La crisi del libro intervista all'editore Michele Piacentini

La crisi del libro intervista all'editore Michele Piacentini
del 22/09/12 -

Secondo Lei qual è lo stato attuale dell’editoria in Italia?

Profondamente critico, oserei dire addirittura molto grave.

Lei ritiene che l’acquisto da parte di Mondadori della storica casa editrice Einaudi abbia cambiato come dire il valore dell’Einaudi, molti ritengono infatti che abbia perso di qualità.
Sicuramente qualcosa è cambiato rispetto ai valori iniziali, la “multifinanziaria” Mondadori ha conquistato quella che rappresentava una fabbrica di sane idee da divulgare, l’Einaudi. Non saprei dire con certezza se abbia perso di qualità, sicuramente però ha perso la paternità tipica di Einaudi e questo cambiamento non promette nulla di buono per tutti gli autori che vedevano in Einaudi la possibilità di veder pubblicate le proprie opere e le proprie idee… spesso diverse dai poteri, editoriali, forti del nostro Paese. Mi pare che le recenti produzioni di Einaudi dimostrino questo malcontento diffuso sulla nuova Einaudi.

Puo’ parlarci dei Suoi progetti editoriali e di come Lei sceglie un testo o un autore da pubblicare?

Entro la fine del 2012 ho in programma di pubblicare un libro definibile “istituzionale” sulla storia dei 65 Anni delle intese diplomatiche tra l’Italia e le Filippine, una singolare pièce teatrale sulla morte di Cyrano de Bergerac, un testo quasi didattico sulla storia del Videoclip Musicale che ricordo esser stato inventato in Italia, la trasposizione di una sceneggiatura cinematografica censurata nel 1959 dal titolo “Giustizia all’italiana” e la biografia di un attore cinematografico. Per quanto riguarda le scelte di chi o di cosa pubblicare non ho un vero e proprio criterio pre-impostato, avvengono un po’ per il sentimento che mi ispirano ed un po’ per la fattibilità, in un mercato in profonda crisi, del progetto stesso. In linea di massima cerco di dar spazio a testi che incuriosiscano e coinvolgano i lettori ed anche la gente in generale, pubblicando libri che abbiano linguaggi semplici e contenuti importanti… utili, ognuno per la propria caratteristica, alla collettività.

A Roma hanno chiuso due librerie storiche come Croce e Bibli, ritiene che questi possano considerarsi anche i sintomi dello stato, del cattivo stato in cui versa la cultura italiana?

La chiusura di Bibli è grave ma la chiusura della storica Libreria Croce rappresenta, secondo me, la catastrofe di questo mondo. Non elenco qui la scomparsa di altre importanti librerie sparse in Italia però, sicuramente, questo denota che nulla è stato fatto per tutelare e conservare questi luoghi di cultura che hanno rappresentato la nostra storia, anche recente. Purtroppo, e lo dico come esempio, gli interessi dei proprietari dei Centri Commerciali hanno devastato non solo i negozietti dei piccoli e medi artigiani ma anche le librerie e tante altre attività. Altra pecca di questa malsana globalizzazione della cultura è che i supermercati del libro puntano quasi esclusivamente alla commercializzazione dei libri stessi, talvolta indirizzando i fenomeni culturali ma soprattutto annientando le librerie specializzate in raccolte di testi antichi o di generi poco commerciali. Stranamente, però, l’editoria scolastica è stata tutelata dalla voragine dei Centri Commerciali… Ovviamente il mio vuole essere solo un esempio. Per rispondere alla tua domanda, purtroppo la cultura italiana è relegata a qualche salotto di intellettuali o di giovani autori e versa in un cattivissimo stato.

Cosa pensa degli editori a pagamento, molti piccoli-medi editori chiedono cifre spropositate ad un autore anche più di 2000 euro per la stampa di un libro?

