Humanitas contro COVID-19: ricerca e tecnologie per conoscere il virus

L’ospedale è in prima linea anche sul fronte della Ricerca scientifica, con oltre 50 studi che spaziano dalla genetica, all’immunologia e alla microbiologia, per comprendere i meccanismi all’origine dell’infezione da COVID 19. Mantovani: siamo di fronte ad un virus che non conosciamo e questo richiede un approccio a 360° con il paziente al centro
del 04/05/20 -

Dall’immunologia e la genetica, cuore pulsante del centro di Ricerca Humanitas, alle sperimentazioni sull’utilizzo di nuovi farmaci, fino agli studi volti a comprendere come si incrocia la cura dei pazienti Covid-19 con la presenza di altre patologie pregresse, dai tumori alle malattie autoimmuni, infiammatorie intestinali e cardiache.
Humanitas è in prima linea anche sul fronte della Ricerca scientifica, oltre 70 medici e ricercatori sono impegnati in numerosi studi che affrontano a tutto tondo le criticità e gli interrogativi che l’infezione ha sollevato.

“Accanto alla ricerca fondamentale, in immunologia e genetica - spiega il prof. Alberto Mantovani, Direttore Scientifico di Humanitas - abbiamo in atto numerosi studi traslazionali e clinici. Sono in corso numerose sperimentazioni legate alla valutazione dell’utilizzo sia di nuovi farmaci, quali Tocilizumab o Remdesivir, sia di diagnostici basati su anticorpi. Un importante progetto, che guarda alla possibilità di identificare velocemente i pazienti potenzialmente infetti, ci vede coinvolti nello sviluppo di una nuova diagnostica in grado di fornire informazioni con una grande sensibilità nell’arco di un’ora. Ancora sul versante diagnostico, uno studio per la valutazione delle TAC toraciche con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale mira a cogliere aspetti che possano essere di supporto per identificare i pazienti più a rischio per lo sviluppo di complicanze respiratorie gravi. Stiamo inoltre sviluppando ed applicando protocolli clinici, fino all’area di terapia intensiva, per la gestione dei pazienti affetti da Covid-19. A questi si affiancano studi osservazionali mirati a stabilire correlazioni tra fattori clinici, biochimici e la prognosi dei pazienti, per capire se la gravità del decorso della malattia sia dovuta al sistema immunitario, al corredo genico, o ad entrambi”.
Il prof. Mantovani insieme al prof. Maurizio Cecconi, Humanitas University, e al prof. Guido Forni, Università di Torino, inoltre hanno firmato un documento con cui la Commissione Salute dell'Accademia nazionale dei Lincei prende posizione sulla gestione dell'epidemia di Covid-19 contro le fake news. Questo documento, che è aggiornato tutti i mesi per assicurarne la validità, affronta con criteri profondamente ed esclusivamente medico-scientifici tutti gli aspetti del Coronavirus SARS-CoV-2.

COVID-19 e fattori di rischio genetici
Un team di ricercatori guidati dal prof. Stefano Duga, docente di Humanitas University, con il contributo fondamentale delle prof.sse Rosanna Asselta ed Elvezia Maria Paraboschi, ha condotto uno studio osservazionale sui fattori genetici degli italiani.
“Si tratta - spiega il prof. Duga - del primo studio di genetica della popolazione italiana in relazione a Covid-19: è volto a comprendere i fattori che influenzano la suscettibilità all’infezione, la gravità del decorso clinico della malattia e la maggiore severità dei sintomi che si osservano negli uomini rispetto alle donne. I risultati ottenuti forniscono le basi per offrire una migliore assistenza ai pazienti affetti Covid-19 e per identificare strategie terapeutiche più efficaci per affrontare questa difficile emergenza sanitaria. L'identificazione precoce dei fattori di rischio è infatti fondamentale per fornire il supporto adeguato ai pazienti, inclusa la capacità di identificare gli individui che richiedono un più attento monitoraggio clinico”. Lo studio pubblicato su medRxiv fornisce informazioni sulla frequenza di varianti in geni importanti per l’infezione che causa Covid-19 nella popolazione italiana, cui gli studiosi di tutto il mondo potranno riferirsi per le ricerche fondamentali in questo settore. https://medrxiv.org/cgi/content/short/2020.03.30.20047878v1

Il COVID-19 nelle malattie reumatiche trattate con terapia biologica
La polmonite causata da Covid-19 si manifesta in modo molto veloce con la comparsa di febbre, tosse e mancanza di fiato che possono portare a insufficienza respiratoria spesso grave. Questo sembra essere dovuto a una vera e propria cascata infiammatoria indotta dall’infezione virale, per la quale non esiste ancora una terapia specifica o un vaccino. “Le conoscenza immunologiche e virologiche - spiega il prof. Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia ed Immunologia Clinica e docente di Humanitas University - hanno portato all'uso di vari farmaci diretti sia contro il virus (anti-virali) sia contro la cascata infiammatoria indotta dal virus, in particolare finora approvati per l’utilizzo in pazienti con malattie reumatiche. Tra questi il tocilizumab, un farmaco biologico diretto contro la molecola infiammatoria detta interleuchina 6, utilizzato per il trattamento dell’artrite reumatoide, e l’idrossiclorochina, un farmaco che modula il sistema immunitario spesso impiegato nelle malattie autoimmuni quali il Lupus Eritematoso Sistemico”.
“Lo studio pubblicato su Journal of Autoimmunity - afferma e la dott.ssa Angela Ceribelli, reumatologa di Humanitas e prima autrice dello studio - spiega quanto noto finora della malattia soprattutto nell'ottica dei pazienti trattati con immunosoppressori, quindi a maggior rischio di sviluppare un'infezione severa. Per questi pazienti è fondamentale seguire le indicazioni attuali delle autorità in merito alla prevenzione della trasmissione di Covid-19, utilizzare le terapie indicate su prescrizione medica nel caso di comparsa di polmonite, e non interrompere le terapie in corso per le malattie reumatiche nel timore di una maggiore suscettibilità all’infezione virale da Covid-19.

COVID-19: Biomarkers per conoscere il virus
Il virus SARS-Cov-2 si manifesta con un ampio spettro di sintomatologia: dal semplice raffreddore alla polmonite. Fortunatamente, in alcuni individui si manifesta con pochi sintomi (individui paucisintomatici), o addirittura senza alcun sintomo (asintomatici). E’ proprio dal paragone tra queste categorie di individui infetti che è possibile capire non solo le basi della patologia, ma anche i fattori di rischio. Perché i giovani sono più protetti degli anziani? Perché alcuni giovani sono risultati più suscettibili? Qual è il ruolo delle comorbidità (patologie pregresse) nel peggioramento della malattia? E’ possibile sviluppare un’immunità adattativa (anticorpale)? E’ questa che protegge i giovani? Ci sono dei marcatori sierici che permettano di prevedere l’evoluzione della malattia? Per rispondere a queste domande, il gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Maria Rescigno, Principal Investigator laboratorio di Immunologia delle mucose e Microbiota, ha organizzato una biobanca di campioni biologici (dal sangue periferico ai lavaggi bronchiali) per studiare molti aspetti della patologia e le caratteristiche comuni a più individui che hanno mostrato una sintomatologia simile.

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