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Esce il libro di Alessandro Paone: Alessando II

Ecco di seguito la premessa dello stesso autore di Alessandro II Alessandro Cecchi Paone nella quale introduce il libro e spiega come nasce questa collana dedicata a famosi personaggi storici per la Armando Curcio Editore spa
del 11/10/10 -

È motivo di stupore comune a tutti i turisti e i viaggiatori che visitano per la prima volta il meridione d’Italia l’incontro con uomini e donne bellissimi biondi o rossi di pelo, bianchi di pelle, dagli occhi azzurri o verdi. Eppure si trovano semplicemente di fronte all’eredità genetica del lungo dominio svevo-normanno sul Sud del nostro Paese (di cui, evidentemente, nessuno gli ha mai parlato), costituitasi in miracoloso condominio con genti di ben altre origini e sembianze, non meno belle e fascinose: arabi ed ebrei, soprattutto, preceduti da fenici, greci e romani. Se l’impasto antropologico è lì a rispondere a ogni tipo di aspettativa estetica o sensuale, quello storico e culturale costituisce una miniera senza fondo di gemme. La Sicilia e la Puglia, la Campania, la Lucania e la Calabria potevano essere – come a tratti furono – solo delle polveriere buone a ogni genere di odio e di conflitto, e invece divennero, per sempre, monumento incancellabile alla superiorità del meticciato sul purismo razziale, all’inesauribile ricchezza che deriva dalla contaminazione delle tradizioni e dal relativismo culturale, alla necessità di un timone laico e terreno per le pretese contrapposte degli assolutismi religiosi.
Artefice e massimo interprete di questo capolavoro è stato Federico II, cui dedichiamo questo libro appassionato e sempre in bilico, lo confessiamo, tra la puntuale ricostruzione storica e l’ammirazione pressoché totale per una figura che tutt’ora sgomenta per quel che seppe fare e dire di utile anche oggi ben seicentocinquanta anni fa.
In bilico siamo stati a lungo, con il coautore Alessandro Casale, anche sul tratto di personalità da eleggere ad architrave della nostra narrazione. Sapevamo dai tempi della scuola che Federico ha sempre stupito il mondo – a partire da quello della sua epoca – per la sensibilità artistica, la curiosità intellettuale, la grandezza del disegno architettonico che da un castello all’altro ha unificato i paesaggi del nostro Mezzogiorno nel segno del rigore nordico e delle inquietudini esoteriche più complesse, e ammiravamo per conto nostro l’approccio sistematico alla riforma del sistema giuridico ereditato dal diritto romano, l’amore per la natura mediato dallo studio del volo dei rapaci, l’attrazione per la complessità e la repulsione per ogni forzata semplificazione. Che fare?
In un primo momento abbiamo trovato attualissima la sua battaglia ghibellina contro un papato solo politico che brandiva il Cristo unicamente in nome di interessi territoriali e di potere, che lo combatté allo spasimo con gli eserciti e gli anatemi, le scomuniche e addirittura l’evocazione di una sua alleanza col demonio. Poi dalle carte è emerso un Federico nuovo, altro da quello consueto, e che ha prevalso. È emerso il Falco della pace, educato e preparato a combattere e vincere, saccheggiare e uccidere, ma che lo fece solo se costretto, esaurita ogni altra opzione affidata alle leggi e ai trattati, al fascino delle negoziazioni, al confronto personale, ai consigli dell’intelligenza. Non a caso fu orgoglioso vincitore di una crociata senza massacri, lui che certo non odiava i musulmani, anzi, non meraviglia che salvò gli ebrei di Fulda, contro i quali si voleva scatenare l’ennesimo sterminio, e non poté dimostrare meglio la sua antipatia per la guerra che perdendo l’assedio di Parma per avergli preferito una battuta di caccia col falcone.
Nelle prossime pagine leggerete dunque di un Federico artefice sì delle cose di sempre, ma come tutt’altro che compiaciuto se costretto alla prassi della violenza, e stimolato dalla volontà di potenza solo per contrastare quella altrui.
Se la modernità coincide, come noi crediamo, con la consapevolezza che la pace non è figlia solo della moralità, ma anche della convenienza di chi preferisce alla guerra i liberi commerci e la circolazione delle idee, la creatività delle arti e degli amori, il nostro Federico ne fa parte a pieno titolo come uno dei suoi massimi ispiratori.



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