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Storia dell'alpinismo

L'uomo è sempre stato attratto dalle bellezza incontaminata e selvaggia delle montagne, facendo nascere in tempi antichi quello che oggi è conosciuto come alpinismo.
del 22/09/16 -

L'alpinismo è di origine abbastanza recente, anche se le montagne hanno sempre esercitato un indubbio fascino sull'uomo. Ritenute da molti popoli antichi la sede degli dei, le vette dei monti erano generalmente evitate, anche se si ha notizia di ascensioni come quella di Filippo di Macedonia sul monte Hemus nel 181 a.C. e quella dell'imperatore Adriano sul monte Etna.

Nel Medio Evo già si cominciò a salire su alcune cime delle Alpi e degli Appennini, ed in queste arrampicate si cimentarono personaggi famosi quali re Alboino, che salì sul monte Maggiore in Friuli (1.615 m) e Pietro D'Aragona, che ascese il Canigou (2.758 m) nei Pirenei.

Alpinisti furono anche Dante e Petrarca: il primo salì sul Falterona, percorse parte degli Appennini e le Prealpi Venete, passò le Alpi; il secondo salì sul monte Ventoux (1.912 m).

Diverse notizie di ascensioni avvenute prima del 1660 sono contenute nel De Alpibus commentarius dello svizzero Giosia Simler.

Solo nel Settecento l'alpinismo da impresa sporadica comincia a essere praticato come attività sportiva: l'abate francese J. Balmat raggiunse la cima del monte Bianco nel 1786 con M. Paccard e nel 1787 con De Saussure.

Verso la metà dell'Ottocento era già nato l'alpinismo moderno, con l'elaborazione e il perfezionamento di strumenti per le ascensioni, come chiodi, corde, piccozze e ramponi; nacque così l'alpinismo acrobatico, i cui primi maestri furono l'inglese Mummery e gli austriaci Winkler e Preuss.

Furono scalate le Alpi, specialmente le Dolomiti, e si iniziarono spedizioni sui massicci di altri continenti, come quella dei fratelli Schlagintweit sull'Himalaya, di Humboldt sulle Ande e di Whymper (il vincitore del monte Cervino) sul Chimborazo e sul Sara Urcu.

Tra gli italiani vanno ricordati Luigi di Savoia duca degli Abruzzi che scalò il Sant.Elia (5.489 m) in Alaska ed il Ruwenzori (5.109 m) in Africa.

In epoca più recente, intorno alla metà del secolo scorso, le spedizioni sull'Himalaya si sono intensificate. Fra le più spettacolari:


  • 1950, la spedizione di M. Herzog conquista l'Annapurna (8.078 m);

  • 1853, Hillary e Tenzing, della spedizione Hunt, raggiungono la vetta dell'Everest (8.847 m);

  • 1954, la spedizione Desio conquista con Lacedelli e Compagnoni il K2 (8.611 m); la spedizione francese Franco il Makalu (8.470 m) e quella inglese di Evans il Kanchenjunga (8.585 m);

  • 1956, la spedizione giapponese Makis raggiunge la cima del Mananslu (8.125 m), il "trono degli Dei"; nello stesso anno la spedizione svizzera di Eggler conquista il Lhotsè, una delle ultime cime inviolate dell'Himalaya;



Le spedizioni si susseguono incessantemente e nel 1960, viene scalato il Dhaulagiri, una degli ultimi "ottomila".

Da allora, ormai violate le vette più difficili, ci si è rivolti verso imprese sempre più difficili: sono nate così le scalate in solitaria, le scalate invernali, le superdirettissime, sia d'estate che d'inverno e le scalate con mezzi artificiali (con chiodi, cunei, staffe, ecc.).



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