Il diritto del paziente ad una completa informazione

E’ idoneo il consenso informato rilasciato attraverso la sottoscrizione di un completo modulo prestampato, integrato dal medico ogniqualvolta sia carente in relazione alle peculiarità della cartella clinica.
del 26/01/15 -

Il caso che si commenta, ribadisce ancora una volta il diritto del paziente ad essere completamente informato sul tipo di trattamento terapeutico da affrontare e sulle sue valide alternative.

Benchè se adeguatamente informato il paziente potrebbe rifiutare l’intervento e quindi evitare il danno alla salute, l’accento che si pone a sostegno della validità del consenso informato, da verificare caso per caso, non è tanto sulla lesione del diritto alla salute, pur sempre realizzata, ma quanto sulla lesione della libertà di autodeterminazione. In buona sostanza pur non potendo esserci risarcimento del danno alla salute, ove il paziente non dimostri il nesso causale tra l’omessa informazione e il pregiudizio a detto bene, il medico può ben essere chiamato a risarcire il danno da lesione della libertà di autodeterminazione.

E’ in sintesi quanto ha affermato la Corte di Cassazione in una sua recente decisione allorchè ha ritenuto che la violazione del diritto all’autodeterminazione sia stata causa di precisi pregiudizi in capo ai ricorrenti.
Questi ultimi avevano agito nei confronti dei medici e dell’ente ospedaliero per il risarcimento dei danni subiti a seguito di un intervento effettuato dalla moglie. La stessa, infatti, dopo essere stata informata sull’esito irreversibile dell’operazione e una volta rassicurata circa l’impossibilità di ulteriori gravidanze, si sottoponeva ad un intervento di sterilizzazione. Confidando pertanto nella buona riuscita dell’operazione, la ricorrente non aveva in seguito adottato alcuna misura anticoncezionale. Tuttavia nonostante la suddetta operazione, la donna rimaneva comunque incinta e portava a termine la gravidanza con parto bigemellare. Pertanto i coniugi versando in una situazione di grave disagio economico, soprattutto alla luce della sopravvenuta necessità per l’attrice di dovere lasciare il lavoro, agivano nei confronti dei medici e dell’ente ospedaliero da un lato per avere mal eseguito l’intervento di sterilizzazione e dall’altro per avere omesso di informare gli attori sul rischio di insuccesso che tale intervento presentava con conseguente possibilità di recupero della fertilità.

Soccombenti nei primi due gradi di giudizio le richieste dei coniugi trovavano ristoro nella decisione dei Supremi Giudici che ribadendo quanto già espresso nelle proprie precedenti pronunce, ha affermato che il consenso oltre ad essere personale, specifico ed esplicito, deve altresì essere effettivo e quindi non presunto. Nel caso in esame poi la Corte ha affermato che un’informazione parziale, cioè limitata al solo carattere “irreversibile” dell’intervento, non è soltanto insufficiente, ma addirittura fuorviante: l’informazione al paziente deve essere completa e dunque contemplare tutte le possibili conseguenze, anche indesiderate dell’intervento.
AVV.GIUSEPPE CAPONE



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