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Fobia sociale e disturbi del movimento (balbuzie, tremore essenziale e morbo di Parkinson)

Giuseppe Ruffolo e Giulio Perugi, psichiatri, discutono delle possibili relazioni intercorrenti fra fobia sociale ed alcuni disturbi del movimento.
del 15/08/07 -

Lo studio dei rapporti tra disturbi del movimento quali balbuzie, tremore essenziale e morbo di Parkinson da una parte e disturbi d’ansia dall’altra è relativamente recente. In particolare la Fobia Sociale (FS), ancora nel 1985, veniva definita da Liebowitz e coll. come una condizione misconosciuta. Recentemente, tuttavia, si è sviluppato un crescente interesse su questo disturbo. La migliore caratterizzazione sul piano epidemiologico, nosografico e clinico della FS ha ricevuto infatti un notevole impulso dai risultati favorevoli ottenuti con i trattamenti farmacologici, in particolare con gli antidepressivi inibitori specifici del reuptake della serotonina (SSRI).
Il disturbo compare nelle classificazioni internazionali dei disturbi mentali (Diagnostic Statistic Manual o DSM, dell’American Psychiatric Association ed International Classification of Diseases o ICD, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) a partire dagli anni ‘80 ed è caratterizzato dalla paura e dall`evitamento di situazioni nelle quali l`individuo è esposto al giudizio degli altri, per il timore di mostrarsi imbarazzato, di apparire ridicolo ed incapace o di comportarsi in modo goffo, inopportuno ed umiliante. Così definita, la FS è relativamente comune, ha generalmente un decorso cronico, spesso invalidante e si associa frequentemente a complicanze quali depressione, abuso di alcool e condotte suicidarie.
Nel DSM IV, la diagnosi di FS non è prevista quando la paura è focalizzata su sintomi correlati ad una condizione medica (ad esempio, paura di tremare per chi soffre di Morbo di Parkinson o di tremore essenziale benigno, paura di balbettare in soggetti balbuzienti etc). Il manuale, infatti, esclude esplicitamente la diagnosi di FS se la paura é correlata primariamente all’esibizione di tremori o sintomi extrapiramidali in situazioni pubbliche; analogamente viene esclusa nei pazienti che balbettano. Questa limitazione è stata criticata da molti perché può inavvertitamente condurre a non riconoscere e trattare alcune forme di ansia sociale gravi ed invalidanti; ciò in considerazione del fatto che comportamenti inibiti in determinati contesti, uso di alcol o sostanze a scopo disinibente e socializzante, insicurezza in situazioni interpersonali o sociali, percezione di sé stessi come inetti ed inadeguati di fronte agli altri, oltre a rappresentare una fonte di disagio notevole per il paziente, costituiscono fattori in grado di predisporre allo sviluppo di complicanze quali depressione ed abuso di alcool e/o sostanze.
Liebowitz e coll. (1985) hanno descritto per primi alcuni casi di FS “secondaria” a malattie fisiche, tremore essenziale benigno, balbuzie e Morbo di Parkinson. In seguito, Stein e coll., (1990) hanno confermato che è frequente il riscontro di ansia sociale marcata in soggetti affetti da Morbo di Parkinson descrivendo, in questi pazienti, numerose situazioni fobiche non strettamente limitate alla paura di mostrare in pubblico i segni del disturbo neurologico. Nel 1994, George e Lydiard hanno riportato numerosi esempi di comportamenti fobico-sociali secondari a patologie disabilitanti. Sempre nel 1994, Oberlander e coll. hanno presentato otto casi clinici nei quali i livelli elevati di ansia sociale risultavano legati a patologie mediche disabilitanti; infine, Stein e coll. (1995) hanno riportato come circa la metà degli adulti che soffrono di balbuzie soddisfi i criteri per la diagnosi di FS.
Sebbene non tutti i soggetti sofferenti di balbuzie vadano incontro a FS, un numero particolarmente elevato di essi riporta altre fobie oltre a quella di balbettare in pubblico.I dati sistematici su casistiche cliniche adeguate, tuttavia, sono ancora scarsi e manca un’analisi affidabile dei rapporti intercorrenti tra FS e condizioni mediche disabilitanti, sia sul piano clinico che su quello della risposta ai trattamenti farmacologici.

