L’economia del Brasile

Dopo aver parlato settimana scorsa della prima economia mondiale, oggi “scendiamo” un pochino nella classifica per esaminare la sesta economia mondiale per Prodotto Interno Lordo: il Brasile.
del 05/04/16 -

L’egemonia del paese nel suo subcontinente, insieme alla vastità delle risorse presenti sul territorio, hanno permesso al paese di determinare lo sviluppo economico delle regioni limitrofe.

Il paese è poi uno dei cosiddetti BRIC, cioè quei paesi in via di sviluppo caratterizzati da una grande popolazione, un altrettanto grande territorio e soprattutto una crescita del PIL a dir poco galoppante nella prima parte del XXI secolo. Oltre al Brasile, sono compresi nei BRIC Russia, India e Cina.

Ecco gli argomenti che tratteremo:

Settore Primario
Settore Secondario
Occupazione/Disoccupazione
Piani statali per l’economia

Il settore primario

Il Brasile è strettamente legato al suo settore primario, ed in particolare all’agricoltura, che da sola produce il 10% del PIL nazionale. Le zone dedicate all’agricoltura sono quelle pianeggianti verso la costa atlantica, anche se le produzioni sono divise per aree geografiche (ad esempio, il sud si dedica quasi esclusivamente alla coltivazione del grano.

Principali produzioni sono il caffè, di cui il paese è il primo esportatore al mondo e di cui produce innumerevoli varietà (il Brasile non è stato inserito nel cluster del caffè in Expo solo perché la nazione desiderava più visibilità); la soia, di cui è il secondo esportatore dopo gli USA, e come abbiamo già detto il frumento.

Altre coltivazioni importanti sono quelle di mais, riso, canna da zucchero e cacao.

La distribuzione dei terreni ricorda molto il sistema feudale europeo: il 40% delle terre coltivabili sono possedute da circa l’1% della popolazione, e sono per lo più gestite secondo tecniche di coltivazione estensiva o come piantagioni.

Paradossalmente, nonostante la grande produzione, la nazione è costretta ad importare derrate alimentari; poiché ciò che viene coltivato in patria è dedicato quasi esclusivamente all’esportazione.

Anche l’allevamento ha numeri importanti: più del 20% del suolo è dedicato a pascolo per il bestiame. I più comuni solo gli allevamenti di bovini, ma sono sensibili anche quelli di ovini, caprini e suini.

Il settore secondario

Il Brasile è ricco di materie prime anche a livello industriale: sono presenti diversi giacimenti di ferro (il 30% delle esportazioni di questo metallo proviene proprio dal Brasile); manganese, zinco, oro e pietre preziose, stagno, ghisa e carbone.

L’industria invece si è sviluppata nel paese solo verso la seconda metà del XX secolo. Ha avuto comunque una rapida crescita, con produzioni diversificate.

Ben avviate sono i comparti metallurgici, chimici, tessili, alimentari e meccanici, soprattutto nella zona di San Paolo e di Belo Horizonte.

Ad oggi però la maggior parte delle industrie sono per lo più sostenute da capitali stranieri.

Occupazione/Disoccupazione

Il Brasile si caratterizza come uno stato dalla disoccupazione molto volatile, a riprova di come la sua economia sia estremamente legata agli investimenti stranieri.

Come vediamo dal grafico, circa l’8.2% della popolazione brasiliana è disoccupata. Il dato può sembrare negativo, soprattutto se confrontato con i numeri di nemmeno un anno prima (nel marzo 2015 la disoccupazione era infatti pari al 6.1%), tuttavia non dobbiamo farci ingannare dai dati nel breve periodo.

Dal grafico della disoccupazione a 10 anni possiamo infatti dedurre due cose: in primis, che l’occupazione nel paese ha un andamento estremamente variabile nel breve periodo (ad un brusco abbassamento della disoccupazione segue un suo innalzamento altrettanto improvviso, nel giro di pochi mesi).

In secundis, che in questi anni il Brasile ha fondamentalmente migliorato la sua situazione occupazionale: lungi dall’essere stata colpita dalla crisi del 2008, ha invece continuato ad aumentare il numero dei suoi occupati.

L’innalzamento della disoccupazione degli ultimi due anni, quindi, è una naturale conseguenza di questo lento ma continuo andamento (economicamente parlando, è impossibile ridurre sotto certe soglie la disoccupazione in un paese: anche se essa viene abbassata artificialmente da manovre statali, tornerà ad un punto di stabilità sul lungo periodo).

Se questo innalzamento della disoccupazione sarà o meno l’inizio di una spirale negativa dipenderà dalle politiche applicate dal governo.

I piani statali per l’economia

Abbiamo già citato due dei grandi problemi della nazione: la dipendenza per le industrie dal capitale straniero e il tasso di occupazione da monitorare strettamente.

Un altro grande problema è quello dei collegamenti stradali: se infatti le zone costiere sono ben fornite, l’interno del paese è sprovvisto di una rete stradale in grado di assicurare la mobilità di merci e persone (eccezion fatta per la zona di San Paolo).

Anche il trasporto ferroviario lascia a desiderare, portando ad un naturale ingigantimento del traffico aereo.



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