Il Microbioma

Le nostre viscere ospitano un gran numero di batteri noti collettivamente come il 'microbioma', ma non è del tutto chiaro quale sia l'impatto della dieta sulla composizione di questi minuscoli organismi.
del 01/04/15 -

"Mangia come un cacciatore-raccoglitore preistorico e sarai sano", questo è il pensiero dietro alle cosiddette diete paleo. Ma un nuovo studio suggerisce che gli esseri umani che vivono nelle società industrializzate non hanno lo stomaco adatto a tollerare una vera dieta di cacciatori-raccoglitori. Rispetto a questi, gli intestini dei popoli industrializzati hanno meno tipi di microbi e sono privi di almeno un importante gruppo di batteri ancestrali.

I nostri corpi sono la patria di migliaia di miliardi di batteri, ma non è chiaro come la dieta possa incidere sulla composizione di questi microrganismi. Alcuni studi hanno rilevato differenze tra i tipi di batteri intestinali nelle persone obese e magre, mentre altri hanno dimostrato che i cacciatori-raccoglitori hanno diversi batteri intestinali rispetto alle persone del mondo industrializzato. Una differenza non banale visto che proteggeva le comunità pre-agricole dalla malattia di Crohn e dal cancro del colon.

Uno studio recente ha evidenziato la presenza di una tipologia batterica, il Triponema, come figura centrale del bioma dell'intestino dei cacciatori-raccoglitori che risulta essere totalmente assente nell'intestino dell'uomo nella moderna società industrializzata. Secondo i ricercatori il Treponema "è indice di un elevato livello di diversità microbica” che sembra essere l'elemento fondamentale per una serie di vantaggi e implicazioni per la salute dell'ospite. "Ciò che sta iniziando ad emergere è che il microbioma intestinale diversificato è un elemento fondamentale per mantenere la versatilità e la capacità di recupero dell'intestino" spiega Christina Warinner, antropologa alla University of Oklahoma e co-autrice dello studio. Una volta che si perde questa diversità cominciano ad aumentare i fattori di rischio d'infiammazione e altri problemi. Cercare di mangiare come i nostri antenati può non essere sufficiente in quanto manca il batterio ancestrale necessario per la digestione della dieta paleo.

Ma allora come risolviamo il problema? Prima di tutto il concetto che emerge da questi studi è quello dell'importanza del mantenimento di un microbioma quanto mai diversificato, cercando d'indurre la formazione di un habitat idoneo sopratutto a quei batteri che sembrano essere benefici. Questo si ottiene attraverso un'alimentazione sana a base di alimenti probiotici che si ottengono attraverso una dieta di prodotti integrali, ricca in fibre e prevalentemente vegetariana. La ricerca continua a fare nuove scoperte su cibi probiotici come quella recentemente pubblicata sulla rivista Food Research International, che indaga sulla funzione probiotica benefica delle pere di Bartlett e Starkrimson. L'azione delle pere mostra anche benefici funzionali nella gestione dell'iperglicemia, ipertensione e sul controllo del batterio dell'ulcera Helicobacter pylori.

Ma se il consumo di cibi probiotici aiuta a mantenere un sano equilibrio microbico intestinale l'uso di alimenti, principalmente derivati dai processamenti industriali, può incidere molto negativamente sul corretto bilanciamento della flora intestinale. Occorre dunque evitare i prodotti alimentari trasformati, raffinati e gli alimenti derivanti da allevamenti animali confinati (CAFOs: Concentrated Animal Feeding Operation ). Infatti, nei CAFOs, per la inevitabile carenza igienica dovuta al sovraffollamento, si fa uso massiccio di antibiotici. Gli animali di questi allevamenti vivono in condizioni confinate innaturali e depressive della naturale attività fisica, della salute del sistema nervoso e di quello immunitario. Questo uso indiscriminato di antibiotici incide molto negativamente sulla flora intestinale del consumatore generando uno squilibrio che e' all'origine di numerose patologie dell'uomo moderno.

