Il caffè previene la depressione nelle donne

Un recente studio, intitolato "Caffè, caffeina e rischio di depressione tra le donne", dell'Harvard School of Public Health (Boston, Massachusetts) pubblicato su "Archives of Internai Medicine", ha affermato che bere caffè ridurrebbe il rischio di depressione per le donne.
del 22/07/18 -

Secondo i ricercatori, guidati dal nutrizionista Michel Lucas, il rischio di depressione calerebbe del 20% tra le donne che bevono quattro tazze di caffè al giorno o più, rispetto a chi beve altre sostanze. Le donne abituate a bere caffè decaffeinato, té, bevande analcoliche e cioccolato, bevande prive o quasi di caffeina, non sembrano essere protette dal rischio della depressione.

I ricercatori hanno preso in esame, per dieci anni, dal 1996 al 2006, un campione di 50.739 donne, età media 63 anni, che non mostravano segni di depressione all'avvio della ricerca. I soggetti sono stati seguiti, attraverso questionari centrati sul personale consumo di caffè e bevande contenenti caffeina. In particolare è stato chiesto quanto spesso avessero consumato, nel corso dei dodici mesi antecedenti la compilazione di ogni questionario, caffè con o senza caffeina, té, bevande analcoliche con caffeina (zuccherate o a basso contenuto calorico) o senza caffeina, cioccolato.

Dalle conclusioni dello studio sono emersi alcuni dati interessanti: le donne che avevano consumato due o tre tazze di caffè al giorno avrebbero evidenziato una minore probabilità (15%) di sviluppare problemi depressivi rispetto a coloro che avevano bevuto al massimo una tazza di caffè a settimana; le donne che ne avevano bevuto almeno quattro al giorno avrebbero mostrato un rischio inferiore del 20%. Gli autori hanno sottolineato che lo studio suggerirebbe la possibilità che il caffè svolga un effetto positivo sul tono dell'umore, ma ovviamente sono necessarie ulteriori ricerche a conferma di tali potenzialità.

Sui risultati pubblicati dai ricercatori americani è intervenuta con un autorevole parere anche la Società Italiana di Scienza dell'Alimentazione (SISA), diretta dal professar Pietro Migliaccio. Lo studio , si sostiene, conferma quanto già da tempo avevamo affermato circa l'effetto del caffè. Pertanto, dopo avere recepito gli importanti effetti positivi del caffè sulla concentrazione, l'attenzione e la prontezza di riflessi, ora con questo studio si entra in un campo molto più ampio, ricco di possibilità, che riguarda la prevenzione delle malattie relative alla psiche, dalla depressione ad altri disturbi sia pur lievi. D'altra parte, è noto da anni che la caffeina interagisce positivamente con diversi recettori, favorendo una situazione di benessere. Su questa base l'assunzione di caffè può assicurare qualche beneficio dal punto di vista psicologico anche al paziente depresso, al quale l'uso del caffè non è mai stato vietato o sconsigliato, a patto naturalmente che non interferisca con l'assunzione di tarmaci antidepressivi. Sempre a questo riguardo può essere interessante ricordare che nel 2014 sul World J Biol Psichiatry sono stati elaborati i dati provenienti da tre vastissimi studi di follow-up durati 20, 16 e 14 anni e riguardanti nel complesso circa 200mila fra uomini e donne, circa i rapporti fra consumo di caffè e caffeina e il rischio di autolesionismo. Le conclusioni, che hanno permesso di stabilire che il consumo di caffeina è associato chiaramente ad un diminuito rischio di autolesionismo, meritano di essere ricordate in questa sede in considerazione delle riconosciute connessioni esistenti fra sindromi depressive e tendenza a tali comportamenti.

Le proprietà e i benefici del caffè

A quanto pare bere caffè (sempre senza esagerare, ovvio) non solo potrebbe salvarci dalla depressione, ma ha anche tanti altri lati positivi. Ecco i principali:

Aiuta la mente e il corpo
È in grado di bloccare un neurotrasmettitore chiamato adenosina, rilasciando dopamina e noradrenalina, che aumentano le nostre prestazioni psicofisiche immediatamente. Così migliorano i nostri tempi di reazione, la memoria e le funzioni cognitive. Essendo uno stimolante, poi, la caffeina accelera anche il metabolismo aiutando lo smaltimento dei grassi acidi e migliorando le prestazioni fisiche fino al 12%.

Diminuisce i rischi di diabete, Parkinson e Alzheimer
Essendo ricco di antiossidanti, il caffè aiuta a contrastare l'invecchiamento. Inol­tre, secondo recenti studi, ridurrebbe sensibilmente anche il rischio di diabete di tipo 2 e Parkinson.

Fa bene al fegato
Secondo uno studio che ha esaminato 125 mila persone, coloro che bevono almeno una tazza di caffè al giorno hanno il 20% di probabilità in meno di ammalarsi di cirrosi epatica, ovvero la patologia tipica di chi fa un consumo eccessivo di alcol. Questo perché il caffè aiuta il fegato a metabolizzare alcol e fruttosio, diminuendo anche il rischio di tumore al fegato.

È nutrizionalmente valido
Infatti non contiene solo caffeina, ma anche vitamine (B1, B2, B3 e B5) e minerali (potassio, manganese e magnesio). Con un numero sufficiente di tazze al giorno, la quantità di queste sostanze può soddisfare tranquillamente il fabbisogno giornaliero.

Aiuta contro la cellulite
Innalzando il metabolismo basale, infatti, stimola l'organismo a eliminare le cel­lule adipose tra cui si creano i depositi di liquidi che causano gli inestetismi e la cosiddetta pelle "a buccia d'arancia".

L'aiuto dell'aroma
II semplice profumo del caffè ha la capacità di farci sentire meno stressati. Una ricerca della Seul National University ha dimostrato, esaminando il cervello dei topi sotto stress per carenza di sonno, come il solo profumo del caffè riusciva a provocare cambiamenti nelle proteine che causavano questo stato psicologico.

Ridotta propensione all'autolesionismo
Questo effetto è stato dimostrato sempre dalla Harvard School of Public Health, secondo la quale bere tra le 2 e le 4 tazze di caffè al giorno riduce del 50% il rischio di autolesionismo, fino anche alle conseguenze più estreme.

Abbassa il rischio di tumore alla pelle
Anche in questo caso l'efficacia del caffè è stata dimostrata per ora solo sulle donne, attraverso una ricerca della Brigham and Women's Hospital and Harvard Medicai School di Boston, su un campione di oltre 112 mila donne e uomini, esaminati in un arco temporale di 20 anni.



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