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La Morale e i suoi Meccanismi, di Federico Bellini

Il termine Morale in funzione di sostantivo deriva dal latino moràlia ed ha significato quasi coincidente ad Etica, in quest'ultimo caso la morale rappresenta la condotta diretta da norme, ovvero, la guida secondo la quale l'uomo agisce nel quotidiano...
del 25/08/14 -

Il termine morale fa riferimento al greco èthos, comportamento, costume, carattere, consuetudine, acquista anche il significato di principi delle caratteristiche della condotta umana che influiscono sulla collettività (ovvero moralis in latino). Il termine morale, quindi, assurge a valore di ciò che è attinente alla dottrina etica, oppure significa ciò che è attinente alla condotta e quindi suscettibile di valutazione e giudizio. In questa sede verrà usato il concetto di morale come moralità, cioè come assieme di convenzioni e valori di un determinato gruppo sociale in un periodo storico (o semplicemente di un individuo), infatti nell'ambito della morale esistono due correnti fondamentali: la corrente laica e quella spirituale/religiosa. All'interno della speculazione religiosa troviamo la legittimazione e l'efficacia della norma morale come proveniente da Dio, al contrario, nella corrente laica e nella filosofia moderna, si distingue attraverso l'esistenza di norme morali anche in assenza di Dio, dal momento che le norme si basano sulla natura dell'uomo. Il concetto di natura umana risulta, però, ambiguo ed offre un notevole spunto di riflessione per tutta la filosofia morale: Hobbes, ad esempio, riteneva l'uomo come malvagio di natura, mentre Rousseau, invece, ce lo descriveva come un essere buono. In realtà, ciò che caratterizza l'uomo, non sembrerebbe essere la sua realtà ontologica, la sua natura intrinseca, quanto piuttosto il fatto stesso di esistere nel mondo.

L'Etica e la Morale
L'Etica e la Morale indicano, nel linguaggio comune, l'insieme di principi-guida del comportamento umano nella società civile, basti pensare all'etica professionale, il giusto modo di comportarsi eseguendo una professione lavorativa a contatto con altre persone, oppure alla famosa morale contenuta nei finale di molte favole, ossia un insegnamento da trasmettere al lettore. Etica e morale, però, vengono spesso confuse o scambiate come fossero sinonimi, ma non è così e mai come in questo caso la differenza è di notevole importanza. Etica deriva dal greco ethos, parola che non a caso i romani traducevano come habitus, da cui derivano l'abito, il modo di apparire, e l'abitudine, un modo costante di comportarsi e come tutti gli abiti, a indossarli è una sola persona, quindi, l'etica è quella parte di filosofia che si occupa del comportamento di un singolo essere umano nei confronti dei suoi simili. Morale invece deriva anche dal latino mos, l'insieme dei costumi e delle usanze ereditate dagli antenati, perciò la morale è quella parte di filosofia centrata sulle norme di un gruppo, una collettività o anche una civiltà, costruite nel tempo per stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato: fondamentalmente quello che conta è la dimensione quantitativa, perché l'etica riguarda il singolo, la morale riguarda il gruppo. Si sa che spesso i singoli vogliono distaccarsi dalle consuetudini di un gruppo, mentre i gruppi tendono a tenere a freno le spinte dei singoli per non destabilizzarsi, per questo si può essere etici senza seguire la morale della comunità di cui si fa parte, così come si può essere morali - o moralisti - e non avere idea di quale sia la propria etica, ossia la propria idea di giusto o sbagliato, ed è in questo caso che emerge il concetto di Coscienza Morale.

