Quale futuro per il Made in Italy?

A quasi sei mesi dalla firma del Manifesto per il Made in Italy, firmato insieme a Confagricoltura e Confartigianato ci si interroga su quali siano le strategie vincenti per l'internazionalizzazione dell'impresa: piú che mai emerge il bisogno di strategie di web marketing, SEO e social in lingue straniere
del 29/03/16 -

Sicuramente, di fronte a un mercato interno carente, la parola d’ordine é oggi più che mai l’internazionalizzazione delle imprese oltre che del marketing online.
Si è parlato tanto del futuro del Made in Italy e dell’internazzionalizzazione delle imprese dalla chiusura di Expo ’15 lo scorso ottobre, che ha registrato cifre da capogiro che hanno superato di gran lunga le aspettative con 16 milioni e mezzo di visitatori, attese medie di 3 per ogni padiglione e 18 milioni di biglietti venduti.

Ma cosa significa veramente per una azienda di Made in Italy essere “internazionale” ?
A quasi sei mesi dalla firma del Manifesto per il Made in Italy, firmato insieme a Confagricoltura e Confartigianato gli obiettivi rimangono gli stessi: investire in formazione, favorire una visione d’insieme che promuova l’Impresa-Italia all’estero, creare sinergia tra tutti i comparti produttivi e le componenti sociali.
L’opinione delle imprese, invece, sottolineata da una ricerca condotta lo scorso anno da Sanpellegrino su oltre 450 aziende ha visto evidenziare che ciò frena la spinta internazionale delle aziende è in primis, l’incapacità di fare sistema, le difficoltà da parte delle imprese ad aprirsi al cambiamento e alle nuove sfide globali.
Se la prima mancanza si può imputare a scelte di settore e politiche che non incoraggiano strategie e piattaforme organiche per le imprese, sulla difficoltà delle imprese, soprattutto di piccola e media entità, ad aprirsi al cambiamento si può lavorare già adesso senza aspettare grandi piani e larghe intese.

Come cominciare?

Cominciamo col dire che in Italia, infatti, si affidano all’e-commerce sempre più persone: circa 26.000 aziende si affidano ogni anno al web e il 65% di essi ha clienti in tutto il mondo. Così come l’italiano medio, vuoi per tempo, livello di istruzione o semplicemente comodità, preferisce affidarsi a siti di e-commerce in cui sia presente una versione italiana del sito, soprattutto per poter comprendere a fondo le condizioni di vendita o di utilizzo di un prodotto,non possiamo aspettarci da una clientela straniera che lo stesso comportamento. Localizzare i contenuti di un sito, come di una app per Android o IOS, con traduzioni sommarie tratte da traduttori automatici e non curate per essere oltre che comprensibili, accattivanti per il cliente di lingua straniera è fondamentale, ma non basta.

Per raggiungere nuovi mercati stranieri è necessario riuscire a ottimizzare la ricerca del proprio sito nelle indicizzazioni dei motori di ricerca attraverso un SEO (Search Engine Optimization) multilingua. I social media, inoltre, sono sempre più importanti per identificare il brand di un’azienda e restare sempre aggiornati sulle sue novità. Localizzare i contenuti di una pagina social deve essere fatto necessariamente da madrelingua, così da poter mantenere intatta la freschezza del linguaggio tipica del messaggio, accattivante e informale. Inoltre viene spesso dimenticato che aprire contenuti in lingua straniera, che si tratti di un sito come di una pagina Facebook, Twitter o Pinterest, deve essere supportato da una regolare attività di web content writing in lingua, oltre che di moderazione. Stessa cosa si può dire di Youtube, apporre sottotitoli o doppiaggio per i contenuti video è un altro passo importante, sempre da supportare con lo studio delle tag e la moderazione dei commenti in lingua target.

L’inglese non è la soluzione a tutti i problemi social

A prima vista sembra che scrivere gli articoli sul blog e i post (o i tweet) sui social in inglese possa dare un’aria automaticamente internazionale e parlare a milioni di potenziali clienti e lettori. E sicuramente le persone che parlano inglese nel mondo sono 1300 milioni. E’ sicuramente un primo passo, ma deve dire anche che per l’approccio informale dei social, a cui è spesso associato un momento di relax, oltre che per motivi politici o di ignoranza della lingua inglese fa sì che la maggioranza degli utenti social tenda a fare clic sui blog e sui post scritti nella propria lingua e che parlano di cose che riguardano il loro Paese, e a lasciare la pagina in caso di pagine in inglese. Per questo per fronteggiare questo problema un numero sempre maggiore di brand ha dato vita a diversi blog e a tanti profili social in base alla nazionalità della clientela.

Strategie multi network

È inoltre importante ricordare che localizzare i propri social media in una lingua traget per alcuni mercati significa aprire nuovi profili su social network non usati o poco usati in Europa come VKontakt, Odnoklassniki, Qzone, Facenama, Reddit e molte altri ancora. Studiare tutti questi aspetti e realizzare una totale internazionalizzazione del marketing online può sembrare estremante faticoso e dispendioso, ma i vantaggi sono reali e anche se non di immediatissima nota, sono un investimento sul futuro del brand che con una somma ragionevole e tempi ridotti alcune società di servizi integrati per la traduzione possono fare.



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