Oltre ai CAFOs, tutta l'industria alimentare fa un uso massiccio di antibiotici. Questa tendenza sta lentamente regredendo in base alle nuove conoscenze sui danni prodotti da questa cattiva consuetudine, tuttavia ci vorranno anni prima che la regolamentazione in materia di produzione alimentare possa cambiare adeguatamente. Abusare degli antibiotici, inclusi quelli prescritti per la salute, è veramente una cattiva abitudine. Oltre a creare le condizioni pericolose per la proliferazione di batteri resistenti agli antibiotici, si va a incidere pesantemente sull'equilibrio della flora batterica intestinale con il conseguente aumento delle disfunzioni e patologie associate. Questa cattiva abitudine si ripercuote anche sul corretto funzionamento ed efficienza del sistema immunitario. Diverse ricerche suggeriscono che la composizione di questo complesso ecosistema microbico è strettamente legato alla nostra funzione immunitaria. Alcuni ricercatori sospettano che, oltre a proteggerci dalle infezioni, uno dei ruoli del sistema immunitario è quello di coltivare, o 'allevare' i batteri utili ai quali ci affidiamo per tenerci sani. Sembra infatti che, proprio la mancanza del ruolo anti-infiammatorio deputato ad alcuni membri della flora batterica possa essere la causa d'insorgenza di alcune patologie come il morbo di Crohn.

Oltre all'uso degli antibiotici, i cibi prodotti dall'industria vengono arricchiti di zuccheri semplici ed emulsioni che possono incidere sulla composizione della flora intestinale. Ingredienti come il polisorbato 80, la lecitina, la carragenina, i poligliceroli, lo xantano e altre 'gomme' vengono utilizzati per migliorare la consistenza e la longevità di molti alimenti presenti sugli scaffali dei supermercati, di gelati e prodotti da forno, di condimenti per insalate, hamburger animali e vegetali, latte non-caseario. Studi recenti suggeriscono che questi ingredienti possono contribuire alla crescente incidenza dell'obesità, della sindrome metabolica, e della malattia infiammatoria intestinale interferendo con l'equilibrio microbico del tratto gastrointestinale.

E' infatti ormai chiaro che esiste una stretta correlazione tra qualità e varietà del microbioma, salute e longevità. Molti nuovi studi hanno cominciato a individuare determinate specie di batteri intestinali che sembrano avere funzioni e competenze specialistiche nel prevenire le malattie.
Proprio per questo, nel 2012, il National Institutes of Health (NIH) ha completato la prima fase del progetto microbioma umano, uno sforzo enorme per catalogare e capire la funzione dei microbi che abitano i nostri corpi. Il microbioma varia notevolmente da un individuo all'altro e può cambiare rapidamente nel corso del tempo in un singolo individuo.
L'enorme variabilità microbica tra le persone ha infatti costretto gli scienziati a ripensare il modo di come funzionano queste comunità. Mentre pochi anni fa si pensava ci fosse un nucleo di microbi umani adattati a vivere nell'intestino e che questo fosse comune a tutti, ora c'è una maggiore propensione a ragionare sulle funzioni, sia generali che specifiche, soddisfatte da popolazioni eterogenee di microbi.
E' stato osservato che lo squilibrio della flora batterica intestinale coinvolge un numero sempre maggiore di patologie. Ad esempio, alcune ricerche suggeriscono l'esistenza di un legame tra alcuni tipi di batteri e la quantità e qualità del grasso corporeo, in particolare quello addominale, che produce una risposta infiammatoria che contribuisce alla disfunzione metabolica associata con l'insulino resistenza e il diabete di tipo 2.

L'alimentazione umana diventa dunque una scienza sempre più qualitativa che quantitativa. Non e' sufficiente incidere sulle calorie o sull'equilibrio tra lipidi, carboidrati e proteine ma occorre allargare il campo d'azione alla conservazione della qualità e composizione della flora intestinale, all'etnia, al luogo in cui si vive, agli orari in cui si mangia e al bilanciamento di micronutrienti che, oltre a prevenire le tipiche disfunzioni alimentari come l'obesità ed il diabete, possano incidere sui tumori, le patologie infiammatorie e, da come risulta da una recente ricerca sulla dieta MIND, anche su patologie apparentemente non correlate come l'Alzheimer.
Non resta che concludere che l'alimentazione è decisamente importante per il benessere del corpo e della mente e che, mai come oggi, appare sempre più veritiera la dicitura: “sei quello che mangi”.



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