NFT e proprietà intellettuale - Brevi cenni sul trasferimento del diritto allo sfruttamento commerciale

Di fronte alla crescente popolarità degli NFT, gli stessi professionisti tendono a non avere punti di riferimento. Il topic è estremamente delicato e, intervenuto al Convegno NFTCON22 sulla materia, sono stato chiamato ad approfondire alcuni aspetti in un’ottica prettamente legale. Il seguente scritto è un breve estratto dell’intervento, riassunto nei punti fondamentali. Con questo breve articolo ho voluto stimolare alcuni spunti di riflessione sugli strumenti di valutazione nell’acquisto di opere d’arte digitali e sullo sfruttamento commerciale degli stessi.
del 07/03/22 -

Relatore: Avvocato Samuel Schiaffino – Studio Legale Schiaffino - https://avvocatoschiaffino.it/
Partiamo dal presupposto per il quale, nel momento in cui si trascrive questo articolo, non esiste una norma di inquadramento per gli NFT.
Da ciò sono nati i maggiori fraintendimenti di chi, erroneamente, ha confuso l'atto di proprietà scritto su blockchain, con la titolarità dei diritti inerenti la proprietà intellettuale.
Il problema potenzialmente si pone in via marginale per le singole opere, laddove queste siano esclusivamente un asset digitale. In tali evenienze gli NFT possono considerarsi come proprietà intellettuali liquide, perfettamente sfruttabili economicamente.
Occorre nondimeno fare attenzione alle potenziali insidie. Di fatti, nonostante l’acquisto del token e pedissequa trascrizione su catena di blocchi, potrebbe ugualmente sorgere una violazione del diritto d’autore del creatore originario, laddove con condotte conseguenti si violasse l’eventuale patrimonio IP da quest’ultimo protetto.
Volendo sorvolare su questa ipotesi, sulla base dell’argomento per il quale si richiede il mio intervento, deve quindi analizzarsi l’ipotesi in cui, il bene tokenizzato, sia una copia digitale in esemplare unico di un bene fisico.

Deve quindi farsi una ulteriore distinzione:
- se vi è un trasferimento dell’opera d’arte congiuntamente al token, quest’ultimo assurgerà ad una sorta di “passaporto” dell’opera stessa;
- se invece, come avviene ultimamente con una certa regolarità, vi è esclusivamente un trasferimento dell’opera digitale, avviene una vera e propria scissione delle due posizioni – in ogni caso geneticamente correlate dall’evento formativo -.
In questa seconda ipotesi nascono i maggiori fraintendimenti. Cominciamo con il dire che la Legge d’Autore sul punto è chiara: “La cessione di uno o più esemplari dell’opera (dovendo per quel che ci interessa ricomprendere anche la versione digitale non essendovi differenti statuizioni normative) non importa, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di utilizzazione, regolati da questa legge” (art. 109); e quando tale cessione è invece convenuta, “La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto” (art. 110).
Orbene, eccoci arrivati al punto focale. Per permettere all’acquirente del token di esercitare tutti i diritti di utilizzazione, occorre apposita attività trasmissiva tra le parti; da cristallizzarsi in un accordo giuridicamente rilevante.
Oggetto del diritto d’autore è il bene immateriale (il c.d. corpus mysticum), distinto dal possesso/proprietà del mero supporto sul quale l’opera è fruibile (il c.d. corpus mechanicum) e l’art. 109 Legge Autore mira proprio a valorizzare e a rendere efficace il principio fondamentale del diritto d’autore sull’indipendenza delle facoltà economiche di sfruttamento di un’opera dell’ingegno.


Per queste motivazioni chi ritiene che, per essere completamente tutelato nel caso di acquisto di token digitale da derivare da opera fisica, occorra semplicemente trasferire l’asset tramite blockchain, è in una situazione d’errore.
Tutta la procedura dovrà essere regolata e, d’altronde, i punti di intervento sono molteplici.
Andranno disciplinate, in primis, le condizioni di prima digitalizzazione e trasferimento del bene. Del pari, durante l’attività del “minting”, per favorire la certezza dell’attività intervenuta e dell’originarietà del bene digitalizzato, non potrà evitarsi l’intervento di un professionista incaricato nella veste di “autenticatore” – riprendendo il modello dell’intervento notarile per i trasferimenti immobiliari.
Ciò sulla base della rilevanza che, oggi più che mai, in un contesto di mercato caratterizzato da una consapevolezza sempre maggiore, chi acquista arte lo vuole fare in sicurezza, indipendentemente che si tratti di un asset fisico o digitale. Ossia aspira a poter usufruire, se possibile, di uno strumento di valutazione che assicuri il suo affidamento sull’acquisto, rappresentandogli le caratteristiche principali dell’opera d’arte e garantendogli autenticità, attribuzione, provenienza, stato di unicità.
E questa necessità, logicamente attribuibile a qualsiasi trasferimento giuridico, diviene ancor più avvertita in un settore nel quale non esistono norme cogenti di riferimento, e l’assetto regolatorio deve essere estrapolato de converso dai vari interpreti.
Mi trova perfettamente d’accordo, infatti, chi si riferisce al mondo degli NFT come il nuovo far west. Ossia una terra potenzialmente remunerativa la quale, se affrontata senza i dovuti appigli legali, rende sprovvisti di qualsivoglia tutela.
Di fronte a tale emergente necessità, sono pochi qualificati legali a livello transazionale che contribuiscono a questo processo di acquisizione di consapevolezza giuridico-artistica, affinché l’utente inconsapevole di talune regole non scritte e degli effetti di norme che trasversalmente si trovano nel nostro sistema giuridico, possano progressivamente acquistare in sicurezza, con una piena tutela di tutti i diritti che ritengono e desiderano acquistare. Strumenti come l’autentica del minting, o apposite attività contrattuali, sono presidi importanti per tutelare l’affidamento, l’acquisto e soprattutto il successivo sfruttamento in buona fede, tanto da connotarne un impegno di natura etico-morale e latamente giuridico in termini di aspettativa di diritto.

TASSAZIONE
Infine, sulla base delle varie domande intercorse dalla platea, si è reso necessario anche rilevare con una certa attenzione come gli NFT, generalmente considerati, siano risorse che vanno oltre i diritti di proprietà intellettuale che contengono, presentando anche un centrale ruolo dal punto di vista finanziario.
La situazione è ampiamente dibattuta. Personalmente, sempre in assenza di interventi certi del legislatore, e non volendo accennare nessuna delle tecniche di elusione legali ad ossi in essere – le quali comunque sono un vero e proprio “segreto di Pulcinella” – sono incline a valutare il solo NFT come attività di natura estera. D’altronde la stessa Agenzia delle Entrate, con le sue ultime pronunce, sembra voler propendere per questa situazione, seppur con un’allarmante confusione.
Andrà quindi preso in considerazione l’art. 67, comma c-quinquies TUIR, laddove regola l’attività di compravendita come attività di speculazione finanziaria, applicando una tassazione secca del 26% su ogni plusvalenza generata.

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Per l’approfondimento delle informazioni trattate, può contattarsi l’Avv. Samuel Schiaffino dello Studio Legale Schiaffino presso il form di contatto al sito https://avvocatoschiaffino.it/



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