Il centenario della guerra bianca

Quella combattuta sulle Dolomiti è stata una guerra faticosissima, della quale si celebra il centenario solo il prossimo anno: l'Italia, infatti, entrò in guerra nel maggio del 1915, e improvvisamente i Monti Pallidi divennero luogo di scontro tra genti che fino ad allora erano abituate a convivere e collaborare.
del 08/07/14 -

Ancora oggi le montagne più belle del mondo conservano tracce evidenti di quel massacro. In occasione del centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, l'agenzia giornalistica di informazione turistica AIT Dolomiti racconta alcuni luoghi simbolo della guerra sulle Dolomiti e alcune iniziative in programma per celebrare questa storica ricorrenza.

I luoghi della Prima Guerra Mondiale sui Monti Pallidi sono affascinanti e allo stesso tempo terribili. Finché non si è proprio sotto le crode, in cima a un ghiaione o su un sentiero stretto che strapiomba a valle per centinaia di metri, non ci si rende conto di quanto dev'essere stato difficile fare la guerra in montagna. Per due anni e mezzo soldati provenienti da tutta Italia hanno combattuto abbarbicati su spuntoni esposti, hanno subito inverni spaventosi, aperto nuove vie per sorprendere nemici altrettanto in difficoltà. La maggior parte dei soldati caduti durante la Guerra Bianca sulle Dolomiti, infatti, è morta a causa delle slavine, del freddo pungente o di “banali” errori da alpinista.

Il posto migliore per capire la sfida logistica della Guerra Bianca è la galleria del Piccolo Lagazuoi, poco sopra Cortina d'Ampezzo. Ci si arriva facilmente dal rifugio Lagazuoi (si sale anche in funivia, da passo Falzarego). I soldati italiani la scavarono per sorprendere il nemico austriaco che occupava la cima del Piccolo Lagazuoi. È ripidissima – perciò si fa in discesa, generalmente – e buia: conviene portarsi una pila frontale. Qui è lì è rischiarata da alcune finestre di roccia, che offrono viste a dir poco mozzafiato. All'uscita, sulla cengia Martini, resti di baraccamenti. Una particolarità del luogo riguarda la tecnica di guerra ivi impiegata: questa zona, infatti, viene classificata come una delle aree dove si combatté più violentemente la guerra delle mine, usate per stanare gli avversari dai loro rifugi tra le alte vette. La Guerra Bianca, perciò, cambiò profondamente non solo la storia di tutti gli uomini, ma determinò anche un profondo mutamento geologico: le Dolomiti del 1915 avevano infatti un aspetto ben diverso da quelle che possiamo ammirare oggigiorno.

La Marmolada fu un altro dei teatri della Prima Guerra Mondiale, che vide in quest’area il fronte austriaco e quello italiano divisi da poche centinaia di metri di roccia e ghiaccio. Impressionante è soprattutto pensare che all’interno del ghiacciaio della Marmolada fu costruita una vera e propria città, conosciuta come la "Città di Ghiaccio", una rete di gallerie, depositi, cucine e dormitori che si estendeva per circa 12 km sotto la superficie del ghiacciaio raggiungendo una profondità anche di 50 metri. I reperti e i cimeli appartenuti ai due eserciti sono raccolti nel Museo della Grande Guerra, il più alto d’Europa a quota 2950 m, facilmente raggiungibile da tutti con la funivia della Marmolada. Dalle vetrate è visibile anche la postazione italiana del fronte a Punta Serauta, che dista solo cinque minuti a piedi dal museo e richiede, per la visita, circa un’ora e mezza. Lungo il sentiero si attraversa una ferrata, con fune d’acciaio a cui ancorarsi: un percorso non difficile ma per il quale le guide consigliano abbigliamento e attrezzature adatte e, per sicurezza, un cordino e un moschettone.

Al Monte Piana si sale da Misurina: 500 metri di dislivello lungo una vecchia via militare in parte scavata nella roccia. Il monte Piana, come dice il nome, è un altopiano orizzontale tra picchi e crode di ogni colore e forma: le Tre Cime di Lavaredo, i Cadini di Misurina, il Sorapiss, il Cristallo, la Croda Rossa. La vista è magnifica, il sole scalda e non c'è un rumore che disturbi l'assoluta quiete di fronte a queste montagne spettacolari. Pare incredibile che proprio qui siano morte più di quattordicimila persone, quasi un secolo fa. Ma a ricordarcelo troviamo ancora i camminamenti, le trincee, le gallerie, le quali ci testimoniano la sanguinosa storia del Monte Pianto (nome datogli dai soldati italiani al fronte), che per due anni e mezzo è diventato un teatro naturale su cui si sono fronteggiati duramente due eserciti.

E poi c'è il Col di Lana. Meglio nota come Col del Sangue, questa montagna gobbuta, sita dinanzi al maestoso organo del Civetta, si trova proprio sopra Livinallongo. Ci si arriva anche dal castello di Andraz, lungo il passo Falzarego: l'escursione è piacevole e i resti del castello, in quella posizione meravigliosa, varrebbero da soli una visita.
Anche questa cima, come le due precedenti, è diventata tristemente famosa per la guerra delle mine che hanno devastato le Dolomiti: ancora oggi è possibile vedere l'enorme cratere lasciato proprio da una delle esplosioni. Ma fu proprio grazie alle mine, che gli italiani riuscirono a conquistare il Col del Sangue. Subito dopo la vittoria, però ci fu la disfatta di Caporetto ed i soldati italiani furono costretti a lasciare non solo questa vetta, con la sua vista magnifica, ma anche il resto delle postazioni sulle Dolomiti, per ritirarsi oltre il Piave, sul Monte Grappa. I nostri soldati dovettero così abbandonare il fronte, ma ciò permise loro di evitare un terzo difficilissimo inverno tra le montagne più belle del mondo.

Ma il ricordo della Grande Guerra passa anche attraverso una serie di incontri pensati appositamente per valorizzare la storia del territorio dolomitico.



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