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La Comunicazione che fa bene

Per le aziende, comunicare i propri valori attraverso campagne “responsabili” è una grande opportunità, ma anche una grande sfida, Se ci poniamo dal punto di vista del consumatore, un approccio responsabile alla comunicazione che vuole davvero fare bene, dovrebbe rimettere al centro l’uomo (attenzione, non il cliente) e chiedersi: cosa è più giusto che facciamo per contribuire a una crescita sostenibile ?
del 17/10/19 -

Comunicazione che fa bene
di Elena Grinta


La “purposeful communication” è dal 2019 una tendenza di marketing: secondo i risultati della seconda release del monitoraggio “La comunicazione che fa bene. All’ambiente”, un’analisi delle creatività italiane delle aziende che sposano la pubblicità con la responsabilità, sono 173 le marche che hanno abbracciato il tema della sostenibilità ambientale nel II quadrimestre del 2019 (da giugno a settembre 2019), erano 85 nel primo quadrimestre 2018, un’accelerazione pari al +51%.

Lo studio condotto da BeIntelligent – piattaforma online di EG Media - in collaborazione con The Easy Way, ha rilevato un campione di 429 creatività univoche utilizzate nei messaggi pubblicitari dal 1° maggio al 15 settembre 2019. È il settore food& beverage che traina la ‘Comunicazione che fa Bene’ con 89 creatività nel periodo giugno-settembre 2019, seguito dalla grande distribuzione (59 creatività) e energia (46 creatività).

La prima evidenza dell’analisi è l’enorme sollecitazione a cui viene sottoposto il consumatore: nel primo quadrimestre del 2018 erano 146 le creatività a tema ‘ambientale’: un incremento pari al 66%, che significa uno stimolo crescente a considerare i temi ecologici in generale e in particolare – dal punto di vista della marca – ad assimilarli alla condotta responsabile delle imprese.

Ma quale tipo di messaggi le aziende stanno diffondendo presso i loro consumatori? Lo spingono a riflettere sull’effetto delle proprie pratiche di consumo sull’ambiente? o danno un suggerimento ai propri clienti sulla giusta strada da seguire, incoraggiandoli a pensare e agire seguendo il loro esempio? O ancora si autocelebrano per i risultati raggiunti?

Appurato che la comunicazione della sostenibilità ambientale è un trend in forte espansione, il monitoraggio ha permesso di compilare una fenomenologia della comunicazione che fa bene. Partendo dalla teoria dell’ archetipal branding di Carol S. Pearson e Margaret Mark, l’analisi applica il modello esclusivamente sul corpus di creatività selezionato, prescindendo quindi dall’effettiva intenzionalità degli autori e più in generale dall’applicazione di tali tipi alla brand personality e alla brand identity generalmente proposte dall’impresa.

Dall’analisi di questi messaggi sono emersi sei diversi stili comunicativi, ovvero sei identità che il brand assume per comunicare la sostenibilità ambientale.

1. THE CAREGIVER: quando assume l’archetipo dell’angelo custode, il brand elargisce utili consigli e ‘istruzioni’ per diminuire l’impatto ambientale tramite azioni quotidiane (a cui naturalmente può contribuire l’uso dei servizi o prodotti commercializzati dall’azienda). La comunicazione dei brand ‘caregiver’ nasce dal principio auto-gratificante di ‘aiutare gli altri’ dimostrando la propria volontà e il proprio impegno in prima linea nel trovare la ‘cura’ migliore. Un esempio è questa comunicazione di Aboca:

2. THE INNOCENT: seguendo l’archetipo dell’innocente, con un messaggio di speranza, la marca invita i propri consumatori ad avere fiducia nella buona risoluzione dei problemi. Anche le sfide più difficili, sembrano superabili grazie a soluzioni semplici. Il messaggio ai propri consumatori è di non arrendersi, non importa quanto difficili possano risultare i problemi da affrontare. Un esempio:

3. THE MAGICIAN: Il ruolo del brand che assume le vesti del Mago è principalmente quello di trasformatore. I messaggi che si ispirano all’archetipo del Mago desiderano trasferire la capacità di cogliere i molteplici aspetti della sostenibilità ambientale, e di essere in grado di trasportare propri clienti in una dimensione più sostenibile, attraverso l’uso dei propri prodotti L’obiettivo finale della comunicazione che si basa sull’archetipo del mago è promuovere la marca quale motore del cambiamento Esempi di comunicazioni che utilizzato questo archetipo:
Audi A6 una vettura capace di rispettare l’ambiente garantendo alte prestazioni

4. THE EXPLORER: Quando il brand si ispira all’archetipo dell’esploratore, sfida il consumatore nella speranza di responsabilizzarlo Il brand che incarna nella comunicazione della sostenibilità l’archetipo dell’esploratore incoraggia l’iniziativa individuale attraverso il proprio entusiasmo, la propria forza È il caso di Pam, che chiede ai propri consumatori di trovare nuovi spunti anti-spreco.

5. THE RULER: i messaggi che si ispirano all’archetipo del Sovrano (The Ruler, secondo la terminologia di Pearson) usano un linguaggio normativo con l’obiettivo di affermare la propria leadership. Usando questo linguaggio l’azienda afferma di essere in grado di creare l’ordine a partire dal caos, governare le situazioni complesse esercitando un certo ascendente sugli altri stakeholders. Il brand che asserisce la propria leadership, presuppone che sappia ciò di cui parla, come fa ING dichiarandosi pioniere dei finanziamenti delle energie rinnovabili.

6. THE SAGE: Le aziende che hanno scelto di comunicare la sostenibilità secondo l’archetipo del saggio hanno la volontà di dimostrare che, a monte hanno affrontato situazioni e problemi complessi, hanno trovato le risposte alle grandi questioni, e desiderano indicare ai propri clienti la strada da seguire, incoraggiandoli a pensare e agire con coscienza seguendo il loro esempio. La comunicazione che utilizza l’archetipo del saggio, portatore di conoscenza, spesso fa ricorso al supporto di ricerche e studi svolti dagli scienziati.

LE PROSPETTIVE

La molteplicità di messaggi porta con se un’ ipertrofia di significati, e potrebbe essere difficile per il consumatore mettere in atto azioni concrete risultanti dall’allitterazione di messaggi a volte controversi. È il caso della plastica, sui cui incombe un’enorme divergenza di prospettive, che mal celano gli interessi delle industrie specifiche. Ma se ci poniamo dal punto di vista del consumatore, un approccio responsabile alla comunicazione che vuole davvero fare bene, dovrebbe rimettere al centro l’uomo (attenzione, non il cliente) e chiedersi: cosa è più giusto che facciamo per contribuire a una crescita sostenibile ?




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