Il Cinema racconta l’Alzheimer

Francesco Felli parla del cortometraggio “Ogni Giorno” e del nuovo film di Avati “Una Sconfinata Giovinezza”. Due film con lo stesso cuore.
del 21/10/10 -

Siamo in compagnia di Francesco Felli, giovane regista romano autore di alcuni splendidi cortometraggi, il più famoso dei quali è senza dubbio “Ogni Giorno”. Quando è uscito il nuovo film di Pupi Avati, “Una Sconfinata Giovinezza” (che parla di come una coppia innamorata possa convivere con l’Alzheimer) chiunque avesse visto “Ogni Giorno”, ai Festival oppure trasmesso da Sky Cinema, deve aver pensato: questa storia è stata già raccontata!
Facciamo un po' di chiarezza?

Perfetto. Non aspettavo altro, vista la confusione di questi giorni. Per questo ho scelto di parlare. Non tanto per dire, quanto piuttosto per smentire.

Eppure gridando al plagio avrebbe potuto farsi un po' di pubblicità

Credo che avrei fatto solo la figura dello scemo. Sarà di moda, ma preferirei evitare, almeno finché me ne accorgo.

Ripartiamo dal principio. Lei nel 2008 ha realizzato un bellissimo cortometraggio sulla malattia dell’Alzheimer con protagonisti Carlo delle Piane e Stefania Sandrelli

Esatto.

Il cortometraggio, tra l'altro, ha avuto una certa diffusione, sia nei tanti passaggi televisivi, sia partecipando a tanti festival importanti, molti dei quali vinti, come ad esempio il Festival del Corto di Roma, Capri, il David, i Nastri d'argento, la 25a ora...

Ma è un interrogatorio?

Se non sbaglio lei è laureato in legge... saprà come difendersi.

(Ride)

Insomma, possiamo dire che il corto è stato visto da moltissima gente

Sì, molto di più di quanto accada solitamente.

E Pupi Avati l'ha visto?

Certo. Anzi è stato l'unico regista cui l'ho consegnato "brevi manu". Anzi per la precisione sono andato alla DueA [la società di produzione di Avati NDR] con Carlo Delle Piane che, visti i tanti film realizzati assieme, ha un grande legame affettivo con Pupi. Il giorno dopo Pupi e il fratello Antonio (che è il produttore dei suoi lavori) ci hanno telefonato per complimentarsi.
Tra l'altro leggendo qualche mese dopo un'intervista su “Il Tempo”, ho appreso che Pupi aveva definito l'interpretazione di Delle Piane in “Ogni Giorno” come la migliore di sempre.

Se Pupi Avati dunque aveva visto il suo corto, è quantomeno una strana coincidenza che abbia deciso di fare (proprio lui) un film sull'Alzheimer, considerando che, pur essendo un tema importante, in Europa non se n'era occupato praticamente mai nessun regista. C'ha pensato?

Certamente. Ed anche non fosse stato un ragionamento spontaneo, di sicuro me l'hanno suggerito in molti nelle ultime settimane. Amici ma soprattutto giornalisti che cercavano di accendere una sciocca polemica.

Comprensibile, forse. Quante possibilità c'erano che a pensare di parlare di Amore ed Alzheimer fosse proprio il regista cui lei aveva consegnato la copia del corto un anno fa?

Nessuna credo. Infatti sono convinto che quel lavoro abbia in qualche modo stimolato la curiosità di Pupi per questa terribile malattia. D'altronde dopo l'uscita ci siamo scambiati delle email in cui lui stesso mi ha confermato questa impressione.

Però di questo non c'è traccia nelle interviste di Avati

Chiedetelo a lui. Forse questo è l'unico appunto che posso muovergli.

Quanto simili sono i due film?

Tantissimo in partenza, pochissimo nello svolgimento. In tutti e due la malattia viene esaminata nel rapporto di coppia: in entrambi è il marito ad essere affetto dall'Alzheimer. In entrambi la moglie è alla ricerca di un modo, una strada, per comunicare con lui. Fin qui ci sono punti di contatto; poi, però, abbiamo scelto due modi molti diversi per proseguire.
Tutte le altre analogie sono certamente dovute alla malattia che ha sintomi e sviluppi che inevitabilmente finiscono con caratterizzare la storia in un certo modo.

Pupi Avati dice di aver trattato l'Alzheimer non in chiave dolorosa... perché, alla fine, sulla patologia del protagonista, prevale la grandissima storia d’amore che lui riesce a rinsaldare con la moglie.
Lei, Felli, aveva dichiarato due anni prima: “Il film non intende dipingere i toni più drammatici del problema […] nello scrivere la sceneggiatura, infatti, ho badato a non perdere l’equilibrio, in bilico tra la necessità di non camuffare la realtà della malattia e la voglia di raccontare una storia d’amore così forte da andare oltre la memoria”.
Altra coincidenza?

Sicuramente. E poi ribadisco: se un regista tanto famoso quale è Avati si fosse davvero ispirato al mio corto o alle mie dichiarazioni, ciò non potrebbe certo causarmi dei fastidi o delle gelosie, ma piuttosto mi confermerebbe la qualità del lavoro fin qui realizzato.



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