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Piccoli imprenditori e assicurati, le nuove banche. Di Nicolò Morachiello

Strangolati da un sistema giudiziario che, di fatto, tutela i grandi debitori, piccole imprese e consumatori in attesa di indennizzo dalle assicurazioni si sono trasformati nelle “nuove banche”.
del 23/10/09 -

«Finché la barca va lasciala andare». Un proverbio che non si può più adattare al sistema giudiziario italiano. Chi per sentito dire, chi per esperienza diretta, molti avranno sentito parlare della lentezza della giustizia italiana.

La realtà, purtroppo, è che una sentenza di primo grado non si fa attendere meno di cinque–dieci anni. Senza considerare gli altri gradi di giudizio. Non c’è tribunale, nel nostro Paese, che sia in condizione di esprimersi in tempi più ragionevoli di questi (forse Trieste, ma il dato è da verificare con compiutezza).

La macchina giudiziaria sembra sul punto di sfasciarsi. Da ogni parte d’Italia gli uffici giudiziari lamentano carenze di personale e di fondi, mentre la "litigiosità", nel nostro Paese aumenta (nell’ultimo trentennio, il numero delle cause è circa quintuplicato). Il guaio è che, nonostante il dibattito sia sempre aperto, non si riescono ad applicare misure adeguate a risolvere la situazione.

Sorge quindi spontanea la domanda: "Chi non vorrebbe una giustizia più efficiente?" Anche i cittadini più ignari possono immaginare la risposta: i debitori, tutti coloro che devono per qualsiasi motivo dei pagamenti ai cittadini ed imprese.

Chi trae vantaggio da questa paralisi del sistema giudiziario italiano sono in primo luogo le assicurazioni che, a fronte di danni molto rilevanti, hanno tutta la convenienza a farsi trascinare in causa. Il ragionamento è più banale e intuitivo di quanto si possa pensare.

Se tutto va male la causa viene vinta dal creditore o dall'infortunato in 5 o 6 anni. Nel frattempo l'elevato livello di liquidità presente nelle casse delle compagnie può rendere alle compagnie anche il 15 - 20% (o anche di più visto la finanza creativa alla quale ci siamo, purtroppo, quasi abituati) o sostenere i titoli azionari in borsa. Nel frattempo il cittadino deve pagarsi le spese mediche e le spese conseguenti sinistri e danni contro i quali sono state stipulate le polizze e pagati anticipatamente i premi assicurativi.

Anche quando la compagnia venga obbligata a risarcire il danno dopo qualche anno, pur con gli interessi e la rivalutazione monetaria (oggi circa pari ad un 5% annuo), avrà un guadagno dato dalla differenza tra ricavi (15-20% annuo) e rivalutazione monetaria e interessi (5% annuo). Per ogni centomila euro pagati con un anno di ritardo il guadagno per la compagnia di assicurazione è insomma di 10 – 15 mila euro.

Ovviamente qui non abbiamo considerato l'eventualità che il giudice, oberato di lavoro, alla fine, dopo anni di processo, possa, errando, anche non riconoscere il diritto al risarcimento, oppure che il soggetto che chiede il risarcimento possa non avere più i mezzi per sostenere il lungo procedimento giudiziario e quindi abbandonare la causa alla prima difficoltà o accontentarsi di risarcimenti irrisori.

In secondo luogo consideriamo le grandi industrie che, valendosi di piccoli fornitori, di fatto, possono permettersi pagamenti ritardati di mesi e a volte di anni (quanto dura un processo).

Prendiamo l'esempio di una grande impresa che si appoggi a 200 piccoli fornitori, nei confronti dei quali abbia debiti per 10 mila euro ciascuno. Ciò significherebbe che, grazie alla lentezza delle procedure per il recupero dei crediti, avrebbe un "tesoretto" di 2milioni di euro.

Perché chiedere prestiti alle banche o al mercato dei capitali? Sono i piccoli fornitori che finanziano la grande impresa e sono loro che devono farsi prestare i soldi dalle banche nel frattempo.

In tutto questo abbiamo per semplicità evitato di considerare il problema dell'IVA, che al momento dell'emissione della fattura la grande impresa generalmente può scaricare, mentre il fornitore deve versarla allo Stato. D'altronde senza fattura niente decreto ingiuntivo e quindi procedure molto più lente per il recupero del credito.

Il ragionamento si può trasporre anche alle banche che minimizzano il rischio perché invece che finanziare la grande impresa, che ha un forte potere contrattuale, finanziano la piccola industria chiedendo garanzie reali e personali che altrimenti difficilmente otterrebbero.

E ci stupiamo che ogni volta che si parla di riforma della giustizia tutto finisca in una bolla di sapone?



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