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Robbie ford & bill evans: un’intesa perfetta

Dopo il concerto di anteprima del 30 giugno con i Fabularasa e il jazz targato Puglia, il “Summer Jazz Festival” di Capurso entra nel vivo, con un programma vario e di grande interesse: dal nuovo binomio Robben Ford/Bill Evans alla band di Joe Barbieri, dalla batteria di Manu Katchè agli Abraham inc. con il clarinettista David Krakauer.
del 15/07/10 -

Quattro concerti per quattro serate magiche fino al 15 luglio sul sagrato della suggestiva Basilica di SS. Maria del Pozzo di Capurso. L’ampia piazza in cui ci trova la chiesa rappresenta una location ideale per fruire la musica, consentendo l’ascolto a un vasto pubblico e suscitando l’interesse composto anche di chi non mastica molto jazz.

Ieri sera un duo d’eccezione ha avuto il compito di dare inizio alla rassegna: Bill Evans e Robben Ford. Sono frequenti nell’ambito della musica jazz collaborazioni, anche estemporanee, fra musicisti che mescolano le rispettive esperienze sulla base di affinità a volte anche esili.

Bill Evans ha masticato musica fin da piccolo avendo un padre pianista: comincia con il clarino e poi passa al sax. Negli anni ’80 entra nella sacra corte di Miles Davis e poi suona con McLaughlin ed Hancock. Come tanti altri suoi coetanei si mette ad esplorare e a navigare fra le note dell’hip-hop, del reggae, del funk e, soprattutto, del bluegrass. Quando ha metabolizzato il tutto, nel 2005 pubblica “Soulgrass”, una miscela potente di vari stili, che diventa un po’ il suo biglietto da visita.

Robben Ford ha cominciato a 10 anni con il sax, guarda caso, per poi dedicarsi alla chitarra. Anche lui è stato in una delle innumerevoli formazioni di Miles Davis e ha avuto vari contatti con musicisti del rock, come Gorge Harrison e Joni Mitchell. Ha il merito di avere fondato nel 1977 il gruppo che ha originato gli Yellowjackets.
Del concerto si può dire niente e tutto. Niente se ci si abbandona ai blues elettrici di Robben Ford: chitarra che cerca una parentela con quella di BB King, voce bianca senza pretese ma giusta di tono e sentimento, giri di basso pulsanti e senza soste, stacchi di sax che sciolgono i ritmi; e c’è un tributo a Ray Charles, lento come un inno dolce, saldo come un monumento, con due assolo di Bill e Rob da brivido.

E si può dire anche tutto quando la fusion si manifesta in tutta la sua completezza: il blues scompare per fare poi capolino qua e là in una marea di funky, jazz, e soprattutto bluegrass; si improvvisano duetti serrati fra il sax di Bill e la batteria di Toss Panos o il banjo elettrico di Ryan Cavanaugh; e c’è un tale Etienne Mbappe dal Camerun, dai misteriosi guanti di seta nera, uno dei migliori contrabbassisti sulla scena internazionale, che si inventa delle aperture straordinarie o degli assolo strepitosi, di quelli che non tutti si possono permettere.

E c’è il blues che non ti fa stare fermo il “piedino”, e quel diavolo di Ryan, giovanissimo, che dal banjo a quattro corde tira fuori sonorità che non ti aspetti e le note si levano lente verso il cielo; come il sax (tenore, soprano) di Bill che disegna atmosfere nella notte: sono quei pezzi che non si sa se finiscono, quando finiscono, e ci si augura che vadano avanti all’infinito. Solo pura energia!

E infine (perché una fine c’è, lo dice pure il contratto) appare una sconvolgente versione di “Tutu” di Miles Davis, intensa, profonda, con le atmosfere liquide dei Weather Report: il sax soprano fa le veci della tromba, Bill quelle di Wayne Shorter. Semplicemente stupendo.
Nella sera tiepida un vento leggero e ruffiano spande le note del blues e del jazz sui tetti delle case, alitando.

Gianfranco Morisco



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