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L'intervista: Davide Martinelli, farai sfracelli? - Il Colpack: «Ascolto Cassani. La Sky è una porta ormai chiusa»

Intervista esclusiva a Davide Martinelli, campione della Colpack e figlio d’arte. Dopo aver dimostrato il suo valore vincendo l’argento ai Campionati Europei a cronometro, il ciclista si è fatto valere anche nelle prime corse stagionali vincendo, nel primo Weekend, al GP Torre. Un carattere deciso quello di Davide Martinelli, che sicuramente lo porterà lontano.
del 06/03/15 -

Essere figli di, nel ciclismo, non si rivela sempre un vantaggio. Certo, nasci già nell'ambiente e l'esperienza del genitore viene trasmessa in maniera quasi osmotica in tenera età, ma crescendo, diversi ostacoli possono presentarsi. Prendiamo un esempio, Axel Merckx: a suo padre Eddy non andava troppo a genio che facesse il corridore, conscio della tremenda pressione che avrebbe subito. Eppure riuscì a costruirsi la sua dignitosa carriera, conquistando anche traguardi importanti (il bronzo olimpico) e anche l'ammirazione paterna. Davide Martinelli, da due anni in forza alla Colpack, vive ormai da tempo una notorietà superiore ai colleghi dilettanti, certo condizionata dal fatto di esser figlio di uno dei ds più noti al mondo, ma anche per aver dimostrato con la qualità dei suoi risultati (come l'argento ai Campionati Europei a cronometro) di meritare ampiamente il suo spazio tra i professionisti. Spazio che gli è stato negato quest'anno, a dispetto di chi lo vorrebbe raccomandato, a seguito di un tira e molla col Team Sky conclusosi negativamente. Ma Davide non demorde, e già nelle prime corse stagionali ha dimostrato coi risultati il suo valore, andando a vincere, nel primo weekend, al GP Torre, con una volata di potenza e astuzia. Lo abbiamo ascoltato e, come ci aspettavamo, è emerso il carattere di un ragazzo che sa quello che vuole. E (ci auguriamo) riuscirà ad averlo.

Davide, qualche impressione dal primo weekend di gare dilettanti: chi dei rivali ti è sembrato più in forma?
«Ho visto la Mastromarco al GP Torre abbastanza compatta, poi posso dire che Ballerini alla San Geo ha dimostrato una bella gamba, ma me l'aspettavo, ha fatto il Tour de San Luis. Anche Rota l'ho visto pedalare bene».

A Castello Roganzuolo Yuri Pessotto è stato tirato giù da un atleta del team TVB. Un episodio isolato o c'è un po' di tensione? Tu come ti comporti in mezzo al gruppo?
«Io credo sia stato un caso isolato, nel finale di solito c'è sempre un po' di concitazione ma non ho visto mai nessuno alzare le mani così. Io in questi casi sono un pacifista. Anzi, se vedo un paio di ragazzi che si pizzicano tra di loro cerco di fare da paciere, anche se non sono direttamente interpellato: questo perché quando capitano queste cose alla fine le conseguenze le paghiamo tutti, perché siamo additati come dei deliquenti».

Che preparazione hai fatto durante quest'inverno?
«È già da un paio d'anni che vado a Calpe, in Spagna, a far la preparazione al caldo, ormai conosco anche le strade. E mi trovo molto bene, allenarsi d'inverno è sempre impegnativo, farlo dove il clima è più favorevole e magari ci sono altri corridori decisamente aiuta. Ho sentito certa gente dire: Eh, cavolo, è andato in Spagna! Però ognuno può farlo, non sono solo io ad averne la possibilità. Ad esempio anche un mio compagno, Ravasi, quest'anno l'ha fatto. E comunque a pedalare lì in Spagna, 5-6 ore, c'ero io, non un altro al posto mio. In ogni caso, ho fatto una bella preparazione».

Con quanti chilometri nelle gambe sei arrivato al GP Costa degli Etruschi?
«Credo 7000... no, forse qualcosa in meno, diciamo più sui 6500».

Il presente: la nazionale di Cassani, il passaggio alla Sky sfumato

Parliamo dell'esperienza con Cassani in nazionale. A Donoratico come avete preparato la gara?
«Eravamo tranquilli, senza pressione. Lui sta facendo un bel progetto, a mio avviso. Essendo tutti Under, a parte Buttazzoni che era lì per preparare i Mondiali su pista, ci ha detto semplicemente di tenere duro il più possibile, non c'era nessun piano prestabilito nel fare la corsa. L'ho vista più come una prova d'esperienza, soprattutto per gente che ha vestito per la prima volta la maglia della nazionale, come Sannino. Lui è stato un grande: è caduto dopo 3 km, ma ha proseguito fino in fondo aiutando anche me e Consonni. Abbiamo onorato la maglia, alle volte senza pressioni lo si fa anche meglio».

