Il tema dell'abbandono

Ci sono persone adulte che vivono realmente la sindrome dell’abbandono, e questo è un problema che nasce da un’identità profondamente personale che ha a che fare con l’individuale e che sul piano relazionale si propone solo in quanto ripercussione.
del 15/07/14 -

Ogni relazione primordiale madre-bambino è a se, e ciascuna si caratterizza con un tipo di attaccamento relazionale diverso, ci sono madri che instaurano con il figlio nei primi sei mesi di vita un attaccamento di tipo sicuro ed altre di tipo insicuro ed evitante.

Chi ha avuto maggiori rassicurazioni nelle cure e nel trattamento dalla figura materna sa essere sicuro di se e della funzionalità del rapporto instaurato con l’altro, al contrario chi ha una sicurezza debole, vive ogni allontanamento anche per motivi logistici del partner, come se fosse un desiderio di fuga da parte dello stesso, non si sente accettato e compreso anche se da parte dell’altro c’è un sentimento ed un atteggiamento tutt’altro che escludente.

Ci sono quindi delle persone adulte che vivono realmente la sindrome dell’abbandono, ma questo come abbiamo finora spiegato è un problema che nasce da un’identità profondamente personale che ha a che fare con l’individuale e che sul piano relazionale si propone solo in quanto ripercussione.
Il tradimento a volte diventa come un vero e proprio fantasma, che aleggia nella mente di un partner il quale non si sente realmente all’altezza di essere meritevole di amore e soprattutto di accettazione da parte dell’altro, quindi soffre, si sente perdente e pensa che chiunque possa essere migliore di se stesso.

Questo capita anche a donne molto belle da un punto di vista estetico e a uomini affascinanti, i quali si vanno a cercare a livello più o meno consapevole, relazioni difficili, con persone particolari che possono ad esempio essere impegnate in altre relazioni o con problemi di varia entità e natura, che pur non rimanendo indifferenti al loro essere persone attraenti, però non ottengono da tali relazioni quanto sperato ed ambito, se non il vissuto di frustrazione e sofferenza.

Superare queste difficoltà non è così semplice, sentirsi in grado di avere una relazione affettiva stabile e soddisfacente chiama ad un ripescaggio delle proprie origini e quelle non sono modificabili, ciò su cui si può intervenire è il qui ed ora, quando cioè la persona è stanca di vivere i propri fallimenti relazionali, scatta la motivazione ad un cambiamento che sia profondo e radicale tanto da affidarsi ad un altro esperto: lo psicoterapeuta.
Anche questo con il terapista non è un rapporto semplice in quanto si tratta di affidarsi e lasciarsi andare a qualcuno che in quel contesto ha più potere, pertanto, anche questo rapporto rievoca quello con il genitore ecco perché si propone come importante e risolutivo. L’empatia con il rapporto con la propria madre è già di per se funzionale e mette a dura prova di resistenza il paziente che può decidere se continuare o interrompere il percorso e, qualora andasse avanti si prospetta per lui la possibilità mai avuta prima, riuscire a parlare in modo diretto al proprio genitore tirando fuori il sé reale.

Il terapista infatti è lo schermo sul quale proiettare le rabbie, frustrazioni e dubbi irrisolti fin’ora, la differenza che fornisce la chiave per il cambiamento è che quelle domande per la prima volta troveranno una risposta tutt’altro che semplice ed indolore per il paziente il quale per la prima volta viene riconosciuto nella sua parte adulta e, crescere tutto d’un fiato non semplice, in quanto dietro a quelle difficoltà a quelle sofferenze della mania d’abbandono si riconosceva la reiterazione dell’infantilismo del soggetto in trattamento.

Anche nella relazione con il terapeuta si agisce in questi casi la propria specialità ovvero, mettere in moto la frustrazione, ma in questo caso funge da playmaker per entrare nel vivo della problematica ed iniziare ad elaborare quel lutto creato dalla separazione subita dalla propria madre e finora mai affrontato.



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