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Lavoro in nero: conseguenze per lavoratore e datore

La maxi sanzione per l’azienda che impiega personale in nero non è l’unica conseguenza per gli irregolari; anche il lavoratore non dichiarato rischia la denuncia e un procedimento penale.
del 11/04/17 -

Quando si parla di «lavoratore in nero» si intende colui per il quale non è stata inviata la comunicazione preventiva di assunzione, consistente nel modello telematico Unilav. Deve, dunque, trattarsi di un lavoratore sconosciuto alla pubblica amministrazione e, ciò nonostante, svolgente impiego all’interno dell’azienda anche se in modo non necessariamente giornaliero.

In caso di sommerso, l’azienda che impiega lavoratori irregolari subisce due tipi di conseguenze: la prima è l’azione civile del lavoratore per ottenere la regolarizzazione del contratto, con pagamento delle eventuali differenze retributive; la seconda consiste nelle sanzioni cui invece provvedono gli ispettori della pubblica amministrazione, d’ufficio o su segnalazione dei dipendenti.

Il datore di lavoro che occupa lavoratori in nero rischia due diverse sanzioni amministrative (tra loro alternative):

- Mancata comunicazione di assunzione ai Servizi per l’impiego nei casi in cui non è applicabile la maxisanzione (v. dopo): sanzione amministrativa: da € 100 a € 500 per ciascun lavoratore interessato;
- Maxisanzione per lavoro sommerso: sanzione amministrativa variabile a seconda della durata dell’impiego. In particolare se l’impiego effettivo del lavoratore è fino a 30 giorni: da € 1.500 a € 9.000 per ciascun lavoratore irregolare; per l’impiego effettivo del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni: da € 3.000 a € 18.000 per ciascun lavoratore irregolare; per l’impiego effettivo del lavoratore oltre 60 giorni: da € 6.000 a € 36.000 per ciascun lavoratore irregolare.

Prima della maxisanzione il datore di lavoro deve ricevere la cosiddetta «diffida». La procedura di diffida è necessaria per rendere valide le sanzioni per l’azienda che occupa personale in nero. In particolare, l’ispettore del lavoro notifica all’azienda una diffida a regolarizzare le inosservanze materialmente sanabili. Nei successivi 30 giorni l’azienda deve provvedere alla regolarizzazione.

Viceversa, se il datore non provvede alla regolarizzazione del lavoratore in nero e al pagamento delle somme previste, gli ispettori – attraverso il verbale unico di accertamento e di notificazione – contestano e notificano gli addebiti accertati, ammettendo al pagamento della sanzione in misura ridotta. Verificata l’inottemperanza, l’attività ispettiva riprende il suo corso.

Oltre alle sanzioni previste per il datore di lavoro, le conseguenze per il sommerso sono anche per il lavoratore in nero.
Spesso infatti chi lavora in nero proviene da una precedente occupazione ormai risolta per licenziamento.
In tali ipotesi il dipendente percepisce l’assegno di disoccupazione dall’Inps.
Ebbene, in questo caso, il lavoratore che mentre presta lavoro in nero percepisce anche l’indennità di disoccupazione viene segnalato, se c’è un controllo, alla Procura della Repubblica, per il reato di «Falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico» nel dichiarare il proprio stato di disoccupato all’Inps.



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