Immobiliare: la crisi spinge verso l'affitto con riscatto, la nuda proprietà e le vendite dirette dal proprietario

Le ripercussioni della crisi sul mercato immobiliare sono evidenti. Nonostante l'evidente calo dei prezzi delle case, le famiglie che cercano casa puntano comunque al massimo risparmio. In aumento l'acquisto (e le vendite) di nuda proprietà, di immobili in asta e di case senza mediazione di agenzia, in vendita diretta dal proprietario e da costruttori. In aumento anche la soluzione dell'affitto con riscatto (rent to buy), principalmente a causa del blocco dei mutui.
del 03/12/13 -

Il “Rent to buy” (affitto con riscatto) e la nuda proprietà sono due formule di contratto immobiliare in costante aumento. Il primo consente di affittare casa con la promessa del futuro acquisto, recuperando in parte o in toto i canoni versati. Il secondo permette al proprietario di vendere casa continuando ad abitarla fino alla morte. A spingere l’utilizzo di queste formule alternative di contratto immobiliare la difficoltà delle famiglie ad accedere al mutuo e la crisi economica. Anche molti costruttori, dovendo fare i conti con il proprio invenduto, stanno sempre più convertendosi al “Rent to buy”. In aumento anche le vendite dirette per evitare il ricorso, e il costo, degli agenti immobiliari.

Da dati statistici pubblicati di recente si evince che l’offerta di affitto con riscatto è cresciuta soprattutto nelle grandi città, da un minimo del 13% di Napoli a un massimo del 25% di Milano, a fronte di una domanda in crescita addirittura del 40%.

Dovendo comprare casa le famiglie, questo il punto, cercano il massimo risparmio, rincuorate anche dal progressivo calo dei prezzi registrato negli ultimi due anni. Si spiega così l’aumento di ricerche di immobili messi all’asta, di nude proprietà e di case in vendita diretta dal proprietario o dal costruttore, per risparmiare quanto meno sulle spese di mediazione delle agenzie.

L’ultimo dato Istat sui prezzi registra nel secondo trimestre 2013 quotazioni in discesa di quasi il 6% su base annua, con un trend negativo che dura da cinque anni e che ha visto le quotazioni diminuire in termini reali del 20-25 per cento. Un calo che non è stato ancora sufficiente a far riprendere gli scambi: secondo l’agenzia delle Entrate, sempre nel secondo trimestre, le compravendite sono diminuite del 9,3 per cento. Con un trend in frenata rispetto ai periodi precedenti, ma che comunque si va sommare al crollo del 25% del 2012.

La crisi frena la possibilità di spesa delle famiglie, il calo dei prezzi scoraggia chi ha sempre visto nella casa un investimento sicuro anche nel medio periodo, mentre l’inasprimento fiscale sugli immobili, insieme al blocco dei mutui, ha finora impedito il cambio di rotta nel mercato immobiliare. Dal 2007 al 2012 si è registrato un crollo di oltre il 60% delle erogazioni dei mutui, da 62,7 miliardi a 24,7 miliardi; e nei primi sei mesi del 2013 c’è stata una ulteriore flessione del 18%. Considerando una quota di risparmio annuo di circa il 30% del reddito, secondo l’Ance, nel 2007 servivano tre anni per mettere da parte i soldi per la “quota contante” necessaria per comprare casa; nel 2013, invece, ce ne vogliono circa otto. Questo anche perché si è ridotta sensibilmente la quota di mutuo concesso rispetto al prezzo della casa.

Ecco che si capisce perché l’interesse per l’affitto con riscatto non è una moda del momento, ma una valida alternativa a fronte di un mutuo inaccessibile. Il “Rent to buy” permette al potenziale acquirente di accumulare, attraverso il versamento di un canone mensile, il capitale iniziale che poi gli consentirà di accedere a un mutuo. Non in tutti i casi, sia chiaro, ma per una quota di famiglie può essere almeno una forma di “accompagnamento”, oggi sostenuta da numerose associazioni di categoria come Confedilizia e Notariato, che però chiedono un miglior inquadramento giuridico. Tra le proposte del Consiglio nazionale del Notariato, inoltre, c’è l’introduzione di un credito d’imposta sui canoni versati prima della vendita, così da evitare una doppia imposizione per la parte di canone che va a comporre il prezzo d’acquisto finale.



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