Può il Dark diventare Green? 27 Tonnellate: una particella di empatia nell’universo della sostenibilità

Un'azione concreta che testimonia l'impegno e la volontà di credere che ci possa essere un nuovo modello di business e di cultura manageriale che rispetti le risorse.27 tonnellate di CO2 per dare un volto tangibile alla sostenibilità nel nostro settore di appartenenza.
del 04/07/12 -

Poco più di cinque anni fa mi trovai a condurre un meeting aziendale con un cliente “storico” di Net Working che, invece di pensare alla solita passerella di tabelle su numeri che anche “quando vanno bene potrebbero comunque andare meglio” e all’invenzione sempre più faticosa di anno in anno di slogan motivanti e acronimi sorprendenti tutti finalizzati a trasmettere il messaggio che “siamo stati bravi, ma lo dovremo essere ancor di più”, decise orientare il confronto con le proprie persone su un tema veramente ostico ed estremamente coraggioso in una situazione di quel genere: l’Entropia.
Il tema di business era quello della crescita, e l’interrogativo con il quale confrontarsi era centrato su come e quanto un’azienda potesse continuare a crescere a ritmi sostenibili (e soddisfacenti per l’azionista di riferimento) rendendo compatibile tale processo con il consumo equilibrato di energie vitali, incluse quelle umane.
Tengo a precisare che quell’azienda, una multinazionale, a quei tempi non produceva in Italia, che era pertanto una country commerciale.
Pertanto, il taglio con il quale si pensò di affrontare il delicatissimo tema era più simbolico ed evocativo che di tipo prettamente scientifico (non si poteva certamente trasformare un meeting aziendale in un congresso), e sullo sfondo stava uno scenario di resistenza, vale a dire che ci si voleva confrontare su come sarebbe stato possibile far fronte ad un carico di pressione ambientale (in questo caso intendiamo l’ambiente di business) crescente mantenendo e sviluppando un livello di energia adeguata per farvi fronte senza farsi “logorare” sia dal punto di vista personale, che relazionale, emotivo ed organizzativo.
Un bel tema, ed una bella sfida in termini realizzativi e di gestione dei contenuti.
Il luogo prescelto per il meeting, che durò 5 giorni (le business unit utilizzavano quel momento annuale per lavorare al proprio interno su numeri e strategie), fu Berlino; un altro simbolo di trasformazione, una location volutamente prescelta perché innumerevoli volte nella sua storia ha dovuto e voluto ricercare nuovi equilibri che sempre hanno avuto impatto sul resto del Mondo.
Qualcuno starà già pensando: sono finiti i tempi in cui le aziende facevano quelle cose, mio caro, adesso si va al sodo e non si spreca più nulla.
In parte vero: vero che per ora quelle cose non si fanno quasi più, poco vero che si vada “al sodo” (a meno che per “sodo” non s’intendano i quarters che scandiscono l’esistenza del management e l’orizzonte temporale della quasi totalità delle aziende), per nulla vero che non si sprechi più nulla.
Del tutto vero che quei cinque anni sembrano un’eternità: poco dopo è arrivato il buio, l’Entropia ha colpito durissimo ed è iniziata l’era della “Dark Economy”, altro che Green…
Ma non è questo il punto principale, questo già lo sappiamo.
La parte più esaltante di quell’esperienza fu la fase di progettazione, quando con il management dell’azienda si ragionava sui significati e gli impatti che la seconda legge della termodinamica poteva (avrebbe potuto ed avrà) sulle scelte strategiche, i processi decisionali quotidiani ed i comportamenti di un’azienda come quella a quei tempi (per capirci bene, l’azienda esiste ancora, così come il suo management, ed è un caso di grande successo, quindi scettici detrattori, sciamani dell’immediatezza e fanatici del quarter uber alles possono continuare a leggere senza sarcasmi pregiudizievoli).
