La diagnosi precoce del tumore al seno

La diagnosi precoce del tumore al seno. La premessa evidenziata da tutti gli specialisti interpellati è l’importanza della diagnosi precoce: quindi la necessità di sottoporsi regolarmente ad esami diagnostici, tra i quali il più efficace resta la mammografia.
del 17/09/13 -

Il tumore della mammella è la seconda causa di morte per le donne; la strategia ottimale per sconfiggerlo è la prevenzione precoce. L’argomento raccoglie l’attenzione e l’impegno di tutti i centri di diagnosi per immagine di paginesanita.it.
La premessa evidenziata da tutti gli specialisti interpellati è l’importanza della diagnosi precoce: quindi la necessità di sottoporsi regolarmente ad esami diagnostici, tra i quali il più efficace resta la mammografia.
Ma quando e con quale cadenza? Prima dei 40 anni, quando esiste familiarità o vengono rilavati sintomi sospetti; dai 40 ai 49 anni, una volta all’anno o ogni 18 mesi; dopo 50 anni ogni 24 mesi con visita senologica nell’anno in cui la mammografia non venga eseguita.
Cosa si può fare? La mammografia rappresenta la metodica più sensibile, rapida, semplice e precisa. La sua attendibilità arriva fino al 90% ma si abbassa al 60% quando la mammella è più densa (di norma nelle pazienti più giovani) ed è quindi consigliabile integrarla con un’ecografia. Un timore diffuso riguarda una sua eventuale pericolosità; vorrei tranquillizzare tutte: i mammografi di ultima generazione permettono un’eccellente capacità diagnostica con tempi di esposizione più brevi e dosi molto più basse di radiazioni. Il rischio di indurre un tumore con la mammografia è di 1 su un milione; gli aspetti positivi sono di gran lunga superiori.”
Ricordiamo che i dati sulla popolazione che si sottopone a screening regolari indicano una diminuzione dei rischi di un tumore invasivo fino all’80%.

Esistono metodi di prevenzione che tutte le donne, ad ogni età, dovrebbero seguire per diminuire sensibilmente la possibilità di avere un tumore al seno?

Risponde Etta Finocchiaro, specialista in Scienze dell'alimentazione, Divisione dietetica e Nutrizione Clinica: “Nella prevenzione, il ruolo della dieta è al primo posto. E’ fondamentale diminuire il tessuto adiposo soprattutto a livello addominale, cioè quello che si forma proprio con la menopausa, quando il nostro corpo produce più testosterone che estrogeni. Numerosi e validi studi internazionali non lasciano dubbi: più tessuto adiposo è presente, maggiore è la possibilità di sviluppare questo tipo di tumore. Il primo consiglio si riassume in “non ingrassare” per evitare che insorga il tumore in chi non l’ha mai avuto e per scongiurare la comparsa di recidive nelle pazienti già curate per questa patologia”.

Come può aiutarci l’alimentazione?
“Si raccomanda il consumo costante di frutta, verdura e cereali integrali; mentre si invita a ridurre i dolci, gli zuccheri a rapido assorbimento, l’alcol, i cibi preconfezionati contenenti grassi idrogenati o oli vegetali (di solito si tratta di olio di palma, nocivo per la salute). Relativamente alla carne ricordiamo che quella “bianca”, spesso consigliata nelle diete, proviene da allevamenti che fanno largo uso di estrogeni; quindi sarebbe meglio eliminarla. La carne più sana è quella di maiale: l’animale difficilmente si ammala, di conseguenza, non viene imbottito di farmaci, e soprattutto (cosa che pochi sanno) il suo grasso contiene omega-3 e omega-6, elementi preziosi per il nostro benessere fisico. Inoltre, non basta l’attenzione all’alimentazione, ma è fondamentale aumentare l’attività fisica”.

Quanto è importante il supporto psicologico per la donna che deve affrontare questa patologia?
“Paura e dolore sono compagni della donna che affronta un tumore, anche quando le cose andranno bene. È importante far comprendere come gestire questo dolore, far comprendere che spesso non verrà capito della famiglia, dove ognuno reagisce a modo suo alla paura. I fattori di stress sono davvero tanti. Quindi noi dobbiamo intervenire accompagnando la donna nell’iter della malattia, utilizzando tecniche psicologiche specifiche per i vari tipi di tumore. Nel tumore, quasi mai si vede la ferita interna ed è in questo che è utile lo psicologo”.

Oltre al supporto psicologico, le donne che hanno affrontato un tumore al seno oggi hanno un sostegno in più. L’aumento delle diagnosi precoci dei tumori consente di avere sempre più pazienti guariti e una maggiore sopravvivenza: elementi che richiedono un miglioramento della qualità della vita. Fino a qualche decennio fa, riabilitare un paziente oncologico era impensabile. Il tumore alla mammella è stato il primo ad essere preso in considerazione nella riabilitazione che, ad oggi, è un intervento integrato. Il nostro lavoro si concentra essenzialmente sull’attività fisica, importantissima perché per quanto attiene il cancro riduce la fatica (sintomo caratteristico della malattia oncologica), migliora le performance fisiche e cardiovascolari, attenua i disturbi psichici come ansia e depressione, giova alla qualità del sonno e riduce l’osteoporosi.

Infine, una novità molto interessante che cambierà le modalità di approccio alla cura della malattia. “Seguendo le indicazioni dell’Unione Europea, entro il 2016 i tumori alla mammella dovranno essere curati esclusivamente all’interno di Breast Unit, ossia unità di senologia certificate – afferma Anna Sapino, professore ordinario di Anatomia Patologica all’Università di Torino. – I medici dovranno essere “certificati” seguendo parametri specifici, come la reale esperienza nel settore connotata anche dal numero di casi seguiti annualmente (non meno di 150). Nella selezione saranno coinvolte le associazioni delle donne operate al seno. Una bella notizia, una tutela per la popolazione femminile, uno stimolo in più per gli operatori. A questo scopo, il Governo italiano ha istituito temporaneamente un comitato tecnico costituito dai rappresentanti di tutte le società dei professionisti che operano nella diagnosi e cura (dal radiologo, al chirurgo, all’oncologo)”.
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