L'influenza dell'immagine corporea nei disturbi del comportamento alimentare

L’immagine che ognuno ha del proprio corpo comprenda la persona nella sua globalità.
del 27/08/14 -

L’immagine corporea è un costrutto multidimensionale caratterizzato dalle percezioni e dalle valutazioni dell’individuo in merito al proprio aspetto fisico; il primo a definirla fu Schilder che nel 1935 la denomina come “l’immagine del proprio corpo nella propria mente”, in seguito nel 1988 Slade la descrive come “l’immagine che abbiamo nella nostra mente di forma, dimensione, taglia del corpo e i sentimenti provati rispetto a queste caratteristiche e alle singole parti del corpo”: da ciò risulta che l’immagine corporea ha una componente percettiva, cioè come la persona visualizza taglia e forma del proprio corpo, una affettiva, i sentimenti provati, una cognitiva, cioè cosa la persona pensa a riguardo e una comportamentale, cioè cosa fa a riguardo tipo dieta e attività fisica.
Da queste componenti si può capire come l’immagine che ognuno ha del proprio corpo comprenda la persona nella sua globalità; Cash nel 2002 mette in risalto come questa immagine sia “l’insieme di percezioni e atteggiamenti di ciascuno collegati al proprio corpo, vale a dire pensieri, convinzioni, sentimenti e comportamenti.”

Hilde Bruch nel 1962 per la prima volta elaborò una teoria sistematica sul ruolo dell’immagine corporea nella fenomenologia dei DCA e in particolare nell’anoressia definendola “un disturbo dell’immagine corporea di proporzioni deliranti” e asserendo che qualsiasi miglioramento nella sintomatologia sarebbe stato temporaneo “senza un cambiamento correttivo dell’immagine corporea”.

Lei affermò che soggetti affetti da disturbi alimentari cercano frequentemente il controllo perché non si sentono capaci di controllare i rapporti personali, le reazioni interne e gli eventi in generale e sono disposti a confinare le loro vite focalizzandosi sull’alimentazione e sulle dimensioni corporee.

La maggior parte delle persone con DCA è molto preoccupata del proprio peso, molte si pesano frequentemente e si preoccupano anche delle più piccole variazioni, altre evitano di conoscerlo per allontanarne la preoccupazione che permane; alcune pazienti controllano e scrutano ripetutamente il proprio corpo focalizzandosi sugli aspetti che non amano, altre evitano di guardarsi ritenendosi grasse e disgustose: questi continui controlli ed evitamenti mantengono l’attenzione sul corpo e sul peso, ottenuta mediante anche un continuo confronto con gli altri; la sensazione di essere grasse le porta a pensare di essere realmente grasse, nonostante la loro oggettiva magrezza. Queste preoccupazioni sull’aspetto hanno un effetto sulle relazioni sociali e intime che vengono evitate o almeno limitate.

Tra gli aspetti di personalità valore hanno l’autostima, il perfezionismo, un’attenzione sul proprio aspetto e i propri comportamenti, il bisogno di approvazione sociale, l’attaccamento e valori/atteggiamenti legati al genere. Questi fattori interagiscono con l’importanza che ognuno dà al proprio aspetto e i giudizi e le convinzioni che ciascuno ha su di sè. Ogni persona in più nel corso della vita elabora degli schemi di sè frutto dell’elaborazione di passate esperienze nel porsi a contatto con altri, che insieme alle emozioni associate guidano l’attenzione che il soggetto pone su eventi interni o esterni che possono attivare giudizi sulla propria immagine e dialoghi interni, e fanno in modo che l’individuo metta in atto determinati comportamenti di evitamento di certe situazioni, mascheramento del corpo, correzione di presunti difetti corporei ricerca di rassicurazione sociale ecc. Altre persone riescono a mettere in atto una positiva accettazione razionale prendendosi cura di sè.



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