Videogiochi violenti: nessuna correlazione con i comportamenti aggressivi

Biden è stato incaricato dal presidente Obama di riunire un pool di esperti per capire quale impatto possano avere i videogiochi violenti. I risultati riabilitano completamente i videogiochi, mentre la lobby delle armi cerca di fare la voce grossa.
del 15/01/13 -

Quante volte abbiamo letto in giro oppure ci è stato direttamente chiesto da persone non-videogiocatrici se l’immergerci nei mondi cruenti di alcuni dei nostri titoli preferiti e prendere parte alle loro vicende, spesso oltre il limite dell’umanamente accettabile, potesse in qualche maniera influenzare la nostra visione della realtà? In altre parole, possono i videogiochi alterare il comune sentimento di “giusto” e “sbagliato”?

Ebbene, non è così facile rispondere a tali accuse. Io per primo ho dovuto riflettere a lungo per poter riuscire a fornire a me stesso, prima che a voi, una risposta che potesse dimostrare empiricamente, e non in base a conoscenze teoriche dato che non studio Psicologia e nulla so in materia se non che Freud aveva la barba, che a mio modo di vedere andare in giro a sbudellare qualche NPC non significa diventare saprofagi al di qua dello schermo.

La mia non ha la pretesa di essere una discussione arzigogolata in cui inserire complicate questioni politiche e scientifiche, sia chiaro, ma un semplice spunto di riflessione su un tema che non smette mai di essere bersaglio di illazioni, specie alla luce degli ultimi allarmanti avvenimenti stragisti in America.

“Caratteristica del fesso è vedere le colpe degli altri e scordare la propria” (Cicerone)
Mio nonno mi raccontava che da ragazzino uno dei passatempi suo e dei suoi coetanei (e informandomi ho scoperto che non erano i soli) era quello di tirare sassi agli uccelli. Ora io chiedo a voi: avete mai investito il vostro tempo di fanciulli a tirare pietre agli animali? Io personalmente da bambino gli unici volatili a cui mai abbia sparato sono quelli virtuali di un vecchio bird hunting game – oggi diremmo “vintage” – sul mio ormai passato a miglior vita Macintosh e di cui sinceramente non ricordo più nemmeno il nome. Ma a parte questo ho sempre nutrito rispetto per gli animali e il solo pensiero di poter ferirne uno volontariamente mi fa venire il voltastomaco. Eppure quando sto seduto davanti allo schermo adoro scuoiare le bestie di Far Cry 3 per farne tante belle borsette, per citare un esempio più recente.

Ho una doppia personalità? Non credo proprio. Non è molto più allarmante che un bimbo lapidi un essere vivente? Direi di sì. Eppure non mi pare che nessuno abbia mai convocato un gruppo di esperti per capire quanto fosse influente sulla psiche dei bambini il lancio del mattone.

Oggi però viviamo nell’epoca dell’ipocrisia e dello scaricabarilismo e quindi, a seguito delle ultime stragi made in USA, il presidente Barack Obama, suppongo più per far contento il popolo d’oltre oceano che lo ha appena rieletto, famoso per essere sempre alla ricerca del più facile dei colpevoli da immolare ad agnello sacrificale, ha incaricato il suo vice Biden di riunire un pool di periti in studi sulla psiche umana per farli confrontare con i rappresentanti dell’industria del gaming e capire se la violenza di alcuni dei loro titoli possa tradursi in brutalità da parte dei videogiocatori.

Il meeting è avvenuto lo scorso venerdì ed ha visto la partecipazione dell’Entertainment Software Association, che raggruppa al suo interno alcune fra le maggiori firme, tra cui Microsoft, Square Enix, Ubisoft ed Electronic Arts, accusate di distribuire sul mercato videogiochi ad esso non adatti (fra i vari, sono stati fatti i nomi di GTA, Halo, CoD e Mortal Kombat).
La critica più cocente è venuta, e scusatemi se mi permetto di riderci su, da parte del presidente della National Rifle Association, ovvero l’organizzazione che promuove e sostiene a livello nazionale l’utilizzo di armi da fuoco. Secondo Wayne LaPierre, infatti, quella del gaming sarebbe “a callous, corrupt and corrupting shadow industry that sells, and sows, violence against its own people … through vicious, violent video games” [trad: "una callosa, corrotta e corruttrice industria che vende e dissemina violenza contro la sua stessa gente ... attraverso dissoluti, violenti videogiochi"]. Scusate, ma anche negli Stati Uniti il Natale è finito, vero? Perché qui mi sembra che si sono scordati di riporre via dal presepe il bue che dà del cornuto all’asino. Glielo hanno fatto notare che non è possibile andare a sparare in giro con le scatole dei videogiochi, ma serve che qualcuno metta la pistola in mano al supposto “ragazzo-fuori-di-testa-a-causa-dei-videogiochi”? Non è magari colpa del fatto che in America si possono comprare dei fucili d’assalto come fossero caramelle? Domande a mio avviso retoriche, che però paiono divenire intricati dedali quando a mettersi in mezzo sono i poteri forti.

Ma a parte queste bullshit sparate da chi dovrebbe quantomeno avere il buon senso di rimanre in silenzio con la coda fra le gambe vista l’attuale situazione dei porti d’armi negli States, dalla tavola rotonda fortunatamente sono venuti fuori dati ben diversi, che finalmente ci danno una significativa vittoria morale.

Sono state infatti rese diverse documentazioni dalle quali si ha la dimostrazione scientifica che la violenza giovanile non proviene dai videogame, ma da altri fattori. Al più, l’aggressività dei ragazzi può essere considerata come dovuta in minima parte all’esperienza virtuale, dovendola quindi ricercare in cause diverse.

A me almeno una ne viene in mente. Solo che in America la lobby delle armi ha un potere immenso, politicamente ed economicamente, ed quindi è più comodo prendersela con chi, se proprio vogliamo colpevolizzare le gaming house di qualcosa, si limita a recepire e mettere su piattaforma digitale quella violenza causata da chi su quella violenza ci fa i soldi. I soldi veri.



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