Paradisi fiscali: certi Stati che non ti aspetti

Se quando si parla di paradisi fiscali (avevamo qualche mese fa già accennato, attraverso l’articolo “I paradisi fiscali nel forex“)la nostra mente vola verso le bianche Alpi della Svizzera siete fuori strada: ormai anche la nazione famosa nel mondo per la sua neutralità nei conflitti ha deciso di rinunciare al suo storico riservo riguardo gli affari bancari, entrando a far parte dei paesi che collaboreranno con gli altri, fornendo informazioni su chi ha depositato capitali nel paese.
del 18/03/15 -

Essa è infatti entrata a far parte dei cosiddetti paesi “white list”, cioè i dei paesi che, appunto, collaborano con l’Italia nella lotta all’evasione fornendo dati su chi investe capitali nei loro paesi. In cambio, vi è un incentivo per i cittadini Italiani ad investire in Titoli di Stato di questi paesi, visto che ai loro rendimenti (oltre che a quelli del Tesoro Italiani) è applicata l’aliquota del 12.5%.

I paesi che invece non collaborano e mantengono il riserbo sugli investitori stranieri presenti sul loro territorio sono definiti “black list”. Essi non hanno sgravi fiscali e, in caso di cittadino italiano scoperto a non dichiarare investimenti in tali paesi, sono applicabili gravi penalità, compresa la reclusione (per altre informazioni sul caso, ecco un articolo che parla dell’argomento: “Rientro dei Capitali: quando mi costa davvero?)

E proprio nella Black List rientrano questi paesi: spesso associati a mete esotiche di vacanza o quasi sconosciuti, hanno tutti una peculiarità: mantengono il massimo riserbo sui loro investitori.

Vediamo la top 3 dei Paradisi Fiscali

BRUNEI

Nazione che si affaccia al mare Cinese, è stato eletto “paradiso” (fiscale) dal Global Forum Ocse proprio negli ultimi tempi. Esso ha infatti da poco dato il via ad un progetto chiamato “Vision Brunei 2035″, il cui scopo è quello di svincolare la ricchezza della nazione dalle esportazioni di greggio (che influisce sul PIL per quasi il 50%).

Il paese sta infatti cercando in tutti i modi di attrarre capitali esteri, partendo con la massima riservatezza verso le identità di coloro che decideranno di investire nel paese. Lo stesso consiglio nazionale per lo sviluppo economico del paese definisce il loro “uno dei regimi più liberali della regione”.

ISOLE MARSHALL

Le Isole Marshall sono comunemente definite “il terzo registro aperto più grande al mondo”. Esse infatti hanno creato un ottimo escamotage per evitare a chi vi deposita capitali di pagare alcun tipo di tassa: basta infatti iscriversi al registro navale e si ottiene la qualifica di società non residente. I tempi di registrazione sono inoltre estremamente rapidi (la pratica può risolversi anche in un solo giorno).

Anche le aliquote fiscali sono molto blande: per i cittadini residenti esse oscillano tra l’8 e il 12% (a seconda del reddito annuo), mentre per i non residenti che producono reddito sul territorio l’imposta è pari al 10% dell’imponibile.

DOMINICA

Il regime di tassazione estremamente favorevole del paese ha origine nel 1996, con l’International Business Companies Act, che, nominalmente almeno, è stato creato con l’intento di creare un ambiente competitivo anche rispetto ai paesi esteri.

Esso si caratterizza per una serie di esenzioni e facilitazioni che facilmente attirano società estere, tra cui l’esenzione da ogni forma di tassazione per i primi 20 anni, l’assenza di imposte sul capital gain (che formalmente non esiste nemmeno in Italia, ma mentre nel Bel Paese vengono tassati poi i suoi rendimenti in Dominica ciò non avviene), nessun tetto minimo di capitale per formare una società e nessun vincolo nella scelta della moneta da adottare.



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