La depressione infantile

Quando si parla di depressione nel bambino, bisogna fare sempre molta attenzione in quanto, pur esistendo una vasta letteratura, è abbastanza raro constatare nel bambino un quadro clinico simile a quello degli adulti.
del 18/06/14 -

Gli psicoanalisti a proposito non hanno alcun dubbio, basti pensare a M. Klein (1935) che fa chiaramente riferimento alla “posizione depressiva” nel bambino. Tutti sono più o meno d’accordo sull’importanza di questa fase, anche se il termine “depressivo” non sembra essere adeguato, in effetti molti ritengono che l’utilizzo di questa terminologia clinica presa in prestito dalla psicopatologia dell’adulto sembri piuttosto forzata per descrivere uno stadio normale dello sviluppo psicogenetico del bambino.

Sandler e Joffe (1965) fanno una distinzione tra lo stato di sofferenza clinica del bambino e la depressione, in effetti di fronte ad uno stato di sofferenza il bambino può mettere in atto dei meccanismi di rifiuto, di evitamento, di collera, o anche di rabbia che sono distinti dalla reazione depressiva. Quest’ultima invece, secondo gli autori, rappresenta l’ultima reazione del bambino per cercare di evitare la sofferenza fisica e psicologica. In altre parole si potrebbe tradurre come la perdita di uno stato di benessere anteriore nel quale è compresa la relazione con “l’oggetto soddisfacente”. Tale perdita porta il bambino alla sofferenza che è intimamente legata con lo sviluppo dell’aggressività, la quale se non opportunamente scaricata accresce nel bambino il sentimento d’impotenza che porta verso la reazione depressiva.

Negli ultimi 10 anni, la letteratura ha alternativamente considerato la depressione come fenomeno assente nei bambini, oppure come un fenomeno che si manifestava in forme “mascherate” o sottoforma di equivalenti depressivi, o semplicemente come processo di crescita normale del bambino piuttosto che, un disturbo vero e proprio (A.A.V.V., 2004).
La ragione di queste ipotesi contrastanti potrebbe dipendere dal fatto che la depressione infantile sia associata a svariate false credenze, cui comunemente si presta fede, che negano l'esistenza della depressione durante l'infanzia o l'adolescenza. (Cocchi, 1985).

Il DSM IV, considera la depressione nei ragazzi in modo analogo a quella degli adulti, tenendo però presenti alcune differenze di origine evolutiva, (Stark, 1996). Ad esempio potrebbero essere accettate nella diagnosi: l’ansia da separazione, o il calo delle prestazioni scolastiche.

Al di là delle definizioni diagnostiche ci sono aspetti della depressione infantile che la rendono potenzialmente devastante se paragonata a quella degli adulti.

Se l’adulto è in grado di riconoscere che la sua situazione non fa parte della “normalità”, che in qualche modo “non è se stesso” in quanto i fenomeni che sperimenta sono il risultato di una condizione patologica, il bambino non ha i mezzi per operare delle distinzioni, e può perdersi dentro la propria depressione. Inoltre se le persone adulte tentano, tranne che nei casi più gravi, di vincere questa malattia, i bambini non hanno le risorse interne ed evolutive per farlo.

Ma lo svantaggio più grande della depressione in giovane età è che questa opera effetti immediati in aree importanti per il funzionamento della personalità, rendendo quindi lo sviluppo di quest’ultima profondamente alterato. Questi bambini non riescono a divertirsi, non giocano e non si creano sani rapporti interpersonali, si sentono ipercritici e insicuri e non credono nella bontà delle persone. Le prospettive saranno probabilmente di un futuro di infelicità, con sentimenti di autosvalutazione, cinismo e pessimismo (Shuchter e Downs, 1997).

La predisposizione alla depressione infantile è legata comunemente ad una situazione di distacco precoce ( Guidano e Liotti,1982).
Alcuni esempi di distacco possono essere così riassunti: Perdita reale di uno o entrambi i genitori; Distacco fisico e/o affettivo dai genitori (viaggi, separazioni, malattie, ospedalizzazione del bambino,ecc); Mancanza di assistenza dei genitori durante le prime attività del bambino che impara a doversela cavare da solo fin da piccolo. Attenzione dei genitori per doveri morali e sociali, con punizioni frequenti se il bambino non si è comportato come richiesto e minimi riconoscimenti quando ha adempiuto alla perfezione il suo dovere.

