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A Parigi biopolimeri sotto i riflettori

Al Convegno sulle bioplastiche di Parigi era presente per Polimerica il Prof. Antonio Casale. Questo il report completo dell'evento. Al pari della prima edizione del novembre 2006, anche la seconda edizione del Convegno sulle bioplastiche, organizzato a Parigi il 21 e 22 novembre dall’European Bioplastics, ha registrato un grande successo.
del 04/12/07 -

Al convegno hanno partecipato 315 esperti del settore provenienti da tutte le parti del mondo (Europa, Asia, America ed Australia). Particolarmente nutrita la delegazione asiatica. Per contenere la manifestazione in due giorni, considerato l’elevato numero di relatori, 45 quest'anno, sono state organizzate sessioni plenarie e sessioni parallele. Al convegno era anche abbinata una esposizione a cui hanno partecipato 26 tra aziende ed enti che hanno esposto le loro ultime novità.Guidare lo sviluppoNel discorso di apertura il Dr. Herald Käb, Chairman dell’European Bioplastics, ha sottolineato i punti fondamentali per un rapido sviluppo delle bioplastiche. Tra questi una sufficiente e continua fornitura di materiali, sia per incremento delle capacità degli attuali produttori che per l’entrata di nuovi operatori. La mancanza di capacità può frenare infatti lo sviluppo dei biopolimeri.Un secondo aspetto riguarda l'ampliamento dei settori di utilizzo di questi materiali, che a sua volta richiede un miglioramento delle loro proprietà. Diversi relatori hanno riportato che, attualmente, in molti casi le proprietà dei materiali esistenti non sono sufficienti per coprire le prestazioni richieste da applicazioni nei settori dei beni durevoli. Questo concetto è stato ripreso anche dal rappresentante dell’EuPC, nella prima sessione plenaria.In relazione alla necessità di garantire una continua fornitura di biopolimeri, R. Büchele, della Roland Berger Strategy Consultant nel presentare una panoramica sul mercato connesso con le strategie ambientali, ha messo in evidenza come sia necessario costruire nuove capacità nei prossimi 3-5 anni per soddisfare la domanda e catturare opportunità internazionali. I punti essenziali sono ridurre il time to market, sviluppare nuove bioplastiche, migliorare i metodi di produzione, arrivare ad una definizione condivisa su cosa siano le bioplastiche per le implicazioni politiche che possono avere errate interpretazioni.Dagli studi da loro effettuati, risulta che la quota di mercato delle società europee scenderà dall’attuale 40% al 25%, soprattutto per la crescita della Cina. E’ quindi necessario impostare delle azioni per ridurre questa inevitabile erosione.Gestire i rifiutiOltre ai due punti citati da Kaeb, è stato messo in evidenza che anche la corretta gestione degli scarti, con i conseguenti riflessi politici, può giocare un ruolo importante. In una tavola rotonda tenuta tra rappresentanti di associazioni di diversi stati membri è emerso che oggi non esiste ancora una politica comune. Ad esempio, esistono ancora notevoli differenze di trattamento degli scarti organici tra gli stati membri. Così, in Belgio non è possibile recuperare i biopolimeri insieme con l’umido e scarti vegetali , mentre questo è possibile in Olanda, dove il 70% degli imballaggi nei supermercati è a base di biopolimeri. Nella discussione è emerso che l’Unione Europea offre più supporto ai biocarburanti che non ai biopolimeri. In relazione a questo punto, il rappresentante del Ministero dell’Agricoltura francese ha ricordato che è stato bocciato dalla Commissione Europea, con il supporto di