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In cosa consiste l'analisi del rischio sismico

Il rischio sismico è la valutazione probabilistica relativa a un edificio che tiene conto che si verifichi o venga superato un certo livello di danno sia in termini economici che in termini di vite umane...
del 22/10/21 -

Il rischio sismico è la valutazione probabilistica relativa a un edificio che tiene conto che si verifichi o venga superato un certo livello di danno sia in termini economici che in termini di vite umane. Tale rischio viene calcolato prendendo in considerazione l’intensità e la frequenza dei terremoti precedenti nella stessa zona.

Pericolosità, vulnerabilità ed esposizione

I fattori che fanno sì che l’Italia abbia un rischio sismico elevato sono gli elevati gradi di pericolosità sismica (per frequenza e intensità dei fenomeni passati), vulnerabilità (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) ed esposizione (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo).

I fattori che vanno a determinare il grado di rischio sismico sopra descritto sono tre:

  1. pericolosità sismica che è legata a dove sorge l’edificio e quindi legata sia all’accelerazione stabilita dalla normativa e dal tipo e morfologia del terreno presente. L’accelerazione della normativa comunque viene desunta da dati statistici, cioè dall’analisi storica di un determinato luogo e dalle caratteristiche geologiche del terreno

  2. vulnerabilità sismica che dipende dal tipo di edificio, da come è stato costruito, dalla tipologia strutturale vale a dire se è un edificio in muratura, a telaio in c.a. o in carpenteria metallica. In funzione di questo si stabilisce se un edificio risulta più o meno vulnerabile alla sollecitazione sismica.

  3. grado di esposizione che dipende da cosa c’è all’interno dell’edifico, cioè se questo edificio “contiene” normalmente tante persone oppure se ha un certo valore a livello architettonico, oppure se è un edificio che ha importanza strategica ai fini della protezione civile come, per esempio, ospedali o edifici della protezione civile.

Tutti questi tre fattori, che possono essere quantificati, concorrono a stabilire il grado di rischio sismico.

Questi dati sono confermati anche dai numeri del passato. In Italia si contano, infatti, oltre 160.000 vittime causate da un sisma in poco più di un secolo.

Nello specifico, la pericolosità è la probabilità che si verifichi un terremoto che abbia un’intensità superiore alla soglia di picco fissata. Questo numero rappresenta la frequenza e la forza con cui i terremoti si presentano di una certa zona. Tale valore dipendente solo ed esclusivamente dalle caratteristiche fisiche del territorio.

L’esposizione è invece la possibilità che un’area subisca un certo danno in termini economici, di vite e di beni culturali.

La vulnerabilità è invece la rappresentazione numerica della predisposizione di una costruzione a subire danni in caso di sisma. Più questo valore sarà alto, più ci sarà probabilità che l’edificio subisca dei danni o crolli.

Pericolosità ed esposizione sono due valori dove non è possibile intervenire. E’ possibile invece farlo sul terzo parametro, la vulnerabilità. Si può farlo attraverso interventi di prevenzione che siano atti alla messa in sicurezza, appunto, degli edifici vulnerabili

Per calcolare la vulnerabilità si deve prendere in considerazione la capacità di resistenza dell’edificio e la richiesta di resistenza prevista dalla Normativa Tecnica. Se il suo valore è maggiore o uguale a 1 la valutazione è positiva; è invece negativa se l’indicatore è minore di 1.

Il rischio sismico nel territorio italiano

L’Italia è caratterizzata da frequentissime scosse di forte intensità. Queste, mediamente ogni 6/8 anni, causano gravi danni sia in termini di vite che in termini di danni strutturali ed infrastrutturali.

Solo negli ultimi 30 anni si sono verificate circa 150.000 scosse.

Anche una recente ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) supporta la tesi dell'elevato rischio sismico sul territorio nazionale. L’INGV ha infatti monitorato ed analizzato i dati dei terremoti del 2020. Dal lavoro di ricerca è emerso che nello scorso anno i terremoti in Italia sono stati ben 16.597. Ogni giorno sono stati registrati mediamente 45 sismi, circa uno ogni trenta minuti.

Come si esegue l’analisi del rischio sismico di un edificio?

La determinazione e l’analisi del rischio sismico è un’azione che si esegue prendendo in considerazione la capacità di resistenza della struttura e la richiesta del sisma in termini di resistenza e/o spostamento.

L’analisi è di tipo più qualitativo se si basa sulle caratteristiche degli elementi costitutivi o è legata all’aspetto numerico se viene svolta con sistemi di calcolo lineari e non.

Nell’analisi del rischio è importante che i vincoli delle strutture (pilastro-trave, trave-tegolo, pannelli di tamponamento, ecc) presenti nella struttura dell’edificio siano verificati con accuratezza.

L’analisi si svolge prima attraverso un’indagine conoscitiva ed un’analisi storico-critica che prende in considerazione la caratterizzazione meccanica dei materiali. Si prosegue poi con un’analisi strutturale ed una determinazione della vulnerabilità del sistema strutturale esistente.

Al termine di tutti passaggi si esegue in relazione della valutazione dei tre fattori sopra decritti. È una valutazione parzialmente qualitativa in quanto esistono dei valori tabellati che non sono deterministici ma hanno un range di scelta.

La classe di rischio sismico di un edificio

Dalla valutazione del rischio sismico si determina la classe di rischio sismico. Questa è compresa in un range di valori che vanno da A+, classificazione che si attribuisce quando c’è un basso rischio per l’edificio, fino alla classe G, valore adatto quando vi è un alto rischio.

Come si può determinare la classe di appartenenza? Esistono due metodologie differenti: c’è il metodo convenzionale e il metodo semplificato. Il primo metodo, quello convenzionale, consente un’analisi analitica/deterministica della classe di rischio in quanto è subordinata all’analisi della struttura a livello ingegneristica tramite analisi ad elementi finiti atta a determinare l’accelerazione massima sismica che un edificio può sopportare. Restituisce un valore numerico (la grandezza dell’accelerazione massima) che rapportata a quella massima stabilita dalla normativa per quel determinato sito dà la percentuale di resistenza. In questo caso è possibile capire qual è la classe reale del rischio sismico.

Il metodo semplificato invece prevede delle operazioni da mettere in atto. Per esempio, per gli edifici industriali prescrive questi tre interventi obbligatori per avere un salto di classe:

  1. collegare tutti gli elementi prefabbricati fra di loro

  2. collegare alla struttura principale i pannelli di tamponamento

  3. mettere in sicurezza impianti e/o scaffalatura che possono provocare danni e crolli di elementi strutturali durante il sisma a causa del loro collasso)

Il metodo convenzionale è prestazionale, mentre il metodo semplificato è prescrittivo.

Appare quindi evidente come l’elevato rischio sismico, specialmente in territori così soggetti a terremoti come l’Italia, implichi l’impiego di particolari ed accurate azioni di prevenzione che abbiano come obiettivo la messa in sicurezza le strutture, gli edifici, le merci e, di conseguenza, anche le persone.

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