La Coscienza Morale
La coscienza è una funzione generale della capacità umana di conoscere, la coscienza morale è l'applicazione di questa funzione alla conoscenza di aspetti etici. Nell'etica, che presuppone l'esistenza di valutazioni a quella di un soggetto osservatore in cui queste possano formarsi ed esistere, la coscienza morale viene indicata come la capacità di distinguere il bene e il male e di agire di conseguenza. Essa viene legata indissolubilmente alla capacità del soggetto di giudicare sé stesso e indirizzare i propri comportamenti e al conseguente sentimento di soddisfazione o di colpa. Al tempo stesso tale concetto presuppone una legge morale assoluta, alla quale la coscienza attinga il proprio giudizio, la quale alberghi nel fondo dell'anima di ciascun individuo come una verità imperitura. Perciò il concetto di coscienza morale, caro alla filosofia cartesiana e in generale al pensiero spiritualista, è invece trascurato dalle correnti materialiste, che preferiscono interpretare la coscienza in chiave psicologica, psicofisica e neurofisiologica. La coscienza morale è trattata da Nietzsche come il più sublime stratagemma che la morale dei "deboli" (cioè la forma che la morale assume da Socrate in poi, attraverso il giudaismo, il Cristianesimo, il razionalismo etico, fino a Kant ed Hegel) assume per controllare l'azione degli individui come forma di controllo. La coscienza è tema fondamentale nelle filosofie novecentesche, in essa, la coscienza è priva di connotazione morale diretta e diventa concetto puramente astratto, dove la coscienza e la conoscenza diventano quindi strettamente imparentate, anche sulla scia della rivoluzione psicoanalitica. Kant fu uno dei più importanti esponenti dell'illuminismo tedesco, e anticipatore - nella fase finale della sua speculazione - degli elementi fondanti della filosofia idealistica. Ad avviso di molti, uno dei principali meriti della dottrina kantiana è di aver superato la metafisica dogmatica operando una rivoluzione filosofica tramite una critica della ragione che determina le condizioni e i limiti delle capacità conoscitive dell'uomo nell'ambito teoretico, pratico ed estetico. Per Kant la coscienza morale è un tema centrale, e celebre è l'aforisma «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me» dove la coscienza diviene la "voce" che regola la legge morale nelle esistenze umane nei confronti di uno scacchiere cosmico infinito.

Presso l'Induismo, invece, un concetto molto vicino a quello di coscienza prende il nome di Antarayami, il maestro o guru interiore, che guida dall'interno l'aspirante discepolo, manifestandosi come intuizione che fa compiere l'azione giusta. Nell'Induismo in generale la morale mantiene il suo carattere distaccato di mezzo e di purificazione (non è come quella buddhista, in cui conta anche la partecipazione, la compassione, l'amore). Propedeutica della vera conoscenza, trascura le esigenze della vita associata o non vi insiste, ha di mira non i rapporti dell'uomo con la comunità ma dell'uomo con l'assoluto, è pertanto ascetica piuttosto che morale. La morale, quindi, si riduce ad un conflitto tra i desiderio, cioè il richiamo della vita, e la saggezza, cioè il superamento della vita, pertanto, le proibizioni prevalgono sulle ingiunzioni, il peccato interessa più della virtù, e per peccato si intende il prevalere dell'istinto e dell'ignoranza. La vita viene considerata dagli indiani duplice, come sotto una doppia luce e ogni uomo passa per quattro momenti: la giovinezza, quando la continenza dei sensi è d'obbligo; l'età matura, quando col matrimonio e l'operosità attiva si assicura la continuità della famiglia e si assolve il dovere verso gli antenati; la rinuncia, quando giunge la vecchiaia; in ultimo lo stato di vanaprastha, il ritiro nella selva, in un completo distacco nell'attesa della morte. Ma oltre questa vita, vi è l'altro piano, il piano al di là del samsara, lo stato del Brahman, l'isolamento definitivo dell'Anima da ogni contatto o suggestione dai vincoli della Materia. Questo stato si consegue non con l'azione ma con la cessazione dell'azione e ogni nostra attività deve quindi essere volta al supremo bene (naihsreyas), che coincide con l'arresto e il superamento del samsara.

