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La vera dimensione dei club italiani, tra esigenze di bilancio e delusioni europee

Cerchiamo di analizzare i motivi dei recenti flop europei del calcio italiano: non ci staremo sopravvalutando un po’?
del 03/04/09 -

Il fatto che (eccettuata la felice parentesi del Milan nel 2007) negli ultimi anni la Champions League non sia finita nella bacheca di una squadra italiana è un sintomo che la dice lunga sulla situazione reale del nostro calcio.
Negli ultimi anni, infatti, la coppa è stata vinta da squadre inglesi o spagnole (Liverpool, Barcellona e Manchester United), mentre i club italiani raramente sono riusciti a figurare tra le prime quattro d'Europa, raggiungendo le semifinali della competizione.
Questi dati inducono a riflettere sulla reale valenza attuale del calcio italiano, incapace di essere protagonista in Europa come lo era un tempo.
Cos'hanno dunque in più le squadre iberiche e soprattutto inglesi che alle nostre manca ancora?
Si tratta di una questione tecnico-tattica o semplicemente economica?
A mio avviso la verità coinvolge tutti questi aspetti.
Innanzitutto è vero che molti dei grandi campioni del momento (Gerrard, Lampard, Rooney, Torres, C. Ronaldo, Messi, Aguero, Huntelaar) giocano in Premier League o nella Liga, tornei momentaneamente più affascinanti del campionato italiano in termini di gioco e prestigio.
Il punto è che il loro "fascino" in termini di gioco, spettacolo e risultati affonda le sue radici in una situazione economica più prospera rispetto a quella di tanti club italiani.
Non sono poche, infatti, le squadre che, all'estero, dispongono di uno stadio di proprietà, evitando di pagare ai comuni esosi contratti d'affitto e potendo, al contrario, contare sull'esclusività di introiti vari (biglietti d'ingresso, merchandising, bar e negozi all'intero della struttura-stadio).
Il fenomeno degli stadi di proprietà delle squadre non è ancora potuto decollare nel nostro calcio, dato che la lenta burocrazia italiana sta ancora vagliando le diverse proposte ricevute in tal senso (Juventus, Inter, Lazio…).
Anche la pressione fiscale non aiuta le nostre squadre, che si trovano a fare i conti con la finanza italiana, notoriamente più pesante di quelle estere.
Gli svantaggi di tipo economico-finanziario sono sicuramente alla radice dei recenti insuccessi europei delle nostre squadre, dato che fanno si che il campionato italiano sia percepito come meno "affascinante" dai grandi campioni: cosa che aggrava l'impoverimento tecnico della nostra serie A, dove sembra ci siano tanti fenomeni proprio perché, forse, non ce n'è nemmeno uno.
Perché i nostri "fenomeni" si sciolgono come neve al primo sole di primavera, cioè quando inizia la fase a eliminazione diretta della coppa dalle grandi orecchie?
Non è che forse i nostri Ibrahimovic, Del Piero, Totti e compagnia bella sono fin troppo coccolati e sopravvalutati?
E in tal senso, non dovrebbero guadagnare stipendi un po’ più proporzionati ai risultati (scarsi) ottenuti rispetto ai colleghi europei?
Sembra, infatti, assurdo che i calciatori più pagati del calcio continentale giochino proprio nel campionato italiano, economicamente al collasso se si eccettuano un paio di società.
Un calcio che sembra sempre più autoreferenziale e autoriferito, capace solo di vivere di esaltazioni campanilistiche domenicali, ma, ahimè, sempre più raramente di imprese storiche a livello europeo.
Per dire la tua sulla situazione del calcio italiano, vai su Oleole (http://www.oleole.it), il primo grande social media dedicato al mondo del calcio.
Potrai dare libero sfogo alla tua profonda passione per il pallone!



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