L’economia della Cina

Parliamo oggi di uno stato di cui spesso in Occidente non sappiamo molto: la Cina.
del 01/03/16 -

Misteriosa e per molti versi sconosciuta, la Cina vanta un’economia forte senza dubbio grazie alle sue risorse umane a basso costo estremamente numerose, ma anche a numerose materie prime importanti presenti sul suo territorio.

L’economia cinese viene comunemente definita “di mercato” (esattamente come quella di tutte le altre potenze che abbiamo esaminato finora) a partire dal 1992, quando il termine è stato introdotto nel regime. In realtà, l’economia del paese è ancora, seppur minimamente, ibridata dal suo passato comunista: persistono i piani quinquennali che vanno a ricordare un’economia pianificata, e la proprietà della terra è esclusivamente statale.

Ecco gli argomenti che tratteremo:


  • Settore Primario

  • Settore Secondario

  • Occupazione/Disoccupazione

  • Piani statali per l’economia



IL SETTORE PRIMARIO

Nel 2011 l’agricoltura produceva il 10% del PIL nazionale, contro un 33% registrato nel 1983. indubbiamente il paese ha spostato i suoi sforzi sul settore industriale e manifatturiero, tuttavia il settore primario non è trascurabile: la Cina è il primo produttore al mondo di riso e grano, e il primo consumatore di prodotti agricoli.

Il paese è poi tra i principali produttori di mais, tabacco, soia, patate, arachidi, té ed orzo; per quanto riguarda le produzioni non alimentari produce abbondanti quantità di cotone, seta ed olio di semi; anche se essi costituiscono solo una piccola parte delle esportazioni totali.

Solo il 15% del territorio cinese è adatto alle coltivazioni, e di questo solo circa la metà è irrigato. In queste poche zone si concentra quasi la metà della popolazione dello stato, che per lo più lavora nelle risaie.

Secondo le stime dell’ONU, nel 2003 la Cina ha sfamato circa il 20% della popolazione mondiale; e pur avendo il 75% delle terre coltivabili degli USA, ha prodotto il 30% in più di essi.

IL SETTORE SECONDARIO

Il settore secondario partecipa al PIL nazionale per quasi il 47%; mentre nel 2010 poco meno del 20% dei prodotti manifatturieri commerciati nel mondo provenivano dalla Cina.

Lo sviluppo industriale è sempre stato l’obiettivo della Repubblica Popolare Cinese; particolare attenzione è stata dedicata ai settori metallurgico e quello di costruzione di macchinari: ad oggi, i due settori compongono il 20/30% dell’intero gettito industriale.

Tra le industrie più importanti nel paese figurano quelle minerarie, quelle dedicate alla produzione di armi, quelle tessili, quella petrolifera e quella cementifera.

Importanti poi la produzione di beni quali calzature, giocattoli ma anche mezzi di trasporto (navi, aeroplani, locomotive ma anche binari).

Dagli inizi del nuovo millennio il paese è stato il luogo in cui diverse aziende del Vecchio Continente hanno esternalizzato le loro produzioni manifatturiere, alzando sensibilmente il gettito del paese. Ad oggi, grazie all’innalzamento del reddito medio e del tenore di vita della popolazione, queste decisioni stanno diminuendo.

OCCUPAZIONE/DISOCCUPAZIONE

Come possiamo vedere dal grafico, il tasso di disoccupazione cinese è sempre stato estremamente basso, con un picco in particolare subito dopo l’apertura della nazione all’economia di mercato.

A tutt’oggi la Cina è annoverata tra i paesi con i tassi di disoccupazione più bassi al mondo; anche se questo dato ha anche alcuni lati negativi. I lavoratori hanno infatti pochi diritti rispetto ai loro colleghi occidentali; il tasso di lavoro minorile è ancora alto e spesso le norme di sicurezza sono scarse se non del tutto assenti.

I PIANI STATALI PER L’ECONOMIA

Come abbiamo già accennato precedentemente, la Cina è un paese che sta ponendo ottime basi alla sua economia, anche se ha ancora numerosi problemi che deve riuscire a risolvere.

Abbiamo già parlato delle scarse tutele ai lavoratori e degli episodi di lavoro minorile, così come già abbiamo delineato i problemi connessi alla distribuzione disomogenea della popolazione: la nazione sta investendo molto sull’industria, ma la gran parte della sua popolazione è ancora legata al settore primario.

Allo stesso modo, anche se ha da poco abolito la politica del figlio unico, il paese ha gravi problemi dal punto di vista della popolazione: da un lato troppe zone sono desertiche perché inospitali; dall’altro le zone abitate sono sovrappopolate.

La politica del figlio unico ha anche portato un grave squilibrio tra la percentuale di donne e di uomini: da anni, soprattutto nelle fasce basse della popolazione, era uso uccidere le figlie femmine per poter avere un maschio. Questo ha determinato un’intera generazione con troppi uomini rispetto alle donne.

Infine, la rapida industrializzazione ha portato a pessime conseguenze sull’ambiente, oltre ad un incremento delle tensioni tra stato e cittadini. Negli ultimi decenni sono stati numerosi i casi di proteste popolari in città dove era stata pianificata la collocazione di industrie pesanti. In risposta, nel novembre del 2012 il Consiglio di Stato ha inviato un mandato per il controllo di tutti i progetti industriali del paese (sotto il nome di “valutazione del rischio sociale”), per poter valutare possibili tensioni sociali causati da tali progetti.



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