molti Stati membri, l’articolo di legge che obbligava all’utilizzo di shoppers a base di biopolimeri. A seguito di questa decisione, oggi i diversi paesi si stanno orientando verso una politica di riduzione o eliminazione delle tasse sui biopolimeri. E’ stata, quindi, auspicata la formazione di un network tra i diversi paesi per studiare e proporre una strategia comune. Cosa sono i biopolimeri?In questo contesto è stato richiesto da più relatori di chiarire in maniera “ufficiale” cosa si intenda per bioplastiche. Le diverse interpretazioni tra polimeri biodegradabili e polimeri da fonte naturale creano equivoci tra gli utenti e possono creare problemi anche a livello legislativo. Oggi l’interpretazione più condivisa è quella di includere tra le bioplastiche sia i materiali biodegradabili indipendentemente dalla materia prima utilizzata, sia i polimeri da fonte rinnovabile, indipendentemente dal livello di biodegradabilità.Mercato in forte crescitaL’European Bioplastics ha presentato le ultime stime sulla capacità globale di produzione di bioplastiche. In base a queste stime la capacità dovrebbe aumentare di sei volte entro il 2011 (vedi figura).L’aspetto più importante che emerge da questi dati è l’incremento notevole della quota delle bioplastiche da risorse naturali, non biodegradabili, che passeranno dal 12% attuale al 38% nel 2011. Questo concetto si sta sempre più allargando. Anche il rappresentante della Japanese Bioplastics Association ha sostenuto che “strong follow wind for Bio-based Plastics as the key material for the Establishment of Sustainable Society worlwide”. Sembra, quindi, che acquisti sempre più importanza il principio dell’utilizzo di fonti naturali (con conseguenti vantaggi ambientali e svincolo dalle problematiche relative al petrolio) rispetto al concetto di biodegradabilità. Il relatore dell’IFEU (Institute for Energy and Environmental Research), trattando delle problematiche ambientali degli imballaggi in acido polialattico (PLA), ha sostenuto che nel medio termine il riciclaggio di PLA dovrebbere essere un obiettivo da raggiungere. Anche altri relatori, più coinvolti dal punto di vista produttivo, hanno sostenuto che il riciclo permette un miglior utilizzo delle risorse che non il compostaggio. Lungo questa linea c’è da segnalare che due società hanno annunciato di essere vicine alla produzione di bio-poliolefine. La Brasiliana Braskem sta costruendo un impianto da 200.00 t/a di bio-polietilene da zucchero e la americana Cereplast, accanto alla sua linea di prodotti compostabili a base di amido e PLA, sta entrando in produzione con un bio-PP e sta studiando due gradi di bio-PE di cui uno ad alta resistenza all'urto. Ovviamente la biodegradabilità rimane di fondamentale importanza per certe applicazioni nel packaging e nell’agricoltura, come sottolineato da Mater-Bi.Previsioni a più lungo termine sono state presentate da vari relatori. Sono sempre molto positive, anche se presentano una certa oscillazione. La JBPA, ad esempio, prevede che le bioplastiche possano raggiungere nel 2020 una quota del 20% sul totale del consumo delle materie plastiche. Il relatore della Rohm and Haas , citando uno studio della SRI Toyota Motor Company, ha fatto una previsione di 20 milioni di tonnellate di biopolimeri per lo stesso anno. Secondo Purac, il mercato potenziale per il solo PLA per il 2020 è stimato in 15 milioni di tonnellate. E’ stato, peraltro, segnalato che uno sviluppo troppo rapido nel breve periodo potrebbe causare problemi, particolarmente in riferimento ai prezzi di grano, mais ed altre materie prime.
