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Il femminismo nel XXI secolo

Breve excursus sul femminismo dal 1700 ad oggi.
del 13/09/12 -

Chi non si è mai posto la domanda se il femminismo sia solo di sinistra o possa appartenere anche alla destra partitica? La risposta è riconducibile al contrasto tra Anna Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff. Entrambe femministe, entrambe donne armate, linguisticamente parlando e preparate per il notevole bagaglio culturale personale. Le strategie di conversazione con il pubblico delle due donne era, però, notevolmente diverso. La Mozzoni, classe 1837 traccia una linea maginot sulla conoscenza delle donne, soprattutto in ambito borghese, le quali volevano lavorare, acclamavano a gran voce il diritto allo studio negli istituti superiori per poi poter accedere alle più disparate professioni, fino ad allora una chimera perché prettamente maschili. Designava come fondamentale veder riconosciuti, alle donne, i diritti civili e politici. In netto contrasto con la Kuliscioff, impegnata in un femminismo socialista, che si batteva contro lo sfruttamento dei lavoratori e all’interno della classe lavoratrice e poneva in primo piano l’abuso lavorativo delle donne e dei bambini.
Due donne, che agli albori del ‘800 si battevano per delle parole che non erano molto usate in quel periodo. Incalza ancora la Mozzoni chiedendo a gran voce una riforma radicale, che investa la famiglia, la società, il rapporto tra i sessi, la mentalità. Mozzoni e Kuliscioff due pioniere, due donne da far west, rimaste inascoltate nelle loro battaglie per la parità di diritti tra uomo e donna. Fuori dei confini dell’Italia altre donne si battevano nella medesima epoca. Olympe de Gouges con ‘La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina’ pose la società contemporanea (1791) di fronte al ruolo negato nello spazio pubblico. Eroina, la de Gouges, venne arrestata per queste sue dichiarazioni e ghigliottinata.In quegli stessi anni, l'inglese Mary Woolstonecraft scriveva nella sua ‘Rivendicazione dei diritti della donna’ che era ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne, di restituirle la dignità perduta e di far sì che esse, in quanto parte della specie umana, operino riformando se stesse per riformare il mondo’.
Queste donne, spesso con ideali diamentralmente opposti non sono state una linea guida per le femministe arrabbiate degli anni 1970. Il femminismo si trasformò in una protesta polemica e arida, fatta di scontri e di lotta violenta. Venne chiamato in mille modi, venne snaturato, incompreso. Non ci sono stati passaggi graduali, come avviene in tutte le trasformazioni di carattere politico- sociale, ma un tuffo nel vuoto della chimera denominata anche ‘parità di diritti’. Le leggi furono dettate, a chiosa, degli interventi e il tutto, nuovamente scritto dagli uomini, con leggi fatte dagli uomini che dovevano essere indossate dalle donne con il massimo della gratitudine. Fatto questo breve exsursus su un mondo notevolmente più complesso torno al titolo del breve resoconto storico riguardante il femminismo. Il femminismo dovrebbe essere apartitico, perché la richiesta di parità di diritti dovrebbe intraprendere una strada unica, quella della lotta ad ogni discriminazione.
E come scrisse Simone de Beauvier: ‘Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo: è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna.



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