenza del momento. La letteratura, la scultura, il cinema ed in generale tutte le arti sono ricche di storie di uomini che, sfidando l'ostilità dei contemporanei, si sono in qualche modo liberati dalle catene, non sempre guadagnando rispetto ed ammirazione da parte dei propri simili. Dal Novecento, inoltre, il mito della caverna è divenuto una metafora che simboleggia quanto i mass media influenzino e dominino l'opinione pubblica, interponendosi tra l'individuo e la notizia, manipolando quest'ultima secondo necessità. Anche nel Mondo del Cinema il mito della caverna è stato ripreso ed interpretato in chiave moderna, come nei film che descriveremo di seguito. Nella trilogia di “Matrix”, la razza umana è controllata e sfruttata dalle macchine che fanno credere loro di vivere liberamente nel mondo del XX secolo, mentre in realtà la tengono imprigionata, coltivando le persone per trarre energia necessaria alla sopravvivenza meccanica. La gente vive senza accorgersi minimamente della realtà, perché è collegata ad un sistema informatico, chiamato appunto Matrix dai dissidenti, che invia impulsi elettrici al cervello umano, convincendo gli uomini di vivere in un mondo che, in realtà, non esiste più da centinaia di anni. Spetterà al prescelto, Neo, liberarsi dall'illusione biochimica e, con l'aiuto dei ribelli, ritornare nel sistema per tentare di liberare la razza umana dal controllo delle macchine stesse. Sia il finale del primo film con il dialogo di Neo al telefono, sia il comportamento del personaggio di Cypher, lasciano tuttavia intendere che, anche messi di fronte alla realtà delle cose, non tutti gli uomini saranno disposti ad abbandonare la loro prigionia, preferendo la tranquillità e la sicurezza della loro vita illusoria. Nel film “The Truman Show”, il protagonista crede di vivere in una tranquilla cittadina americana, è abituato a considerare reali i suoi amici, il lavoro, il paese, la fidanzata. In realtà egli vive, fin dalla nascita, in un reality show televisivo di cui è l'unico inconsapevole protagonista, dove le persone con le quali ogni giorno comunica sono semplicemente delle comparse del programma. Nel film “Il Tredicesimo Piano”, viene trovato morto un famoso programmatore di mondi virtuali, creatore di immense simulazioni di città del passato abitate da esseri virtuali con personalità umana, l’unico indizio sul delitto è stato lasciato all'interno di uno di questi mondi ed un collega della vittima dovrà entrarvi per recuperarlo, facendo attenzione a non rivelare alle entità in esso viventi la loro reale situazione: se, infatti, una di queste entità scoprisse la verità, le conseguenze sarebbero imprevedibili. Nel film “V per Vendetta” la protagonista Evey Hammond viene imprigionata e torturata per estorcerle delle informazioni, poi si scoprirà che quel luogo di prigionia era solo un'illusione creata dal suo mentore V, affinché Evey potesse liberarsi dalle paure che la tenevano incatenata; come un novello Platone, il personaggio di V scopre un inganno volto a sottomettere l'umanità e tenta di liberarla, a cominciare dalla sua discepola Evey Hammond e dall'ispettore Eric Finch. Nel film “Dark City” il protagonista John scopre che la città in cui vive è in realtà un laboratorio Extraterrestre, dove gli alieni stanno conducendo esperimenti sugli esseri umani per carpirne il segreto dell'individualità, mentre nel film “Essi Vivono”, il protagonista John Nada, trova degli strani occhiali da sole che gli permettono di vedere la verità: gli alieni hanno invaso la Terra e mediante il controllo sui mass media stanno sottomettendo gli esseri umani. Infine, nel film “Gli Intrighi del Potere” diretto nel 1995 da Oliver Stone, la figura dell’ex presidente americano Richard Nixon diventa l’emblema di una società, quella americana, tenuta all’oscuro di intrighi e segreti, creati appositamente per controllare l’opinione pubblica in funzione di una ascesa elitaria del Sistema (la Bestia), che controlla le scelte di politica interna ed estera degli Stati Uniti.

Tratto da "La Via del Risveglio" di Ambra Guerrucci e Federico Bellini, Risveglio Edizioni

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