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Buio e Luna Piena - Omaggio a Franco Califano

Inizia il 15 Novembre c.a. presso il teatro Nuovo Sala Gassman di Civitavecchia, il viaggio tra le musiche e i testi di Franco Califano. Scritto e diretto da Gennaro Testa, lo spettacolo che nasce da un'idea dello stesso regista, è un omaggio al "Califfo" nel primo anniversario della sua scomparsa, ma anche un pretesto per trascorrere ancora un po' di tempo in compagnia di brani e monologhi che ci hanno regalato così tanto. E riscoprirlo sotto una luce completamente diversa.
del 03/11/14 -

Buio e luna piena è uno spettacolo di teatro e musica. Un viaggio che attraversando la vita personale ed artistica del Califfo tenta di restituire o di presentare agli occhi di chi lo ha amato ma anche di chi lo ha fortemente criticato e condannato un Califano per quanto possibile diverso. Lasciare cioè la maggior parte della scena all'artista e all'uomo che egli è stato, e non al personaggio, anche se per moltissimi versi decisamente più affascinante.
Il titolo dello spettacolo “Buio e Luna piena” vuole sottolineare la linea che unisce le due metà di due mele, quella buia e cupa e quella invece che più rispecchia la sensibilità umana ed artistica di un Califano alla continua ricerca di qualcosa, di un sentimento, di una “conferma”, o semplicemente di un’ “emozione”. Ci sono alcune frasi, anzi per la verità in ogni brano cantato o recitato che sia, ci sono una o più frasi “rivelatrici” delle sue sofferenze intime, come ad esempio nel brano Chi sono io, “i sentimenti ormai ce li ho nelle mutande”. Califano in una intervista dice che a suo modo ha talmente amato il padre Salvatore che adesso non riesce più ad amare. In realtà, Califano ha vissuto la morte prematura del padre – avvenuta a soli 38 anni - come un vero e proprio tradimento. “Io credevo che sarebbe rimasto con me per sempre”. Invece il padre lo “abbandona” lo tradisce appunto. “la donna anche quella più pulita prima o poi le corna te le fa”. Questa frase svela il pensiero di Califano sulla sincerità dei rapporti umani. “Se perfino mio padre mi ha tradito figuriamoci gli altri”. Ed ecco perché Califano diventa una sorta di “strumento sessuale” rifugiando i coinvolgimenti emotivi, (anche se egli ricerca continuamente l’amore, sperando di poter appartenere ancora a qualcuno), ma i suoi sentimenti ormai sono relegati nelle mutande, probabilmente è l’unico modo che egli ha di proteggerli. Califano è un disilluso della vita, “chi sono io un uomo che ormai non da più spazio alle illusioni perché ora so che la felicità è appannaggio dei cretini”; un uomo che ha deciso di vivere fino in fondo il personaggio che gli è stato forzatamente cucito addosso, senza più dire nulla; “ non parlo più perché ho già detto quello che dovevo dire”, senza falsi moralismi Califano va per la sua strada; “e grazie a Dio non provo più a scalare un monte se è di vetro”; Il califfo vive giorno per giorno, circondato dai soli suoi amici, perfino le donne ormai negli ultimi anni lo hanno in qualche modo abbandonato. Il bel Califfo è stato irrimediabilmente “mutilato” dalla sua unica amica/nemica, la cocaina e per questo ha dovuto dismettere i suoi panni di conquistatore. Alla fine Califano termina la sua eccezionale esistenza in povertà, e l’unica volta in cui egli ha chiesto una mano, questa gli è stata rifiutata; “ mi sono sempre rifiutato di schierarmi politicamente, pur sapendo che questo era un errore che prima o poi avrei pagato.
In scena con lo stesso regista che veste i panni di una sorta di linea guida che si muove tra stralci di interviste e monologhi, Myriam Lattanzio, voce stupenda a cui è stato affidato il non facile compito di interpretare alcuni tra i brani più belli. La direzione musicale è stata affidata al maestro Vittorio Cataldi, pianoforte e fisarmonica, che sarà coadiuvato dal maestro Edoardo Puccini, chitarra acustica.
Direzione del palco Carmen Corradini, Direzione scenografia Andrea Fersula.

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Gianfranco Torre (Giornalista)
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