Le implicazioni psicologiche del processo adottivo

Da una panoramica della letteratura italiana e straniera sul fenomeno-adozione emerge che l'ipotesi su cui si sono soffermati di più i ricercatori è se l'adozione costituisca di per sé un fattore di rischio per lo sviluppo psicologico del minore.
del 13/11/14 -

Numerosi sono i testi che hanno approfondito e sviluppato un tema così complesso quale quello dell'adozione.
In generale si può dire che a livello clinico e di ricerca è stata rilevata un'incidenza più alta della norma di problematiche emotive e relazionali fra coloro che sono stati adottati: è vero infatti che le famiglie con bambini o adolescenti adottati si rivolgono a psicologi o psichiatri molto più spesso di quanto accada nelle famiglie naturali.

Questo dato, pur significativo, non deve portare, però, a "patologizzare" il fenomeno dell'adozione e quindi a considerarlo soltanto come un fattore di rischio.
Sembra più utile, infatti, prendere in esame le dinamiche relazionali, potenzialmente disfunzionali, che si possono innescare in tali situazioni. La richiesta da parte dei genitori adottivi di una consulenza psicologica riflette il loro bisogno di "fare sempre qualcosa" per i figli, come se fosse una loro missione, che, a volte, può anche non esaurirsi, neanche con il passaggio del figlio all'età adulta.(Prieur, 1988)
Tale bisogno può essere un'affermazione del sentimento di onnipotenza educativa di questi genitori che, se da un lato, può soddisfare la loro identificazione narcisistica, dall'altro serve a distruggere l'immagine della madre naturale e a creare un bambino nuovo, che non ha una storia, un passato.

Questo confronto con la madre naturale può avvenire da parte dei genitori adottivi, per esempio, aggredendo verbalmente il figlio adottivo quando questo in qualche modo li delude.
Inoltre in alcune famiglie adottive accade una "rottura del tempo", perchè c'è uno sforzo comune, sia da parte dei genitori sia da parte dell'adottato, di dimenticare un passato che spesso è molto doloroso.
Le "famiglie riuscite", quindi, sarebbero quelle che conservano la memoria del periodo precedente l'adozione e ciò darebbe loro modo di ritrovare una continuità del tempo, in quanto se non si possiede un passato può risultare difficile avere un futuro.

Ma c'è un'altra dimenticanza che i genitori operano: la loro storia prima dell'adozione che, nel caso di coppie sterili, è una storia costellata di grandi sofferenze. Spesso, infatti, nelle famiglie adottive non si parla con i figli di cosa ha motivato l'adozione, del perchè si è operata questa scelta. I genitori, in genere, poi, sottolineano che il passato del figlio è molto più doloroso del loro e quindi evitano di parlarne. Ma questo loro "segreto" può avere delle gravi ripercussioni sul rapporto genitori-figli.
E' indispensabile, infatti, che i coniugi riescano ad elaborare i propri vissuti di lutto e di frustrazione biologica. Questo processo che si snoda nel tempo è molto importante per la coppia genitoriale e per la riuscita del processo adottivo.

In queste famiglie l'iter che porta all'adozione è raramente vissuto come doloroso perchè probabilmente nelle loro premesse (inconsapevoli) c'è la convinzione che per ottenere un bambino bisogna pagare un prezzo molto alto e tale prezzo è appunto il dolore. Una coppia, infatti, quando scopre di essere sterile si sottopone ad un lungo iter: prima a vari interventi medici a connotazione sessuale, in seguito, quando opta per l'adozione, viene sottoposta ad una serie di colloqui con gli operatori (psicologi, assistenti sociali) per essere dichiarata idonea all'adozione; poi l'attesa, le pratiche burocratiche da sbrigare, e, a volte, i viaggi all'estero. Deve subire, quindi, una forte e massiccia invasione da parte degli operatori della propria sfera privata, che può mettere a dura prova il loro desiderio di adottare un bambino. I genitori adottivi che non hanno problemi con i loro figli adottivi sono arrivati "ad una biforcazione nel doppio destino tragico dell'adozione, quello, congiunto del bambino adottato e dei suoi genitori". (Prieur, 1988)

