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La Roma spiegata e le quattro stagioni

Analisi del campionato 2011/12 della Roma per cercare il perché di una stagione così particolare, sfociata con una delusione. Per farlo cerchiamo di suddividere in periodi ben definiti i vari passaggi stagionali...
del 29/04/12 -

Come tutti i tifosi, ho riflettuto a fondo per spiegarmi il perché di una stagione così particolare della Roma, sfociata con una delusione veramente (almeno per me) impensabile. Per farlo ho cercato di suddividere in periodi ben definiti i vari passaggi stagionali. Vi racconto come la vedo io, dall'inizio alla fine...

1) L'INIZIO E LA PAZIENZA
Molti col tempo hanno fatto fatica a ricordarlo, ma eravamo partiti con poche aspettative per l'immediato. Tutti sapevamo, perché ci era stato ben spiegato, che la "stagione prima", per motivi anche ovvi, non poteva avere grandi pretese. Bene o male, tutti l'avevamo accettato.
La società si è costituita tardi, il mercato è partito tardi e si è concluso in fretta, tutto era nuovo, c'era un mister esordiente, tanti giovani, stranieri che, insieme al mister ad allo staff ancora non parlavano nemmeno l'italiano. Non poteva essere immediato il far capire un tipo di gioco complesso come quello che viene rappresentato come la "proposta di Luis Enrique". Figuriamoci se doveva spiegarlo "a gesti". Il tempo serviva, anche molto tempo.

Quindi: pazienza, pazienza e pazienza! Ci è stato ripetuto fino alla noia: Roma non si costruisce in... "una stagione". E' vero! OK, Accettato!
Partiamo e ingoiamo i primi rospi più o meno bene... e pazientiamo.

2) IL BARCELROMA
Nel mezzo ai bocconi inevitabilmente amari, cominciavamo a vedere sprazzi di bella Roma. Dapprima raramente per partite intere, fino a raggiungere l'apice del bel gioco in questa stagione, secondo me rappresentato dalla partita di Bologna (che era il recupero della prima giornata saltata per sciopero). E' vero, non durò molto questo apice, ma ricordo in modo limpido i discorsi che facevamo, interventi alle radio di tifosi addirittura commossi e orgogliosi di quello che vedevano e quello che riuscivano ad immaginare per il futuro... "se in mezza stagione siamo a questo punto"... in molti l'abbiamo pensato. Eravamo addirittura arrivati a non "vergognarci" nel paragonare, con le dovute premesse, la Roma ad un piccolo Barcellona. Finisce l'anno, passiamo un bel Natale, con l'acquolina in bocca, impazienti di tornare a vedere quella bella Roma che ci faceva sognare. A fine girone d'andata abbiamo fatto 31 punti.

3) LA ROTTURA E LE PAURE
Tra singhiozzi e brutti presagi, tiravamo a campare... risultati alterni, gioco alterno. Ma ogni caduta, anche quelle più brutte, potevano, anzi, avevano anche dei motivi che erano (o almeno sembravano) logici. Ricordo la sconfitta di Genova dove giocammo bene e si perse solo su angolo sciagurato nel tempo di recupero. A Udine brutta prova ma reggemmo, contro una squadra in formissima, fino a pochi minuti dalla fine. Poi Firenze, il primo grande crack: fuori Osvaldo per "punizione", dentro Cicinho, Totti in panca perché al rientro... subito rigore e rosso a Juan, poi altri due rossi con tanto di crisi isterica a Bojan come condimento. Ma con un colpo di coda in Roma-Juve ci riprendiamo, 6 partite senza sconfitta, poi ripartiamo col solito singhiozzo: Cagliari, Inter, Siena, Parma... ed ecco quello che per me è il crack peggiore, quello che veramente lascerà segni indelebili nel cervello dei giocatori (o parte di essi): Atalanta-Roma. Altra punizione disciplinare, quella Famosa per ritardo a De Rossi. Imbarcata clamorosa. Brutta anche perché seguita dal derby perso, il secondo.

Le prime vere paure si sono radicate fortemente nella mente dei giocatori. Si vede anche nelle vittorie, nel gioco che si è preoccupatamente italianizzato e che porta ai due 1-0 di Palermo e Genoa... un brodino che serve almeno per ripartire col nostro famoso "singhiozzo", ma stavolta ha un tarlo: la paura, che spesso si legge in modo tangibile.

4) LA FINE DELLA PAZIENZA
Dapprima c'é Lecce-Roma che ci ha fatto tanto tanto male, poi la prova con l'Udinese che ci faceva quantomeno sperare che il singhiozzo bastasse per arrivare in Champions, grazie anche alle altre squadre in corsa, che non erano certo così tanto migliori di noi. Ma c'é la Juve... e finisce male male male male. Ma ora si gioca in casa - dicevamo - e per ben due partite di fila. In casa di solito facciamo bene... ed allora "Adelante Luis" la Sud è con te!

