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Obbligo di diffida prima del decreto ingiuntivo

Prima di notificare gli atti giudiziari al debitore, il creditore è tenuto a inviargli il sollecito di pagamento con la messa in mora?
del 23/10/19 -

La diffida, per avere valore legale, non può limitarsi a indicare solo la somma da pagare, ma deve anche specificare la causa, ossia il contratto o la fattura che si assume non essere stata pagata. Una diffida generica, che dovesse limitarsi a rammentare l’esistenza del debito, senza indicare l’importo o il suo giustificativo non produce alcun effetto.

Il Codice civile (Art. 1219 cod. civ.) stabilisce che il debitore è automaticamente «in mora» (ossia è considerato inadempiente) in tutte quelle obbligazioni che hanno una data di pagamento prestabilita. Questo significa che laddove l’iniziale contratto tra le parti abbia fissato un termine certo per l’esecuzione della prestazione, alla sua scadenza non c’è alcun obbligo di diffida. L’inadempimento scatta, infatti, già dopo tale data e senza bisogno di sollecito. Si pensi alle bollette, ai contributi condominiali (che vanno versati mensilmente), al canone di affitto, all’acquisto di una merce presso un negozio (il pagamento va effettuato al momento in cui viene conclusa la vendita, ecc.), ai pagamenti ove concordati a rate (si pensi alle rate di un finanziamento), ecc.

Il problema sorge per via del fatto che gran parte delle obbligazioni nascono verbalmente e non viene perciò indicata una data di adempimento. In verità, tutte le obbligazioni di pagamento di somme di denaro – se non soggette a termini o condizioni – non hanno mai bisogno della diffida: in tali casi, spetta al debitore premurarsi che il denaro giunga sul conto del creditore o nelle sue stesse mani.
Se, invece, è stato concordato un termine di pagamento (ad esempio, le rate del mutuo), il debitore è in mora solo alla scadenza di detto termine e non prima. Ma, anche in questo caso, la “mora” è automatica e non necessita di diffida.

S’è affacciata, tempo fa, una tesi in giurisprudenza secondo cui, per il recupero delle spese condominiali, ci sarebbe sempre bisogno della previa lettera di diffida da parte dell’amministratore, specie in situazioni di contitolarità dell’immobile tra più persone (G.d.P. Taranto, sent. del 1.03.2016. )

In verità, questa tesi è stata considerata errata dalla Cassazione (Cass. n. 9181 del 16.04.2013) secondo cui è legittimo il decreto ingiuntivo per oneri condominiali anche senza la previa lettera di messa in mora nei confronti del moroso; e ciò anche se la diffida scritta è imposta da un’apposita clausola del regolamento condominiale (nel qual caso, tutt’al più, si potrà solo lamentare un inadempimento da parte dell’amministratore, ma non certo una violazione delle regole di procedura civile che, per loro natura, non possono essere derogate neanche da un regolamento approvato all’unanimità).

La diffida di pagamento può avere rilevanza solo in due casi. Il primo è al fine del calcolo degli interessi di mora che decorrono, appunto, dalla lettera di «messa in mora». Il secondo è – come abbiamo appena detto – per l’interruzione dei termini di prescrizione: se, infatti, il debito è datato, il creditore deve poter dimostrare di averti diffidato formalmente – ossia con una raccomandata a.r. – per non vedersi decadere dal diritto al recupero del proprio credito.

Sintesi estrapolata da un articolo pubblicato sul sito laleggepertutti.it



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