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La Tombola napoletana

Stiamo per entrare nel periodo Natalizio, sicuramente quest’anno sarà un po’ diverso, ma cercheremo di mantenere le nostre tradizioni.
del 27/11/20 -

Natale a Napoli tra le tante cose, significa giocare a Tombola, magari quest’anno ci organizzeremo un po’ tutti con i vari social. Inizieremo riaprendo e prendendo dai vari mobili e cassetti il grande tesoro, riposto con cura l’anno scorso, ossia cartelle, cartellone, panariello e numeri, strumenti necessari per dare inizio al grande rito della tombola. Un momento particolare quello della tombola , si gioca mentre si attende la mezzanotte, mentre si aspetta la nascita del giorno nuovo e di un anno nuovo, nella speranza che porti più fortuna.

Non può mancare il rituale controllo dei numeri sul cartellone, nel caso ne dovesse mancare uno tra i 90 legati alla smorfia napoletana, si inizia una contrattazione per quanto far costare ogni cartella, cosi da poter stabilire le varie vincite, e sulla importantissima decisione di chi magicamente e come un oracolante, debba estrarre i numeri dal panariello.

L’estrazione dei numeri non è una cosa semplicissima. Qui non ci limitiamo a tirarli fuori e nominarli, ma raccontiamo una storia che deve legare quasi a mo di racconto improvvisato tutti e i 90 numeri, racconto che viene fatto esclusivamente in lingua napoletana.

Ma in realtà come e perché è nata la tombola? La tombola nacque nel 1734 , grazie all’ingegno proverbiale dei napoletani, per raggirare un divieto di Re Carlo III di Borbone. Il Re aveva ufficializzato il gioco del lotto nel Regno di Napoli, cosi da poter incrementare le entrate casse del ragno, ma uno dei suoi più fidati consiglieri, il frate domenicano Gregorio Maria Rocco, lo riteneva invece un gioco amorale ed ingannevole. Allora si arrivò ad un compromesso, il sovrano vietò il gioco durante le festività natalizie, cosi che i napoletani non si distraessero dalle preghiere. Il popolo però non voleva rinunciare al gioco del lotto, e a non poter tentare la fortuna, cosi trovarono uno stratagemma. Si organizzarono in maniera più discreta e familiare, i 90 numeri del lotto furono rinchiusi in un cestino di vimini, chiamato il panariello, e furono disegnati i numeri su delle cartelle, trasformando il gioco pubblico, in un gioco più intimo e familiare.
Il termine tombola, nasce grazie alla forma cilindrica del pezzo di legno dove è impresso il numero e dal suo rumore che si crea nel panariello, grazie al fatto che di tanto in tanto viene fatto roteare per smuovere i numeri all’interno.

La magia un tempo era data dai femminielli, persone uniche a metà tra il genere maschile e quello femminile. Termine creato dalla lingua napoletana, utilizzato per descrive un personaggio importantissimo per la nostra cultura, attaccata in maniera viscerale alle sue origini a metà strada tra la spiritualità pagana e saggezza popolare. Quasi una divinità che racchiude l’animo maschile e femminile, colui che conosce in maniera perfetta tutti e due i mondi, l’unico che per tradizione, essendo puro e al di sopra delle parti, può spiegare il significato dei numeri estratti dal panariello, proprio perché considerato spiritualità del popolo e portatore di buona fortuna, ossia la ciorta.

Oggi ne esiste ancora una versione quasi riveduta e corretta, della tombola dei femminielli, diciamo una versione moderna che è la Tombola Vajassa, sempre molto colorita con doppi sensi ammessi e graditi fatti con allegria e leggerezza, ma ove tutti possono partecipare, rispettando il concetto di convivialità.
La tombola è una vera tradizione è un modo per riunirsi e perché no imparare “Pazzianno e Ridenno” qualcosa sulla nostra identità e sulla nostra cultura popolare. Che resta da dire più… ah si, l’inizio del rito viene annunciato con una frase che è la tradizione, magari per qualcuno un po’ troppo colorita, ma si sa, la tradizione è tradizione e và rispettata. Allora tutti pronti “chest è a man e chist è…!”



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