Il destino tragico del bambino è quello di un bambino che ha vissuto una situazione alle spalle, spesso, di abbandono. Un bambino nei confronti del quale il desiderio non si è potuto esprimere e cio può provocare nello stesso una svalorizzazione del sè. Ma anche il destino dei genitori, come abbiamo sottolineato, non è meno tragico. Quindi "nella coesistenza di questi due destini tragici, l'adozione può offrire una possibilità di biforcazione che può essere quella di correre il rischio dell'incerto per costruire una nuova famiglia".
Per l'approccio sistemico, infatti, un sistema ha bisogno dell'alternanza di regolazione, intesa come stabilità, e di biforcazione, intesa come fonte di trasformazione del sistema. La vita delle famiglie adottive è piena di incertezze e biforcazioni e allora compito del terapeuta è fare accettare le inevitabili biforcazioni, ma anche riuscire a legare il destino tragico del bambino con quello dei genitori.

Un altro problema è rappresentato dall'immagine che i genitori si costruiscono del bambino adottato: cercano di pensare a come sarà sia fisicamente sia caratterialmente. Ciò capita anche ai genitori che aspettano un figlio proprio, ma nei genitori adottivi l'immagine è meno rassicurante perchè inevitabilmente si interrogano su cosa abbia ereditato dai genitori naturali, sul tipo di ambiente in cui è vissuto (se non è un noeonato). Tali preoccupazioni rimangono senza risposta perchè non si sa nulla del bambino che adotteranno. Quindi l'immagine che i genitori adottivi si costruiscono, spesso non corrisponde alla realtà, ma alle loro aspettative. Tale immagine diventerà determinante nel futuro rapporto genitore-figlio. Potrà avvenire, per esempio, che l'immagine del bambino vero e quella del bambino immaginato verrano confrontate e non sempre quella reale viene considerata la migliore.
Il figlio immaginato presenta in parte delle caratteristiche che sono legate ad esigenze personali dei genitori adottanti e in parte caratteristiche che corrispondono a bisogni comuni, indotti da stereotipi culturali. E' infatti frequente immaginare il bambino senza una sua storia; storia che incomincia nel momento in cui viene adottato, tralasciando l'esperienza precedente, che non deve fare parte della loro vita. Per questo motivo tendenzialmente vengono preferiti per l'adozione i bambini molto piccoli, che non hanno alle spalle una loro storia. Anche chi adotta bambini più grandi spesso desidera non ricordare il passato.

Ma il rischio di tale atteggiamento è rappresentato dal fatto che non fare alcun riferimento al passato del bambino significa costringerlo a perdere contatto con una parte di sè stesso. Infatti, anche se i rapporti del bambino con i genitori naturali sono stati conflittuali o negativi, rivestono comunque una grande importanza per lui e sono comunque i suoi iniziali punti di riferimento nella costruzione dell'immagine di sè e degli altri.
Spesso inoltre, i coniugi tendono a non parlare delle loro ansie e timori sul futuro del bambino, sulla riuscita dell'adozione, sulle proprie capacità, non solo agli altri ma anche fra di loro. La tattica del non parlare con il figlio è una tecnica che usano per primi loro stessi. Ma il mancato confronto dei propri timori con quelli del partner può portare alla costituzione di immagini diverse del bambino e alla elaborazione di aspettative diverse nei suoi confronti.

Il momento dell'incontro è reso difficile da un'estraneità reciproca (entrambi hanno stili di vita, abitudini, modi di vedere la realtà diversi). Essi hanno anche, come abbiamo visto, elaborato aspettative, timori nei confronti dell'altro: i genitori attraverso un'immagine di bambino desiderato ed idealizzato e il bambino attraverso un'immagine di adulto che è frutto della sua esperienza precedente.
Quindi è richiesto un adattamento reciproco, determinato dalla graduale conoscenza reciproca, ma anche dal tentativo di entrambi di verificare le proprie aspettative e timori. La difficoltà iniziale non sarà, allora, solo di stabilire un rapporto fra persone che non si conoscono e che sono diverse, ma anche di sostituire le immagini fantasticate con le persone reali. Ma è fondamentale che ciò avvenga da parte di entrambi.
L'inserimento di una persona in un nucleo familiare crea sempre dei problemi di adattamento. Infatti un evento così importante come la nascita di un figlio provoca radicali cambiamenti nell'organizzazione familiare: i genitori devono dividersi i compiti per adeguarsi ai bisogni del nuovo nato.
In sostanza, a seconda delle fasi del ciclo vitale, la famiglia deve adattarsi e ristrutturarsi, e ciò richiede da parte dei familiari un continuo acccomodamento.



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