La disabilità intellettiva

La disabilità intellettiva è un disturbo che emerge in età evolutiva che include deficit nel funzionamento intellettivo e adattivo, nelle aree concettuali sociali e pratiche. Secondo la definizione di Cornoldi del 2007 la disabilità intellettiva è associata al ritardo mentale, risultato di processi patologici e dovuto ad un inadeguato funzionamento del sistema nervoso centrale.
del 21/10/14 -

I deficit nelle funzioni intellettive comprendono capacità di ragionamento, risoluzione di problemi, capacità di pianificazione, pensiero astratto e capacità di apprendimento scolastico e dall’esperienza: essi devono essere confermati da una valutazione clinica e da test d’intelligenza.

I deficit nel funzionamento adattivo si riferiscono agli insuccessi del soggetto nell’affrontare le richieste correlate all’età e al contesto socioculturale di appartenenza relativamente all’autonomia personale e alla responsabilità sociale; senza supporto limitano il funzionamento nella vita quotidiana (capacità di comunicazione, partecipazione sociale e vita indipendente in molteplici contesti.) Il livello di gravità della disabilità intellettiva si basa sul funzionamento adattivo, da cui dipende il funzionamento intellettivo; perciò è necessaria un’analisi dei bisogni del soggetto nel contesto sociale di appartenenza e accompagnare alla scala Vineland (VABS), test cognitivi, e l’analisi della storia scolastica, di sviluppo e medica. In questo modo è possibile associare al ritardo mentale disturbi di Asse 1 e 3 (condizioni mediche generali).


A livello eziologico la disabilità puo essere generata da cause biologiche o ambientali; sono state descritte più di 750 sindromi genetiche ma le più frequenti sono 27, fra cui ci sono la sindrome di Down, Klinefelter, Velocardiofacciale, X fragile, Patau, Williams, Prader Willi, Angelman, Cornelia de Lange, Sclerosi tuberosa, distrofia di Duchenne, xxx-xxxx, ecc

Alcune sindromi colpiscono prevalentemente o esclusivamente i maschi (Klinefelter, X fragile, Edwards, d. di Duchenne), alcune più le femmine (s.Turner e s. Rett). Per cause ambientali i maschi vengono colpiti più delle femmine.

La disabilità intellettiva può essere dovuta a cause non genetiche come in gravidanza l’infezione da CMV, rosolia, toxoplasma, sifilide, incompatibilità; può essere dovuta a cause perinatali se la mamma usa sostanza in gravidanza, se il bambino è prematuro o presenta asfissia o emorragia celebrale; o a cause post natali come traumi, tumori, encefaliti, meningiti, avvelenamenti da piombo e mercurio; possono influire anche fattori psicosociali come carenze educative o nutrizionali.

La diagnosi differenziale si presenta con i disturbi dell’apprendimento e della comunicazione dove è compromesso lo sviluppo di un’area specifica ma manca una compromissione generalizzata dello sviluppo intellettivo e adattivo; con la demenza se la compromissione della memoria e di altre funzioni cognitive costituiscono un declino rispetto a un precedente funzionamento; con i disturbi pervasivi dello sviluppo (autismo, d. Rett,d. Asperger e d. disintegrativo della fanciullezza) che sono accompagnati da ritardo mentale.

La valutazione diagnostica dovrebbe considerare aspetti cognitivi, prestazionali, sociali, comportamentali, emotivi e affettivi, di autostima e motivazione scolastica; non c’è un momento preciso in cui comunicare alla famiglia la diagnosi: esso può avvenire prima o dopo la nascita o nei primi anni di vita e se è improvvisa è normale una reazione di sconforto dei genitori che di solito hanno bisogno di ulteriori informazioni.

Più precoce è l’intervento maggiori sono gli effetti, di solito dovrebbe iniziare entro il 1° anno di vita.

Il modello di lavoro prevede visite alla famiglia, diario dettagliato dell’intervento, strumenti di valutazione obiettiva e incontro fra piccoli gruppi di genitori.

A casa è importante fornire una diagnosi e una valutazione longitudinale dello sviluppo del figlio, valorizzare il più possibile ciò che i genitori sanno già fare, favorire la formazione di atteggiamenti adeguati nei confronti del problema, aiutare i genitori nella formulazione e attivazione di un progetto educativo complessivo, fornire ai genitori informazioni e conoscenze e dotarli di strumenti di osservazione e intervento.

Anche nel trattamento bisogna tener conto di tutti gli aspetti sia a livello farmacologico, che psicologico per lo sviluppo cognitivo e di abilità adattive che logopedico per lo sviluppo del linguaggio, che fisioterapico e psicomotorio per lo sviluppo della locomozione perché spesso questi soggetti camminano in ritardo.

Il trattamento cognitivo comportamentale può migliorare il comportamento sociale e diminuire comportamenti aggressivi e di controllo per promuovere le competenze che il soggetto possiede, acquisire nuove abilità ed evitare il deterioramento.

Le tecniche cognitive servono per stimolare il riconoscimento di certi meccanismi mentali; la storia di apprendimento servirà a comprendere la propria sofferenza ridimensionando la sensazione di anormalità. La terapia agisce sui processi di pensiero responsabili del mantenimento del disturbo: controllo del pensiero, incapacità di tollerare il rischio, timore di essere responsabili o colpevoli di catastrofi a causa di errori.

Le tecniche comportamentali serviranno a incrementare comportamenti assenti o decrementare comportamenti dannosi per sé e altri come l’aggressività e l’autolesionismo.



Licenza di distribuzione:
INFORMAZIONI SULLA PUBBLICAZIONE
Edizioni Psiconline
Responsabile account:
Arianna Ciamarone (Responsabile pubblicazioni)
Contatti e maggiori informazioni
Vedi altre pubblicazioni di questo utente
© Pensi che questo testo violi qualche norma sul copyright, contenga abusi di qualche tipo? Contatta il responsabile o Leggi come procedere
Stampa ID: 237779