I videogiochi hanno un impatto negativo sui bambini?

I videogiochi hanno solo un impatto negativo sui ragazzi? E cosa fare dunque e come comportarsi nei confronti di questi contenuti che ormai fanno parte integrante della vita nostra e dei nostri figli?
del 17/02/15 -

Giocando troppo a lungo con i videogiochi, secondo una ricerca condotta da psicologi americani, renderebbe i bambini aggressivi e antisociali.
Cosi come un decennio fa era la televisione, i videogiochi diventano adesso una sorta di baby sitter a cui genitori troppo impegnati affidano i propri figli.
Secondo recenti statistiche, sono i bambini i soggetti che rimangono più a lungo esposti a questa tipologia di contenuti, complice anche la possibilità di giocare con smartphone e tablet: risulta infatti che giocano in media 3-4 ore al giorno e in alcuni casi, anche dalle prime ore della giornata. Un’esposizione eccessiva dunque inciderebbe negativamente sul comportamento dei ragazzini e sul rendimento scolare (problemi di memoria e di attenzione).

Ma è proprio così? I videogiochi hanno solo un impatto negativo sui ragazzi? E cosa fare dunque e come comportarsi nei confronti di questi contenuti che ormai fanno parte integrante della vita nostra e dei nostri figli? Secondo gli esperti italini di pedagogia che si occupano in modo specifico di bambini e multimedia, il videogioco potrebbe avere in realtà anche un valore educativo.

Anni fa il filosofo Karl Popper dichiarò la televisione “cattiva maestra”, soprattutto per la violenza che comunica e proprio ai più giovani. Tale tesi è stata ripresa nei confronti dei videogiochi, ma fu criticata dai sociologi che sottolinearono che il videogioco “fa bene ai bambini”. È una finestra aperta sul mondo. Diverte ed educa con contenuti più cognitivi e più sociali al valore del conoscere come a un comportamento più solidale.

Di fatto però il videogioco può essere “nemico” se lasciato a un uso libero da parte dei ragazzi; fa bene invece se selezionato, guidato nell’uso, sperimentato e agito insieme agli adulti: genitori, nonni, zii etc., i quali commentano, spiegano, temperano l’impatto meno educativo di alcuni videogiochi.

Tuttavia è altrettanto vero che i genitori la usano spesso come baby sitter. Così questo contenuto multimediale diventa passatempo e favorisce un uso molto libero di quel mezzo. Questo perché le case hanno poco spazio per le attività di gioco dei ragazzi, come anche nelle città i quartieri hanno pochi giardini o spazi-gioco (ludoteche, biblioteche).

Allora il videogioco diviene una risorsa per l’uso del tempo libero, a portata di mano e a basso costo (prendiamo per esempio le app di giochi scaricabili sui cellulari in modo gratuito). E su tutto ciò devono essere sensibilizzati proprio i genitori. Essi devono avere una conoscenza più organica dei vari giochi e dell’uso che i propri figli fanno di quest'ultimi. Devono stabilire tempi e regole per tale uso, favorendone un uso intelligente e più critico, e in questo uso critico la famiglia può avere per alleata la scuola.

E' inutile nascondersi dietro un dito. I videogiochi sono una vera “passione” per i ragazzi. Non stupisce che, specialmente per le app su mobile, i videogiochi negli ultimi anni hanno avuto un boom importante, tanto da far nascere dei veri e propri fenomeni di massa. Clash of Clans e Boom Beach, ne sono un esempio, e sempre più sorgono comunità online come "Trucchi Boom Beach" che racchiudono in sè, videogiocatori che discutono e si scambiano guide e consigli.

Tuttavia, andrebbero esclusi i videogiochi violenti, ipercinetici, il cui messaggio è di sopraffazione o di lotta estremizzata, e andrebbero invece favoriti quelli di avventura, di scoperta, di ruolo, di conquista in cui sono più presenti i valori che i ragazzi stessi sentono e devono sentire più propri: la cura, la sicurezza, l’amicizia, l’empatia etc. Così anche i videogiochi educano. Anche sul piano cognitivo: stimolano a simulazioni, aprono al virtuale, sviluppano l’immaginario.



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