A beneficio magari proprio di alcuni di questi diciamo che la prima legge della termodinamica dice che l’energia presente nell’universo è costante, non può essere creata e distrutta e quindi può solo cambiare forma. La seconda legge della termodinamica dice quindi che nell’universo tutta l’energia è concentrata e disponibile e si trasforma nel tempo in energia dispersa e indisponibile. L’Entropia è così “semplicemente” l’indice di misura del grado in cui l’energia disponibile in ogni sottosistema si trasforma e diviene per sempre indisponibile nell’universo.
Filosofia che con il management e le aziende non c’entra nulla? Oziose digressioni para accademiche che non vanno al punto in tempi in cui si deve combattere per tirare a campare concentrandosi nell’immediato su quello che c’è di disponibile per garantirsi la sopravvivenza nel breve periodo? Appunto. Fate voi, io vado avanti.
Io grazie a quell’occasione ho imparato cose che hanno fortemente influenzato l’approccio al mio modo di proporre e realizzare il mio lavoro: ho letto decine di libri, esplorato territori a me non abituali ed a volte nemmeno congeniali, ho conosciuto persone con idee strabilianti e sono stato contaminato come avviene sempre in alcuni momenti di svolta intellettuale, con tutti i risvolti che questo ha sulle prassi quotidiane.
Poi, come dicevo, ragionando sugli albori della “Green Economy” e sulle sue ispirazioni per il management, in pochi mesi è arrivata la “Dark Age”, che ha spiazzato i più (buoni e cattivi, ottimisti e pessimisti) spazzando via il sentimento d’invulnerabilità di generazioni di manager ed imprenditori, e quindi basta così, tutti a testa bassa a salvare il salvabile, come artigiani che devono ricominciare da capo dopo che gli hanno svuotato il capannone.
Da allora, pur non avendo avuto più l’occasione di fare cose del genere per i motivi di cui sopra, ho continuato con passione convinta a cercare di comprendere come ed in quale modo la sostenibilità ambientale possa davvero trasformare la cultura manageriale ed il modo di fare business, e naturalmente come i più mi sono convinto che la chiave sia fare della sostenibilità un fattore competitivo. Mi rendo conto, non è una posizione che si distingua per originalità; negli ultimi anni la Harvard Business Review non parla quasi d’altro ed ha dedicato alla questione inserti e numeri speciali nei quali i guru più affermati presentano i loro casi dimostrativi e non c’è convegno, pubblicazione o consesso che non affermi tale posizione quasi come se fosse oramai un assunto. In più, un po’ di anni di osservazione dei risultati permettono agli analisti di valutare il ROI della sostenibilità, per cui avanti così, essere innovativi non comporta sempre avere opinioni originali.
Ed è così che abbiamo deciso di provarci anche noi, aprendo una strada nuova, nel nostro piccolo: abbiamo iniziato redigendo il nostro inventario gas serra per gli eventi outdoor che realizziamo da anni sui campi da golf (Eugolf), da rugby (Gentlemanager) e di regata in canoa (Controcorrente), chiedendo per questi eventi la certificazione di conformità alla norma ISO 14064-3:2006. Abbiamo iniziato da lì, da una serie di eventi che hanno in sé, per come sono nati e strutturati, un’intrinseca sostenibilità, con l’idea di aprire una strada che ci renda più competitivi, come fanno in molti. E’ solo una parte del nostro business, ma è un elemento distintivo che ci caratterizza e al quale teniamo molto.
Ma nel nostro mondo pare che siamo i primi ad averlo fatto, o certamente tra i primi in Italia, e non pensate che sia stato facile: la norma ISO di riferimento è chiaramente pensata e scritta per contesti industriali e non è ancora adatta al momento per cogliere aspetti essenziali di imprese che, come la nostra, sviluppano il loro business nei servizi dove l’immaterialità deve creare valore aggiunto per i clienti.
La stesura del disciplinare è stata piuttosto complessa ed il verificatore stesso, la primaria società al mondo che si occupa di qualità, tra puntiglio e qualche momento di confusione, ha imparato da noi almeno quanto noi abbiamo imparato da loro: bene così, nel business che conta si chiama win-win.
Ma la vera sorpresa per me è stata un’altra, cioè la scoperta che le tre tipologie di prodotto che abbiamo realizzato nel corso del 2011 hanno generato 27 tonnellate di CO2: per me, una quantità stupefacente.