Balbuzie
I rapporti esistenti tra balbuzie e FS non sono chiari ed i dati sulla prevalenza di questo disturbo in soggetti balbuzienti sono ancora limitati; è però evidente, nella pratica clinica, come spesso le due condizioni possano coesistere. Studi sulla personalità dei soggetti affetti da balbuzie dimostrano come questi siano dotati di sensibilità interpersonale spiccata e siano meno assertivi se confrontati con gruppi di controllo (Cohen e coll., 1975, Sermas e Cox, 1982, Greiner e coll., 1985); queste caratteristiche, ad oggi, sono considerate dimensioni psicopatologiche caratteristiche della FS.
Per i balbuzienti l’ansia rappresenta un fattore che influenza fortemente la fluidità dell’eloquio (Bloodstein, 1987). Tale fluidità diminuisce nel caso che il soggetto debba parlare di fronte a persone che ritiene “superiori” (Sheehan e coll., 1967) al contrario migliora nettamente nel caso di dialoghi con bambini o addirittura nel parlare da soli a voce alta (Ramig e coll., 1982); inoltre, la riduzione dei livelli di arousal è di fondamentale importanza nel migliorare la fluidità dell’eloquio (Van Riper, 1973).
La balbuzie incrementa il disagio derivante dal dover parlare in pubblico in situazioni quali le recite scolastiche, il dialogare con sconosciuti, il conversare telefonicamente etc. Nella maggior parte dei casi tali difficoltà sono motivate da esperienze negative realmente vissute, quali l’essere stati oggetto di scherno o ridicolizzati in alcune occasioni (Perkins, 1984; Bloodstein, 1987).
Stein e coll. (1996) hanno osservato come una percentuale variabile dal 44% al 75% (a seconda dei criteri utilizzati più o meno restrittivi) di un campione di 16 adulti ricorsi a cura per il problema della balbuzie soddisfacesse la diagnosi FS; non emergeva inoltre un rapporto diretto tra la gravità del disturbo dell’eloquio e la gravità della sintomatologia fobica ed ansiosa.
Sono stati condotti vari studi farmacologici controllati con placebo (Brady, 1991) alfine di verificare l’efficacia di beta-bloccanti (Rustin e coll., 1981), meprobamato (DiCarlo e coll., 1959), aloperidolo (Wells e Malcom, 1971; Prins e coll., 1980) e fenelzina (Liebowitz e coll., 1988; Oberlander e coll., 1993, 1994). Nessun trattamento si è mostrato più efficace rispetto al placebo ad eccezione della fenelzina, che è risultata parimente efficace nel trattamento della FS. Sono stati utilizzati dosaggi variabili da 45 mg/die a 105 mg/die con miglioramenti evidenti alla 4a-6a settimana e mantenuti 6-7 anni (Oberlander e coll., 1994). E’ dunque ipotizzabile cha anche altri composti più sicuri e maneggevoli come gli SSRIs (ad esempio paroxetina e fluoxetina), utilizzati con successo nella FS, possano essere impiegati nella balbuzie. A questo proposito potrebbero risultare interessanti ricerche controllate che valutino l’efficacia di questi farmaci nel trattamento dell’ansia sociale associata alla balbuzie e le conseguenze dell’impiego di questi composti sul disturbo del linguaggio.

Tremore Benigno Essenziale
Alcune evidenze cliniche ed osservazioni naturalistiche suggeriscono che nei soggetti affetti da tremore essenziale siano spesso presenti disagio ed evitamento in situazioni sociali, tali da giustificare una diagnosi di FS.
Koller e coll. (1989) riportano come questo tipo di tremore sia spesso identificabile in soggetti ansiosi. Al pari della balbuzie anche il tremore essenziale è peggiorato da livelli d’ansia elevati e dallo stress (Genko e coll., 1986), mentre può essere alleviato, almeno temporaneamente, da benzodiazepine, betabloccanti ed alcol (Thompson e coll., 1984).
E’ opinione comune che i soggetti affetti da tremore evitino spesso, come i fobici sociali, di mangiare o scrivere in pubblico a causa dell’imbarazzo provato. Se il tremore si riduce anche l’evitamento di queste situazioni diminuisce, senza però scomparire del tutto (Koller e coll. 1986). Non esistono comunque dati sistematici sull’associazione tra tremore essenziale e FS, come pure sull’efficacia in entrambe le condizioni di trattamenti quali IMAO o SSRI. Non è chiaro infine se i beta-bloccanti agiscano riducendo il tremore o migliorando l’ansia di performance o entrambe le componenti.