La Morale antica e l'Immortalità dell'Anima
In questo ottica, anche i movimenti religiosi più antichi hanno ritenuto necessario, per esplicare e giustificare il concetto di salvezza, la formazione di un pensiero forte dell'Anima, e tale formazione comincia con la concessione all'uomo mortale dell'immortalità. In questo modo si offre un senso alla vita mortale: se, infatti, l'Anima è immortale, e viene solamente ospitata in corpi mortali, essa non potrà che compiere il cammino assegnatole attraverso un'indeterminata pluralità di corpi. Da ciò nasce la dottrina della metempsicosi, che, nella sua forma iniziale, ritiene l'Anima moralmente neutra, senza rapporti con la vicenda della colpa, della purificazione e della salvezza. È solo scontrandosi con le esigenze della salvezza che questa dottrina si carica, necessariamente, di una forte valenza morale; infatti, l'unione di anima e corpo, di ciò che è puro e ciò che è impuro, di ciò che è imperituro e quindi divino con ciò che è mortale e quindi terrestre, costituisce un decadimento della parte superiore dell'anima stessa. Ci si avvia verso l'idea che ha reso il mondo senziente, pensante e sofferente: l'idea che siamo mortali e imperfetti (ma tutto sommato con un non-so-che di Assoluto che ci rivela la nostra vera e ben più nobile, nonché nobilitante, origine) perché dobbiamo aver combinato qualcosa di così brutto (quello della colpa è uno dei concetti, insieme a quello di responsabilità e coscienza.

I meccanismi della Morale
La società si preoccupa di se stessa, ad essa non importa che si divenga dei conoscitori di noi stessi, gli importa che diveniamo una parte efficiente del meccanismo della società, in sostanza dobbiamo adattarci allo schema. Cercano di darci un Ego compatibile, ci insegnano una morale e la morale comporta il darci un Ego compatibile con la società, insomma, un cane che si morde la coda! Se sei immorale, in un modo o nell’altro, sarai sempre un disadattato, ed è per questo motivo mettiamo i criminali in prigione: non perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato, non perché la prigione possa aiutarli a migliorare, anzi, perché semplicemente essi non sono compatibili con il sistema. Le persone che escono dal sistema sono fonte di problemi hanno ego particolari che la società non approva, perché se un uomo ammazza qualcuno viene etichettato come è un assassino, ma lo stesso uomo, in tempo di guerra, può uccidere migliaia di persone diventando un grande eroe. La società risulta, quindi, disturbata da un delitto, però se il delitto deve essere commesso negli interessi della società, in questo caso è pienamente accettato. La società, in realtà, non si preoccupa della moralità e la moralità presuppone semplicemente che ci si debba adattare alla società stessa. Se la società è in guerra, la morale cambia, se la società è in pace, esiste una morale diversa: la morale, quindi, è politica sociale, diplomazia e ogni bambino deve essere allevato ed educato in maniera tale da rientrare negli schemi della società. La società, per contro, crea un ego, perché l’ego può essere controllato e manipolato, la società gli dà un centro, e il bambino a poco a poco, si convince che quello sia il suo vero centro: l’ego che gli dà la società. Se un bambino torna a casa ed è risultato il primo della classe, tutta la famiglia ne sarà felice. Verrà abbracciato, baciato, lodato e i genitori si sentiranno orgogliosi di lui, in questo modo gli viene fornito un ego, un ego sottile. Ma se il bambino torna a casa deluso, sconfitto, non ce l'avrà fatta, oppure è stato messo nell’ultimo banco, nessuno gli farà complimenti, si sentirà rifiutato e la prossima volta ci metterà più impegno, perché il suo centro è stato scosso. L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento, in cerca di qualcuno che gli faccia delle lodi. Ma questo centro è falso, perché porti in te stesso il tuo vero centro. Ognuno di noi è nato con questo vero Sé, quindi abbiamo due centri, uno nostro che ci è stato dato dall'esistenza stessa (il Sé) e l'altro creato dalla società (l'Ego), e quest'ultimo è una cosa falsa, un grandissimo stratagemma. Attraverso di esso la società ci controlla, perché devi comportarti in un certo modo, perché solo in questo caso la società ti apprezza. Devi camminare in un certo modo, devi ridere in un certo modo, devi assumere un certo comportamento, avere una morale, un codice. Solo così la società ti apprezzerà, e se ciò non accade, il tuo ego ne sarà sconvolto. E quando l’ego viene scosso, tu non sai più dove sei, non sai più chi sei.

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