Le 10 tecniche SEO da evitare nel 2020 – Prima parte

La SEO è spesso contradditoria, complicata, e molte delle competenze si acquisiscono con esperimenti ed errori: ma spesso, quando comproviamo efficacia e risultati di questi ultimi, gli algoritmi sono già cambiati… Ed allora cominciamo ad evitare di disperdere fatica e budget per azioni ormai obsolete e totalmente inutili nel 2020!
del 24/07/20 -

1. Pagine “one keyword”
Se torniamo ai tempi in cui gli algoritmi Google non erano avanzati come quelli attuali, ci ricorderemo come anche la minima variazione nelle keyword di ricerca producesse risultati spesso totalmente differenti. Quindi cosa facevamo noi SEO? Andavamo a creare delle pagine specifiche in risposta ad una determinata keyword… Così, se ad esempio volevamo ben posizionare un sito di vendita notebook per il lavoro, realizzavamo pagine differenti per: “notebook per il business”, “notebook professionali”, “notebook per ufficio” e via dicendo, tutte con contenuti praticamente identici ma differenti parametri di pagina (titolo, meta-tag, ecc…).
Ma da quando Google ha introdotto l’algoritmo Hummingbird tra il 2013 ed il 2014, l’intento di ricerca è diventato l’aspetto predominante: oggi, se cerchiamo le differenti query indicate sopra come esempi, avremo grosso modo gli stessi risultati. Quindi evita di continuare con una tecnica ormai superata, concentrandoti piuttosto su pagine che rispondano a differenti “topic”, argomenti, e non keyword specifiche.

2. Keyword density
Ancora oggi è comune l’idea che ripetendo più volte una determinata keyword all’interno del testo di una pagina, Google comprenda meglio di cosa essa parla e quindi la posizioni in modo più efficace. Si arriva a pagine dove si può contare una percentuale di testo superiore al 5% consistente in una determinata parola chiave… magari in grassetto o, peggio, sottolineata.
Bene, certamente la presenza di una determinata keyword continua ad essere un elemento di ranking importante, ma l’importanza di una sua ripetizione all’interno dei tuoi contenuti è ormai un concetto appartenente al passato: fin dal 2011 Mat Cutts (Google) dichiarò che non solo un’alta keyword density non portasse alcun valore in termini di ranking, ma potesse addirittura condurre a delle penalizzazioni. Diremmo da evitare, no?

3. Lunghezza dei contenuti
Persiste nella comunità SEO l’idea che una determinata pagina debba contenere almeno un “tot” numero di parole per performare bene in termini di ranking: prima si parlava di almeno 1000 parole, che poi sono raddoppiate, per stabilizzarsi oggi a metà strada intorno alle 1500 parole… In effetti c’è una correlazione tra lunghezza del testo e posizionamento, ma il primo non è da intendersi quale fattore determinante per il secondo: semplicemente, è probabile che un testo più lungo fornisca maggiori informazioni e, di conseguenza, venga identificato come qualitativamente più elevato rispetto ad un breve paragrafetto. Ma tutto deve essere contestualizzato. Per determinati argomenti, la lunghezza corretta per un testo esaustivo può essere di 500 parole, oltre si rischierebbe di complicare la UX o compromettere la qualità della pagina, ma magari per altri potrebbero non essere sufficienti 10000 parole… Risulta quindi impossibile definire una specifica lunghezza del contenuto come fattore di ranking, meglio confrontarsi con i competitor meglio posizionati su Google per individuare la miglior forma per i tuoi testi.

4. Link web 2.0
Parliamo cioè dei link di bassa qualità più diffusi. Spesso acquistabili su siti quali Seoclerk o Fiverr, questa tipologia di link sfrutta contenuti generati da utenti (tipicamente nei commenti degli articoli, delle foto o dei video) per “spammare” e creare una rete di link di bassissimo profilo. Già nel 2005, Google introdusse il parametro “nofollow” per evitare che questa tipologia di link potesse danneggiare una determinata pagina web, scoraggiando di fatto tale tecnica senz’altro rapida ed economica ma, al tempo stesso, priva ormai di alcuna utilità. I link web 2.0 su siti come WordPress.com, YouTube o altri canali sono ormai solo un potenziale rischio di ricevere penalizzazioni manuali verso il tuo sito.

5. Anchor iper-ottimizzate
La link juice (vedi questo articolo del 2019) offerta da un anchor text iper-ottimizzata è davvero notevole, non c’è alcun dubbio, ma può essere pericolosa. Un esempio di anchor text iper ottimizzata è il seguente: “se stai cercando un agente immobiliare Monza…” oppure “per organizzare al meglio il tuo matrimonio avrai bisogno di acquistare fiori matrimonio e di negozi per vendita abiti da sposa…“. Se da un lato è un forte segnale di ranking (se posizionato su siti autorevoli e in contenuti coerenti), dall’altro non tiene conto del fatto che oggi Google è in grado di classificare al meglio un determinato link analizzandone il contesto, quindi leggendone il contenuto circostante, la pagina ove è posizionato ed il contenuto di destinazione. Ciò può quindi comportare una identificazione negativa di link con anchor iper-ottimizzate, che vengono letti come non naturali e parte di un preciso schema di link (da sempre scoraggiato da Google…) e possono quindi portare ad una penalizzazione algoritmica.

Nel prossimo articolo vedremo altre 5 tecniche che ti sconsigliamo di applicare, o di applicare in modo intelligente e calibrato: a volte la verità sta nel mezzo, quindi evita di abusarne ma utilizzale solo in determinate situazioni, controllandone quasi in “tempo reale” efficacia e rischi.



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