Chiedere cifre spropositate è malsano e controproducente in qualsiasi ambito. Chiedere 2000 euro può essere un’enormità come anche una bazzecola, dipende dal progetto e dalla tiratura accordata. In realtà il costo più grande di un libro non è la stampa ma la promozione e la distribuzione ed in questa voce puoi aggiungerci tranquillamente uno o due zeri all’importo che mi indichi. Se è giusto o meno chiedere i soldi di stampa ad un autore non conosciuto, dico di si. Non voglio chiamare in causa la crisi economica che stiamo attraversando in questi anni e che sarebbe già sufficente ad avvalorare il mio pensiero, però la compartecipazione nell’impresa equipara quantomeno la dedizione sia dell’autore che dell’editore alla realizzazione dell’intera opera e operazione. Sai bene che il rapporto tra autore ed editore, nella maggior parte dei casi ai quali ti riferisci, nasce sulla sintonia e sulla fiducia che si crea tra i due ruoli. Però sai bene anche che troppo spesso molti autori, dopo le “loro” prime pubblicazioni, rompono d’improvviso un rapporto che doveva basarsi sulla stima e sulla crescita reciproca per andare a sfoderare queste “loro” copertine in altre case editrici che si ritroveranno il lavoro di promozione dell’autore già avviato da altri. E questo non è giusto, se non è precedentemente concordato. Al tempo stesso sono fermamente contrario a chiedere soldi a chiunque si proponga come autore perchè spesso tale non è e perchè gli editori che lo fanno ingannano queste persone per pochi spiccioli. Io, per esempio, pubblico a mie spese alcuni libri che ritengo possano avere un mercato oppure accetto di editare, offrendo maggori margini di guadagno sulle percentuali di vendita, i testi di alcuni autori che credo meritino spazio nel mondo della cultura e che siano disposti ad affrontare la spesa della stampa come investimento su loro stessi. Se pubblicassi ogni cosa che reputo valida non mi ritroverei solo a dover fare attenzione alle mie spese ma addirittura al fallimento. Di una cosa sono certo, bisogna che lo Stato, oltre a tutelare di più questo ampio mondo, emani qualche norma concreta per agevolare la cultura giovanile altrimenti rimane tutto nel caos della crisi economica e di coloro che vivono di espedienti a discapito degli autori e degli editori onesti.

Quanto secondo lei il web, internet ha modificato, cambiato, influito sulla fruizione di un testo e di conseguenza anche sull’editoria. Ad esempio oggi, giornali e libri si possono anche leggere dal web, senza acquistare la copia cartacea.

Io parto dal concetto, del tutto personale, che il danno peggiore in Italia sia avvenuto per colpa della televisione che ha appiattito il livello culturale. Però bisogna ammettere che anche il web ha dato il suo forte contributo alla crisi dell’editoria, anche se principalmente a quella giornalistica. Le notizie viaggiano velocemente e sapere ora cosa sta accadendo in Borsa, per esempio, è più tempestivo informarsi attraverso il web anzichè il cartaceo che necessita di essere stampato in tipografia e distribuito in edicola. Per quanto riguarda la pubblicazione di libri, invece, credo che se si eliminassero le “piraterie” il danno potrebbe essere minimo. Anzi, con le dovute accortezze, potrebbe rivelarsi un ottimo veicolo promozionale. Sono convinto che un lettore, inteso come colui che vuole leggere un libro ed indipendentemente dal tipo di supporto cartaceo o telematico, non si ponga troppe domande sul costo del testo. Certamente se può risparmiare o usufruirne a costo zero ne sarà felicissimo ma se non dovesse trovare il libro che gli interessa liberamente pubblicato sul web andrebbe sicuramente a cercarlo in libreria. Un lettore di libri ha ancora voglia di leggereli su carta, di possederli nella propria biblioteca, di conservarli con tanto di autografo dell’autore… Credo e mi auguro che il libro abbia ancora il suo fascino che è unico. Da qualche tempo a questa parte nel web c’è una tendenza strana, quella dei libri On Demande. A sensazione non ci credo molto, mentre a dati oggettivi ho l’impressione che abbiano fatto diminuire le speranze dei giovani autori. Chi frequenta internet, tendenzialmente, visualizza velocemente tutto ed in modo superficiale. Questo tipo di promozione, forse utile a risparmiare il costo di stampa del libro, annulla l’importanza del testo qualora non fosse supportata da una valida immagine di copertina. Personalmente ho scelto di non usufruire in alcun modo, comunicati stampa relativi alle presentazioni dei libri e libri-gossip a parte, del web perché lo reputo dannoso per questo mondo della cultura… e i fatti, nel mio piccolo, mi hanno dato ragione.

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