Nella mia colpevole ignoranza mi sono chiesto se i calcoli sulle emissioni non fossero sbagliati, se qualche parametro utilizzato non fosse stato sovrastimato.
Niente da fare: 27 Tonnellate!!! La realizzazione di alcuni eventi di formazione outdoor per loro natura già considerevolmente green, ha comportato la produzione di 27 Tonnellate di sostanze che contribuiscono a formare i gas serra, è come se stando all’aperto e pensando di non inquinare quasi nulla avessimo mandato in giro 3 – 4 camion pieni di sostanze nocive!
E’ stata questa per me la vera illuminazione, quelle 27 tonnellate sono il segno dell’inconsapevolezza del nostro correre verso l’entropia, la materializzazione tangibile di quanto sostiene Jeremy Rifkin , cioè che in questo tipo di modello economico l’aumento di empatia (il nostro lavoro serve a quello) porta ad un inevitabile aumento dell’entropia..
Lo ripeto, forse ingenuamente: per me sapere di produrre 27 Tons. di CO2 a causa di attività che consideravo “green” è stato uno shock, ed è per questo che ho cambiato atteggiamento di fronte alla questione sostenibilità: personalmente non posso più considerarla primariamente un fattore di competitività legato al business, ma un dovere personale legato al business.
Ed è proprio per questo che mi auguro che il mercato ce lo riconosca, sono curioso di vedere se i nostri business partners reagiranno con complimenti di maniera o se integreranno questa nostra scelta, che è un’opportunità anche per loro e a costo zero, nel loro business, come si dice di fare nei convegni ai quali partecipiamo e nei libri che leggiamo, nella cultura manageriale che promuoviamo.
Noi lo abbiamo fatto: siamo usciti dalle parole con quelle 27 tonnellate per dare un volto tangibile alla sostenibilità nel nostro settore di appartenenza, e chiediamo ai nostri clienti e ai nostri partners di sostenerci e di premiarci nella strada che abbiamo aperto.
Questa volta nessun understatement da parte nostra, è una cosa piccola ma l’orgoglio e la consapevolezza sono grandi, le aspettative pure.
Se ce lo potremo permettere compenseremo tutto quello che faremo, senza lasciare nulla indietro; se non ce lo potremo permettere vorrà dire che non saremo riusciti a far capire al mercato la nostra idea di business.
“I grandi cambiamenti della Storia avvengono quando una nuova rivoluzione della comunicazione si coniuga con un nuovo regime energetico e crea un ambiente sociale completamente nuovo”, scrive sempre Rifkin .
Non è forse esattamente ciò che sta accadendo?
La Dark Economy è una fase di questo lungo percorso, stiamo pagando il fatto che abbiamo pensato che la crescita equivalesse ad Empatia, dimenticando che la seconda legge della termodinamica riguarda anche l’economia ed il management.
Si uscirà dal buio molto prima che questo ciclo si completi, ma la “luce Verde” si accenderà soltanto quando l’impatto zero non dipenderà dalla compensazione, ma dall’utilizzo di fonti energetiche diverse, cioè quando l’impatto zero sarà “alla fonte”, “ex ante” piuttosto che “ex post”.
Solo allora la sostenibilità non sarà un fattore competitivo piegato alle necessità della crescita continua, ma un modello di business universale che creerà una crescita diversa.
Da Berlino alle 27 tonnellate, mi sono serviti cinque anni per avere un’opinione forte e consapevole su quanto sta accadendo.
Piccole cose per grandi orizzonti.



Nota
Net Working il 19 Giugno 2012 ha ottenuto da BVI (Bureau Veritas Italia S.p.A.) l’attestazione n° IT244178 di conformità per l’inventario di verifica delle emissioni di gas ad effetto serra in base alla norma ISO 14064-3:2006 per gli eventi Eugolf, Controcorrente e Gentlemanager, dopo avere compensato la produzione di 27 Tonnellate di C02 tramite l’acquisizione di crediti emessi dall’associazione XXXX all’interno del programma XXXXXX

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