Morbo di Parkinson
Esistono alcuni studi che indicano la frequente presenza di FS nei pazienti con Morbo di Parkinson (Stein e coll., 1990; Berrios e coll., 1995; Richard e coll., 1996).
Al fine di valutare la prevalenza e di determinare l’importanza dei distrubi d’ansia nei soggetti affetti da Parkinson, Stein e coll. (1990) hanno studiato 24 pazienti (5 donne e 19 uomini; età variabile da 31 a 70 anni) affetti da questa malattia. Su 9 soggetti che risultavano soffrire di elevati livelli di ansia, 4 soddisfacevano i criteri della FS ed altri 3 lamentavano chiari segni di ansia sociale, verosimilmente legati alla consapevolezza della presenza dei sintomi neurologici e all’imbarazzo che ne derivava. La frequenza elevata con la quale le due condizioni si presentano associate potrebbe però anche sottendere una patogenesi comune.
La FS è l`unico disturbo d`ansia in cui sono state rilevate delle indicazioni, per lo più indirette, di un possibile coinvolgimento del sistema dopaminergico. E` stato, infatti, ipotizzato che il rilascio di dopamina a livello centrale regoli il livello di estroversione (King, 1986). Questa ipotesi sembra confermata da alcune osservazioni di laboratorio sull’animale che riportano ridotti livelli di attività dopaminergica in ratti con inibizione delle interazioni sociali (Mayleben e coll., 1992; Tancer, 1993).
Per quanto riguarda le osservazioni sull’uomo, è stata notata la comparsa di sintomi fobico-sociali dopo assunzione di neurolettici in pazienti con sindrome di Gilles de La Tourette (Mikkelson e coll., 1981). Ritiro sociale ed introversione sono tra gli effetti collaterali comportamentali del trattamento a lungo termine con neurolettici tipici, anche nei pazienti psicotici. All`opposto, sono stati riportati casi clinici in cui la somministrazione di inibitori del reuptake della dopamina (buproprione) (Emmanuel e coll., 1991) e dopaminoagonisti (ropinirolo e pramipexolo) (Perugi e coll., dati non pubblicati) si è dimostrata efficace sulla sintomatologia fobico-sociale, in particolare se associata a depressione.
Le evidenze derivate da questi studi, sebbene questi presentino chiari limiti di specificità, appaiono concordanti nel suggerire la presenza di un`alterazione del sistema dopaminergico nella FS. Altre ricerche, che hanno impiegato metodiche d`indagine maggiormente specifiche, hanno invece fornito risultati contrastanti: uno studio di challenge mediante levodopa non ha infatti rilevato differenze significative fra pazienti con FS e controlli sani per quanto riguarda i livelli plasmatici di prolattina (Tancer, 1993). Una ricerca più recente, condotto tramite SPECT, ha invece valutato i siti di ricaptazione della Dopamina nel SNC di 11 pazienti con FS: la densità dei siti di ricaptazione della Dopamina nello striato dei pazienti è risultata significativamente inferiore a quella dei controlli sani (Tiihonen e coll., 1997).
Nel complesso, pertanto, le evidenze sin qui disponibili suggeriscono l`esistenza di una relazione tra livelli centrali di dopamina ed estroversione e la presenza di un`alterazione funzionale del sistema dopaminergico nei soggetti con FS. Questo potrebbe rappresentare il substrato a comune, almeno in parte, con il Morbo di Parkinson.
L’ansia sociale può rappresentare un disturbo invalidante nei pazienti con Morbo di Parkinson e sembra rispondere favorevolmente ai trattamenti con SSRI (Stein e coll., 1990); potrà inoltre risultare interessante valutare l’efficacia di composti ad azione dopamino-agonista.

Conclusioni
Lo studio dei rapporti tra malattie fisiche inabilitanti ed ansia sociale è ancora in fase iniziale. Rimane ancora da chiarire se nei pazienti con disturbi del movimento esista realmente una maggiore prevalenza di FS rispetto ad altre malattie croniche. Al momento ciò sembra essere confermato solamente per il Morbo di Parkinson. In molti casi, tuttavia, l’ansia sociale sembra contribuire in maniera rilevante alla disabilità del paziente.
Le varie esperienze riportate sono indicative di una risposta favorevole ai trattamenti con SSRI ed alcune osservazioni preliminari con dopamino-agonisti appaiono promettenti. Queste considerazioni incoraggiano quindi il medico a riconoscere e trattare ansia e fobie sociali in queste popolazioni cliniche, in particolare quando la sintomatologia neurologica è attenuata e quella ansiosa sproporzionata rispetto all’entità del disturbo fisico.


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