Iperomocisteinema, un fattore di rischio per malattie cardiovascolari ed epatiche

Il Prof. Stefano Fiorucci, gastroenterologo dell’Università di Perugia, parte di un gruppo internazionale che ha dimostrato come il fegato regola il metabolismo dell’omocisteina aprendo nuove possibilità terapeutiche nel trattamento di malattie epatiche e cardiovascolari.
del 30/03/15 -

L’omocisteina è un aminoacido solforato, generato nel fegato e a partire dalla metionina, un aminoacido essenziale che si introduce nell’organismo con la dieta. L’omocisteina alta è una condizione da non sottovalutare: se presente in elevate quantità nel sangue, può considerarsi come fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, cerebrovascolari. Infatti , alterati livelli di omocisteina possono portare all’ iperomocisteinemia una condizione che è stata inserita dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) tra i fattori di rischio cardiovascolari, cerebrovascolari e vascolari periferici. Valori elevati di omocisteina nel sangue sono un fattore di rischio per varie patologie incluse coronaropatia (che può portare tra l'altro a infarto del miocardio), ictus ischemico, tromboembolia, demenza senile, ritardo o diminuzione dell'intelligenza nei bambini in età scolare e malformazioni fetali (spina bifida). Alcuni studi associano l’iper-omocisteinemia anche a osteoporosi, diabete. Alterazioni del metabolismo dell’omocisteina si verificano inoltre in corso di malattie epatiche sia causate da alcool che nella cirrosi epatica.

L’omocisteina alta può essere dovuta a varie cause: ereditarietà; da patologie epatiche, renali o tumorali e deficit di acido folico e vitamine B6 e B12, conseguenza di una cattiva alimentazione. Ma è importante ricordare che, oltre alla dieta, la causa principale di iper-omocisteina alta è lo stile di vita: fumo di sigaretta, il consumo eccessivo di alcolici, la sedentarietà e la scarsa attività fisica, l’abuso di farmaci e l’inquinamento sono riconosciuti fattori che contribuiscono allo sviluppo di iper-omocisteinemia.

Sebbene fosse ben noto che alcuni di questi fattori, come l’ alcool, alterano il metabolismo epatico dell’ omocisteina, le modalità con cui questo avvenisse erano finora sconosciute. Tuttavia, uno studio recentemente pubblicato nel mese cdi febbraio 2015 su Gastroenterology, la rivista più importante nel settore della Gastroenterologia ed Epatologia a livello internazionale spiega come il fegato regoli il metabolismo dell’omocisteina aprendo la possibilità per lo sviluppo di nuovi trattamenti.

Lo studio è il frutto di collaborazione internazionale tra la Sezione di Gastroenterologia del Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Biomediche dell’ Università di Perugia, coordinato dal Prof. Stefano Fiorucci, e varie Università degli Stati Uniti (University of Utah School of Medicine, University of North Carolina at Chapel Hill, The Institute for Systems Genomics, University of Connecticut, Department of Pharmacology, Toxicology & Therapeutics, University of Kansas Medical Center, Translational Sciences, Rutgers University, Piscataway e Veterans Affairs Connecticut Healthcare System, West Haven and Section of Digestive Diseases, Yale University, New Haven, Connecticut).

Lo studio ha rivelato i meccanismi che nel fegato possono causare iper-omocisteinemia ed in particolare ha dimostrato che un recettore nucleare denominato SHP, (small heterodimer partner) regola in maniera negativa i geni epatici coinvolti nella sintesi di omocisteina.

Il recettore SHP è un recettore nucleare atipico regolato da molti altri recettori, come ad esempio il recettore FXR (il recettore per acidi biliari). Il gruppo del Prof. Fiorucci, è uno dei gruppi di ricerca con maggiore background scientifico a livello mediale, con circa 50 pubblicazioni scientifiche sui recettori nucleari ed in particolare FXR ed è attivamente impegnato nell’ identificazione dei fattori molecolari che regolano il metabolismo epatico di lipidi e zuccheri, nella prospettiva di sviluppare nuovi trattamenti per il fegato grasso e la cirrosi epatica. A tale proposito, uno di tali trattamenti lungamente investigato dal prof. Fiorucci, un derivato dall’ acido chenodesossicolico, ha recentemente superato gli studi di fase III in Europa e Stati Uniti.

L’individuazione del ruolo di SHP nella regolazione dell’omocisteina consente di predisporre nuovi trattamenti attraverso la regolazione di SHP. In natura esistono varie sostanze che regolano SHP ed altre possono essere prodotte per via sintetica.

Lo studio apre quindi importanti possibilità terapeutiche nel trattamento di patologie che al momento non hanno un trattamento farmacologico appropriato.



Licenza di distribuzione:
INFORMAZIONI SULLA PUBBLICAZIONE
Stefano Fiorucci Laboratories
Responsabile account:
Stefano Fiorucci (Owner)
Contatti e maggiori informazioni
Vedi altre pubblicazioni di questo utente
© Pensi che questo testo violi qualche norma sul copyright, contenga abusi di qualche tipo? Contatta il responsabile o Leggi come procedere
Stampa ID: 247495