La depressione infantile, come quella degli adulti, va al di là del solo sintomo della tristezza, anzi è una vera e propria sindrome che coinvolge una moltitudine di sintomi concomitanti (Carlson e Cantwell, 1980). Le categorie nelle quali si possono suddividere questi sintomi sono le stesse principali categorie utilizzate per descrivere la depressione negli adulti e sono: emotive, cognitive, motivazionali, fisiche e neurovegetative (Geller et. al., 1985). Per quanto riguarda i sintomi emozionali, quello che maggiormente rappresenta la depressione è l’umore disforico, ovvero la tristezza. Questo può essere riscontrato anche in bambini che hanno un qualsiasi altro disagio psicologico (Carlson e Cantwell,1980), ma la gravità e la durata permettono di inserirlo nel quadro depressivo.

Un diverso sintomo del disturbo dell’umore che può sostituire la tristezza è la rabbia, che molto spesso è presente nei bambini depressi.
Oltre ad essere molto presente, la rabbia è un sintomo tra i più resistenti al cambiamento terapeutico (Stark, et al; 1987). La gravità di questo sentimento va dalla semplice irritabilità, a un senso di insopportabilità dello stato d’animo di rabbia, fino a giungere a pensieri omicidi. Un modo per misurare la gravità del sintomo è rapportarlo all’ambiente: minori sono i legami con l’ambiente, maggiore sarà la gravità (Stark,1996).

Fanno parte dei sintomi emozionali anche: l’anedonia, che è uno dei sintomi diagnostici principali nei disturbi depressivi (Carlson e Cantwell, 1979) e si riferisce alla perdita della risposta di piacere (il bambino appare annoiato, indifferente); la tendenza al pianto, dove questo non è legato a eventi ambientali; la perdita di allegria, il bambino non trova divertenti cose che al contrario fanno ridere la maggior parte dei bambini; il non sentirsi amati, e l’autocommiserazione (Stark 1996).

In alcuni casi, le depressioni o gli stati ansiosi nel bambino possono essere funzionali all’equilibrio familiare, per cui vengono rinforzate attraverso meccanismi interattivi peculiari.

Nel corso della depressione infantile si possono trovare anche dolori e malesseri, che vengono considerati sintomatici dal momento in cui non hanno una ragione medica di esistere (Kovacs,Beck, 1977). La gravità è stimata in base a quanto questi sintomi interferiscono con le prestazioni scolastiche o ricreative, e con la durata e la capacità del bambino di farne fronte da solo (Stark, 1996).

Altri sintomi fisici e neurovegetativi sono i disturbi del sonno, quali: insonnia, ipersonnia, inversione circadiana e sonno non ristoratore; il rallentamento psicomotorio, che viene valutato positivamente quando il bambino ha movimenti corporei e linguaggio molto rallentati, quando sono presenti latenze nelle risposte, o se il bambino non ha mai iniziativa nel far procedere una conversazione. In ultimo troviamo l’agitazione psicomotoria, dove il bambino appare agitato, incapace di stare seduto, ha un linguaggio estremamente veloce, talvolta è irritabile, arrabbiato, e può diventare aggressivo (Stark, 1996).
Capiamo bene quindi l’importanza che assumono i patterns familiari, in primo luogo la carenza degli affetti, la depressione nei genitori, la carenza di accudimento soprattutto materna, le distorsioni cognitive nel rapporto madre-bambino, nella valutazione e nel trattamento dei bambini depressi o affettivamente disturbati. (Stark, 1996).



Licenza di distribuzione:
INFORMAZIONI SULLA PUBBLICAZIONE
Edizioni Psiconline
Responsabile account:
Arianna Ciamarone (Responsabile pubblicazioni)
Contatti e maggiori informazioni
Vedi altre pubblicazioni di questo utente
© Pensi che questo testo violi qualche norma sul copyright, contenga abusi di qualche tipo? Contatta il responsabile o Leggi come procedere
Stampa ID: 230354