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Vendere con il web: ottimi risultati, ma c’è ancora tanto da fare

Vendere con il web: la situazione italiana
del 20/10/14 -

Quando si approccia all’analisi del commercio online, due sono i principali tipi di impostazione narrativa: discutere con enfasi degli ottimi risultati conseguiti dalle aziende che hanno deciso di “vendere con il web”, o lamentarsi del ritardo della maggior parte del tessuto imprenditoriale italiano nei confronti di tale canale di promozione e di vendita. Che giudizio dare, dunque, del commercio internazionale delle imprese italiane, basato proprio sull’online?

Il primo spunto interpretativo che possiamo sottolineare è certamente positivo e attiene la generalità del commercio estero italiano. Stando a quanto ricordava un recente studio de L’Inkiesta (al quale vi rimandiamo a questo collegamento, anche per i grafici sotto riportati), le esportazioni nell’ultimo decennio sono cresciute per più di un terzo, con un valore complessivo delle merci italiane vendute all’estero in grado di apprezzarsi di circa 100 miliardi di euro (per una entità che oggi supera i 370 miliardi).

L’elemento di maggiore interesse è tuttavia, a nostro giudizio, un altro. Contrariamente a quanto avveniva in passato, a esportare con maggiore convinzione sono sempre di più le micro imprese, ovvero quelle con meno di 10 addetti. Ne è una dimostrazione – dimostra il grafico di cui sotto, che tra il 2004 e il 2012 le micro aziende che hanno venduto le proprie merci all’estero sono aumentate da 110.964 unità a 125.565 unità. Il tutto, mentre le piccole imprese che esportavano diminuivano da 57.377 unità a 54.243 unità, e quelle medie (tra i 50 e i 499 addetti) scendevano da 12.476 unità a 11.611 unità.

Il merito di questo incremento di micro imprese che vendono all’estero è ampiamente attribuibile proprio alle nuove tecnologie, in grado di arginare gli ostacoli linguistici e geografici, garantendo una vetrina ben disponibile e ampiamente affacciata sui mercati globali. Merito è altresì distribuibile nei confronti delle società di consulenza per l’internazionalizzazione, come EGO International, che ponendosi come un ufficio commerciale estero in outsourcing, indipendente e competitivo, possono permettere anche alle micro imprese con organizzazioni semplici e lineari di potersi avvantaggiare della presenza di personale esperto da coinvolgere in iniziative internazionali.

Ad ogni modo, l’impressione generale è che – soprattutto sul fronte delle PMI, le quali a fronte di un incremento della tendenza all’export hanno dovuto impattare una flessione del controvalore del commercio estero – vi sia tanto, tantissimo, da fare. Se infatti all’interno dell’Unione Europea circa il 15% delle imprese con almeno 10 addetti sperimenta con successo i canali di vendita online, la percentuale italiana scende drasticamente al 5%, garantendo quindi all’Italia l’ennesima maglia nera della sua poco gloriosa carriera commerciale, senza alcuna progressione (o quasi) negli ultimi quattro anni, e ben lontana dal 22% delle imprese tedesche.

Ulteriore valutazione è inoltre che il dato percentuale di cui sopra sia solo la punta dell’iceberg. I numeri a disposizione degli stakeholders sono d’altronde piuttosto nocivi per la buona salute dell’export tricolore, considerando che un’impresa su quattro non ha un sito internet (con percentuale superiore al 30% nelle aziende con meno di 2 milioni di euro di fatturato), e che tre imprese su quattro non utilizzano i social network. Ancora, se il 57% delle imprese utilizza internet come “vetrina” dei propri prodotti, solo il 27% utilizza la rete come gestione dei servizi post vendita, e il 21% per gestire ordini e prenotazioni. Inferiori le percentuali di coloro che utilizzano la rete per tracciare l’ordine (17%) o per personalizzare i prodotti (12%).

Il dato più preoccupante è tuttavia un altro, l’ultimo. Un terzo degli imprenditori ritiene che vendere online non convenga, poiché i costi necessari per sbarcare sui mercati digitali supererebbero i benefici. Una considerazione errata e superficiale, che corre il rischio di allontanare ancora per molto tempo le imprese tricolori dal mondo virtuale, con guadagni – tuttavia – ben reali.



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