Materiali in vetrinaI principali produttori hanno presentato i loro prodotti e le ultime innovazioni. Molti dettagli sono stati dati su ciclo di vita e le proprietà ambientali dei diversi materiali. Per quanto riguarda i prodotti da amido, Biotec ha presentato interessanti risultati raggiunti con una tecnologia di reactive extrusion per favorire la miscibilità tra amido e poliesteri. L’australiana Plantic ha presentato numerose applicazioni di imballaggi rigidi e flessibili. Questi packaging presentano una eccezionale barriera all’ossigeno e, nello stesso tempo sono facilmente disperdibili in acqua. Nel settore dei PHA, si stanno cercando di realizzare i primi impianti industriali. Telles, dopo la creazione della joint-venture tra Metabolix e ADM, ha confermato che è partirà nella seconda metà del 2008 l’ impianto da 50.000 ton/anno in costruzione negli USA. Ha anche presentato le caratteristiche della loro nuova gamma di prodotti (denominati Mirel). La Brasiliana PHB Industrial ha riaffermato l’impegno nella produzione da zucchero di omopolimeri e copolimeri di PHB e di studi di questi materiali in miscela con altri biopolimeri o fibre naturali, ma non ha fornito dettagli su quantità disponibili, tempi e costi. Secondo dati presentati successivamente da Tianan, la capacità attuale dovrebbe essere di 50 ton/anno. Anche la cinese Tianan ha presentato la propria attività nel settore. Oggi è in funzione un impianto da 1.000-2.000 ton/anno di cui è prevista l’espansione a 10.000 ton nel 2009 e a 50.000 nel 2011. I prezzi, che sono attualmente di 4,4 dollari al chilogrammo dovrebbero scendere con l’espansione della capacità rispettivamente a 4 e 3,52 dollari.Per quanto riguarda i polimeri da biomomomeri è già stato accennato all’attività di Braskem e Cereplast. Anche DuPont ha presentato la propria gamma di prodotti.Novità nel PLAIl maggior numero di presentazioni riguardavano il PLA. Ne è uscito un quadro molto interessante. In linea con quanto auspicato da Kaeb nella sua introduzione, sono state presentate molte attività che consentono di migliorare questo polimero in maniera sostanziale, permettendone la crescita anche nel settore dei beni durevoli. Per questi polimeri esistono oggi sul mercato monomeri e tecnologia impiantistica messe a punto da società non interessate alla produzione del polimero, che possono consentire l’ingresso di nuovi produttori, abbattendo i costi di ingresso. Sono intervenuti, oltre a NatureWork (il maggior produttore mondiale di PLA), anche la Purac, che produce acido lattico, Inventa che ha sviluppato l’impiantistica per la polimerizzazione e diversi produttori di masterbatches, che hanno presentato linee di prodotti specifici, inclusi pigmenti e colori, che consentono il miglioramento delle caratteristiche di questi polimeri. Tra i produttori di masterbatches si possono citare Sukano, PolyOne e, relativamente alla resistenza all’urto, Rohm and Haas. Ecco alcuni dettagli dei risultati presentati:Oggi il PLA presenta dei problemi per quanto riguarda la resistenza termica (impossibilità di scaldare in microonde o utilizzare per cibi e bevande caldi), di barriera (bevande gasate), di fragilità (che creano problemi di rottura anche nella rifinitura di parti termoformate o di film). Per quanto riguarda la scarsa resistenza termica del PLA e la barriera, sono state sviluppate tecnologie che consentono di incrementare la velocità di cristallizzazione, sia attraverso agenti nucleanti eterogenei che attraverso l’uso di D-lattide che funziona da germe di cristallizzazione con formazione di stereo complessi (Purac, Inventa, Unitika, Sukano). La NEC, invece, con la collaborazione dell’Unitika ha preferito seguire la via del rinforzo con fibre naturali (Kenaf). Con questa tecnica è possibile raddoppiare la resistenza termica (DTUL da 60 a 120°C) ed il modulo (da 4000 a 8000 MPa) del polimero. La scarsa resistenza all’urto è stata superata studiando specifici agenti urtizzanti, che consentono di migliorare la resistenza all’urto senza influire su trasparenza (Sukano, Rohm and Haas). Tra i tipi speciali messi a punto da compoundatori e trasformatori c’è da segnalare i gradi resistenti all’idrolisi della Unitika, i tipi resistenti alla fiamma senza uso di agenti tossici, quelli a memoria di forma e i tipi che conducono il calore della NEC. In particolare, queste ricerche hanno consentito alla NEC di estendere l’uso di biopolimeri nel settore elettrico/elettronico. L’obiettivo del colosso giapponese è quello di superare una quota del 10% di utilizzo di bioplastiche entro il 2010. Un altro interessante esempio di possibili nuove applicazioni è stato dato dalla Coopbox Europa che ha sviluppato un imballaggio in atmosfera protettiva utilizzando film di PLA rivestiti con SiOx. La Leoplast, società specializzata in imballaggi per cosmetici, ha sviluppato una linea; Vegetal Plastic, realizzata per stampaggio ad iniezione basata su PLA e con masterbatch di colori minerali e vegetali.
