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Apartheid, il dramma delle divisione salvato dal teatro

In scena il celebre Mamadou Dioume, storico collaboratore di Peter Brooke, per uno spettacolo intenso e coinvolgente. Al teatro Hamlet fino al 2 aprile
del 31/03/17 -

Nel SudAfrica che promulgava ottuse e folli divisioni razziali, il resto del mondo non faceva altro che guardare altrove. Ma qualcuno che era lì e che quel dramma lo viveva sulla propria pelle provò a cancellare quella triste pagina. E lo fece con il teatro.
Al Teatro Hamlet (via A. da Giussano 13) è in scena fino al 2 aprile lo spettacolo Apartheid, da un’idea di Gina Merulla con la partecipazione di Mamadou Dioume, storico collaboratore di Peter Brooke. Lo spettacolo si ispira all’opera ‘Età di Ferro’ di John Maxwell Coetzee, scrittore premio Nobel, ed affronta il tema della segregazione razziale, ossia dell'Apartheid, in Sudafrica nel secolo scorso.
Durante quel periodo il teatro fu una delle arti che resistette e cercò di non piegarsi di fronte a leggi incivili e prive di umanità. Un gruppo di persone sotto la guida dell'uomo nero Barney Simon e della donna bianca Mannie Manim decidono che il teatro è per tutti e non può essere diviso. Restaurano così un vecchio mercato della frutta indiano dando vita al Market Theatre di Johannesburg il primo “non-racial Theatre” che sfidò l’Apartheid armato solo ed esclusivamente della convinzione che la cultura può cambiare la società.

L’Apartheid visto attraverso gli occhi dei bianchi, gli occhi dei neri, i nostri occhi, gli occhi della storia, gli occhi dell’Artista. Ed è proprio questo aspetto di amalgama, di fusione, che la regia dello spettacolo Apartheid vuole sottolineare: passato, presente e futuro si mescolano in un tempo frammentato, indecifrabile.



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