Ma il tarlo è grande, indelebile. I giocatori (o parte di essi) hanno paura, tanta. Questa volta il tifo casalingo non basta a farla dimenticare. Sono impietriti, subiscono un gol assurdo dopo soli due minuti e fanno un primo tempo veramente indecente. Il secondo tempo cercano il possibile, raggiungono il pareggio, Luis Enrique si gioca l'Allin, ma subiamo gol nel recupero, con un tiro di destro fatto da un mancino, dopo una respinta del portiere sui piedi dell'unico avversario presente in area. E perdiamo.

E questa volta perdiamo tutto. La Champions è quasi irraggiungibile, ci sorpassa anche l'Inter. I tifosi per la prima volta perdono la pazienza e contestano davvero! Perché perdere può anche starci, ma c'é modo e modo di perdere. Non come è capitato oramai troppe volte quest'anno.

MA ALLORA COSA E' SUCCESSO?
E' davvero tutta colpa di Luis Enrique?
Secondo me no. Secondo me Luis Enrique ha molte responsabilità, ma non tutte, anzi, forse nemmeno la maggioranza. Quantomeno le responsabilità del tecnico non sono legate al modulo di gioco... ma bensì alla poca esperienza, forse a quel pugno di ferro che manca, al non riuscire a trasferire ai suoi ragazzi il carattere giusto e la professionalità che invece lui sul campo aveva.

Secondo me le maggiori responsabilità sono dei calciatori. Non dico che sia qualcosa di "prestabilito" o "scientemente voluto" come qualcuno insinua, ma una situazione venutasi a creare col tempo... o semplicemente per limiti oggettivi. Pensando ad alcuni stralci di partita, ho ben chiaro situazioni come ad es. un gol col Cagliari, dove un centrale di difesa fa il fuorigioco e l'altro scappa via (ovvero l'opposto). Si vedono giocatori che provano ancora a seguire i dettami di Luis Enrique ed altri che invece, magari perché intimoriti dai precedenti, cercano di fare di testa propria, col risultato di avere un calderone drammatico in campo e questo non può che portare a sconfitte, a malumori, a litigi, a sconforto, a paure. Se in campo 5 giocatori fanno quel che dice il tecnico e gli altri 5 no, cosa si ottiene? Si ottiene la Roma di adesso... un gran casino e basta.

Il pari col Napoli non aggiunge e nemmeno toglie niente a quanto già visto fino ad ora. Soliti alti e bassi, soliti errori, solita paura... una unica vera nota nuova: una reazione di orgoglio, certo tardivo a 4 giornate dalla fine, ma che avvalora una tesi. E' mancato l'orgoglio, la paura ha spesso appesantito teste e gambe. Personalità per superare situazioni avverse, poca. Tant'é che quanto è mancato Totti, queste mancanze sono diventate quasi totali.

Ovviamente in questa analisi non c'è da salvare la società dalle "colpe". I motivi li abbiamo vissuti, già descritti, e già spiegati nel tempo. Lo stesso Sabatini ha ammesso tante difficoltà, come ad es. Gennaio, dove ci sono stati errori e/o mancati acquisti (anche se non è mai facile pescar bene in quel periodo). Pure Baldini l'ha lasciato intendere più volte che la rosa non è stata completata. Difatti la qualità manca, qualità intesa non come tecnica del singolo, ma come spessore dei giocatori. Nei momenti quando è venuto meno il gioco collettivo, sia per l'attacco che per difesa e centrocampo, la qualità del singolo non ha quasi mai sopperito, se non in sporadici casi.

Cosa accadrà in futuro? Quest'anno purtroppo poco di diverso. Speriamo di riuscire a salvare quel poco che è rimasto e giocare almeno in Europa. Diversamente, soprattutto se le contestazioni continueranno ad aumentare fino a portare rotture grosse, rischieremmo davvero di buttar via anche quello che di buono si era fatto. Perchè qualcosa di buono si era fatto.
Basti pensare che se nel girone di ritorno ripetevamo i 31 punti di quello d'andata, avremmo raggiunto la Champions con la sigaretta in bocca.

Ripeto, tutto male non si era fatto. Forse con qualche giocatore che avesse più valore, più personalità, più esperienza, che ci aiutava a superare quelle grosse trappole incontrate nel percorso, avremmo evitato qualche figuraccia e accumulato quei pochi punticini in più che ci avrebbero fatto sorridere a fine anno, soprattutto ci avrebbero evitato quelle contestazioni che rischiano di minare il famigerato "progetto". Ma allora buttiamo tutto via adesso? Direi di no.

Per il prossimo anno ci aspettiamo i giocatori importanti promessi (quelli sopra invocati, tanto mancati quest'anno) e una decisione sul tecnico (e del tecnico), importante, ma ripeto, non la sola decisiva.



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Emi Romano (Giornalista)
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