ApplicazioniCome prima riportato, si sta sempre più sviluppando il concetto di ottimizzare i prodotti per specifici settori di destinazione e si cominciano a moltiplicare le possibili applicazioni nel settore dei beni durevoli (E/E, trasporti, ecc.) accanto a quelle tradizionali nel settore dell’imballaggio dell’agricoltura, di beni per l’igiene personale e per il catering. In Giappone, Sony ha sviluppato carcasse per walkman, pannelli DVD, 'non contacted card'; Jujitsu ha messo a punto carcasse di notebook e compact disk, NTT carcasse di cellulari e Toyota copri mozzi per auto, tappetini per interni, così come la Mitsubishi. Unitika ha realizzato le carcasse di cellulari, con la NEC, le tipiche ciotole giapponesi e contenitori per cibi caldi. La Toyo Seikan Kaisya ha messo a punto bottiglie in PLA per bevande calde e bevande che richiedono alta barriera.Anche nei settori dell’imballaggio la possibilità di colorazione ed il miglioramento dello stampaggio, anche attraverso l’uso di specifici additivi, ha favorito l’introduzione di nuove confezioni rigide. E’ già stato accennato allo sviluppo di confezioni per imballaggi in atmosfera modificata, attraverso la messa a punto di film rivestiti di PLA ConclusioniAl convegno sono stati presentati importanti passi avanti per lo sviluppo dei biopolimeri; sviluppo che non può prescindere da quella che è stata da sempre la politica vincente delle materie plastiche - l'ottimizzazione delle caratteristiche dei polimeri base in funzione delle applicazioni - e dalla conseguente espansione delle applicazioni anche in settori al di fuori dell’imballaggio e dell’agricoltura. In relazione a quest’ultimo punto sono stati presentati numerosi esempi di miglioramento delle caratteristiche e sono stati immessi sul mercato additivi specifici, anche se per ora principalmente in relazione ad un solo polimero (PLA) . E’ importante notare che questo tipo di politica è stato adottato, da parte dei produttori, anche per biopolimeri, come il PHA, ancora in fase iniziale di sviluppo ed introduzione. Un altro aspetto importante emerso dal Convegno, è quello dello sviluppo di materiali da biomonomeri, dando cioè maggior importanza ai vantaggi ambientali e alla eliminazione della dipendenza dalle risorse fossili rispetto al processo di fine vita (riciclo o compostaggio). Ovviamente sarebbe interessante avere informazioni anche relativamente all’impatto di questa politica sui costi. Giustamente un partecipante chiedeva perché si dovrebbero usare biopolimeri con costo maggiore senza alcun vantaggio tecnico. In Giappone che, come detto, è un paese che spinge in questa direzione, nel 2006 la JBPA ha avviato un sistema di certificazione ed etichettatura dei biopolimeri da fonti naturali e rinnovabili, dei relativi compound e semilavorati.Al convegno sono stati toccati invece solo marginalmente altri due fattori condizionanti: il prezzo e la disponibilità di materie prime (terreni agricoli e biomasse). Per quanto riguarda il primo, solo in un caso sono state fornite cifre precise. Sarebbe importante conoscere l’effetto scala sui costi. Gli utilizzatori finali sarebbero pronti ad investire sui biopolimeri, anche a fronte di un sovrapprezzo temporaneo in previsione di uno sviluppo anche economicamente valido.Per quanto riguarda la disponibilità delle materie prime, il problema è forse stato sottovalutato, considerando la sua criticità dovuta soprattutto al concomitante problema dei biocarburanti. Anche a fronte di numerose domande, le risposte sono state generiche. E’ stato, per esempio, affermato che non esiste un problema di scarse risorse alimentari, ma che i problemi di sottoalimentazione di alcune popolazioni sono legati solo alla loro povertà. Come è noto, il problema potrebbe essere definitivamente risolto ricorrendo all’uso delle biomasse per la produzione di biocarburanti. In questo caso i terreni dismessi sarebbero più che sufficienti per soddisfare la domanda di materia prima per la produzione di biopolimeri.
Fonte: Prof. Antonio Casale - www.polimerica.it

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