C'è una frase in particolare, detta da Cassani, che ti ha colpito?
«Cassani ci incita spesso a non avere rimpianti, dunque ci consiglia di fare tutte le cose in maniera meticolosa, al 110%. Specie a noi Under, visto che i professionisti ormai sanno cosa fare. Per la precisione, ci ha detto: 'Se volete passare professionisti, dovete impegnarvi al massimo, e se non avrete questa possibilità, dovrete smettere dicendo: ok, io ci ho provato'. Questo prestando attenzione a ogni dettaglio: l'allenamento, la preparazione, l'alimentazione. Un'altra citazione: 'Cercate di sfruttare quelle piccole cose che sembrano nulla, ma oggi come oggi fanno la differenza' come fare lo stretching, andare a letto presto, curare la posizione in sella. È una mentalità che ho pienamente abbracciato».

Quest'autunno sembrava ormai fatta per il tuo passaggio col Team Sky, poi l'annuncio non è mai arrivato. Cosa è andato storto?
«Ti dico la verità: se lo sapessi, te lo direi volentieri. Purtroppo, sembrava tutto fatto, mi avevano anche presentato il contratto da compilare: non un pre-contratto, un contratto vero e proprio. Quando c'era da incontrarsi per firmare, però, hanno preso un po' tempo. Io mi sentivo tranquillo, perché quando ti dà la parola certa gente, ci credi: poi in realtà ho avuto la prova che nel ciclismo ci sono persone che non sono poi così limpide come dicono, sono stato un po' fregato. Non ci voglio neanche pensare più di tanto, ormai è andata così e c'è poco da fare».

Quindi la Sky ti ha chiuso le porte?
«Credo proprio di sì».

E allora sarà qualcun altro a cercarti.
«Spero!...».

Le ambizioni per il futuro e un po' di gossip...

Se passerai professionista, quali gare ti piacerebbe correre?
«Una corsa che m'ispira veramente tanto, forse perché sono italiano, forse perché - esagerando - potrebbe essere adatta alle mie caratteristiche, è la Milano-Sanremo: è una corsa di resistenza, dove occorre essere abbastanza veloci altrimenti è difficilissimo vincerla, ed è dura al punto giusto. Mi rendo conto che c'è ancora tanta strada da fare per arrivare almeno a esserci, però sogno un arrivo in Via Roma. Un'altra corsa che m'ispira davvero tanto è il Fiandre, però non so fino a che punto vada bene per me».

Dei professionisti attuali con chi ti piacerebbe essere in squadra? Magari qualcuno a cui ti ispiri.
«Ammiro molto Sagan, perché è un corridore della madonna: va forte sempre, a volte è criticato perché vince poco, ma arrivare davanti in ogni occasione non è mica facile. Poi magari sta avendo un periodo in cui non riesce a vincere ma penso che di secondi posti, in questo periodo, ne abbia fatti a bizeffe. Un altro che mi piace molto è Aru, e anche Nibali, vuoi perché sono stato un po' a contatto con entrambi. Li ho visti pedalare ed ho notato che hanno delle doti naturali che percepisci, ma sono difficili da spiegare. Poi ci sarebbe Cancellara: è talmente forte che non c'è bisogno di spiegare perché per me sia un idolo».

Chiudiamo con un po' di sano gossip. Non è un mistero, fai coppia con Martina Alzini (junior plurimedagliata agli ultimi Mondiali su pista in Corea, n.d.r.). Ti chiedo: come mai va sempre a finire che i ciclisti fanno coppia con altri ciclisti?
«Posso darti una risposta del genere: dove vado io, oltre che alle corse? Alle corse! Quindi dove posso trovare io la ragazza? Alle corse, ovviamente! Poi non è che sono uno che adora la vita notturna, uscendo poco d'inverno ho veramente poche occasioni di incontrare altra gente».

Facciamo una statistica: in percentuale quanti dei tuoi compagni stanno con una ciclista?
«Mah, non saprei... Comunque ti posso dire che di solito, se non sono cicliste, son ragazze dell'ambiente alla fine».

Tu Martina come l'hai conosciuta e conquistata?
«Beh, come ti dicevo prima, l'ho conosciuta nell'ambiente, tra le corse e gli allenamenti al Velodromo di Montichiari. Non ti saprei neanche dire dove e quando esattamente è scoppiata la scintilla, è stata una successione di eventi».

Nicola Stufano



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