Così il cervello ci aiuta a capire le azioni degli altri

Ricercatori dell’IRCCS Medea e Università di Udine mostrano come la via dorsale e la via ventrale della corteccia cerebrale collaborino nella comprensione dei comportamenti altrui, integrando il movimento nel contesto in cui si svolge. Lo studio pubblicato su PNAS fornisce indicazioni utili per la riabilitazione dei disturbi della percezione sociale. In fase di sperimentazione un training in realtà virtuale.
del 24/06/20 -

Nella maggior parte delle interazioni sociali ci basiamo sull’osservazione delle azioni degli altri per capire cosa vogliono fare. Al tempo stesso, non possiamo aspettare di osservare tutto il movimento per capire le intenzioni che lo hanno indotto, ma dobbiamo raffigurarci in anticipo ciò che gli altri stanno per fare in modo che l’interazione possa essere fluida.

Nella comprensione del comportamento altrui un ruolo determinante è dato dal coinvolgimento di una via dorsale che, dalla corteccia visiva e tramite la corteccia parietale, porta a creare una rappresentazione delle azioni degli altri nel sistema motorio dell’osservatore.

Recenti studi, però, hanno dimostrato che per comprendere le azioni altrui utilizziamo anche aspettative legate al contesto in cui le azioni si verificano, come l’ambiente o gli oggetti utilizzabili. Ad esempio, se vediamo una persona che si avvicina a una tazza piena, anticipiamo che probabilmente quella persona stia prendendo la tazza per bere, mentre se la tazza è sporca e vuota, anticipiamo che probabilmente voglia prenderla per lavarla e metterla a posto. Altri indizi devono essere utilizzati nel caso in cui la tazza sia mezza piena, e quindi il contesto sia ambiguo, costringendoci ad aspettare di poter osservare fasi successive del movimento per fare una previsione più affidabile ed adattare di conseguenza il nostro comportamento. Ora, anticipare precocemente se una persona stia prendendo una tazza per bere o sparecchiare non ci cambia la vita, ma anticipare il perché una persona stia prendendo un coltello potrebbe farlo. Per questo, non possiamo aspettare di osservare tutto il movimento fino alla fine, ma dobbiamo usare indizi contestuali per predirlo. L’elaborazione di tali indizi contestuali coinvolge prettamente un’area visiva ventrale, che dalla corteccia visiva porta le informazioni alle cortecce temporali dove vengono riconosciuti gli oggetti.
Se e come la via dorsale per la percezione dei movimenti interagisca con quella ventrale per il riconoscimento di oggetti è poco chiaro.

Uno studio, realizzato da Lucia Amoruso, Alessandra Finisguerra e Cosimo Urgesi in collaborazione tra Università di Udine e IRCCS Eugenio Medea (https://doi.org/10.1073/pnas.1921512117) pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze PNAS (IF 9.58), ha cercato di capire come queste due vie interagiscano nel riconoscimento delle azioni osservate.

Per fare ciò i ricercatori hanno sfruttato la maggiore sensibilità della via dorsale a informazioni visive a bassa frequenza, che evidenziano per lo più contorni grossolani, e la maggiore sensibilità della via ventrale a informazioni ad alta frequenza, che mettono in evidenza i dettagli. Ai partecipanti è stato mostrato un attore che compiva diverse azioni in contesti congruenti, ad esempio prendere una tazza piena dal suo manico come per bere, o incongruenti, ad esempio prendere una tazza vuota dal manico come per bere. Come atteso, gli osservatori, a parità di movimento presentato, sapevano predire l’azione corretta meglio in contesti congruenti che in contesti incongruenti. Questo dimostra come per predire il comportamento altrui utilizziamo sia il loro movimento sia il contesto circostante.

L’effetto del contesto, però, non si rifletteva solo sulla capacità degli osservatori di predire l’intenzione, ma anche sull’attivazione della loro corteccia motoria. Grazie alla stimolazione magnetica transcranica, i ricercatori hanno visto che tale attivazione non era solo modulata dall’osservazione del movimento, ma anche dalla compatibilità del contesto in cui tali movimenti si svolgevano.

“Il risultato più interessante – spiegano i ricercatori - è emerso studiando le reazioni dell’osservatore selettivamente in base a quello che vedeva durante la presentazione di stimoli visivi contenenti solo le alte o le basse frequenze. Nel caso in cui venivano presentate solo le basse frequenze, che evidenziano i contorni più grossolani, quindi enfatizzando il lavoro della via dorsale, il contesto smetteva di giocare il suo ruolo nella capacità di riconoscimento delle azioni. Sia sulla capacità degli osservatori di predire le azioni, sia sull’attivazione della loro corteccia motoria in questi casi era importante solo il movimento che veniva osservato. Quando, invece, venivano presentate solo alte frequenze, che definiscono meglio i dettagli, quindi enfatizzando il lavoro della via ventrale, il contesto giocava un ruolo più importante rispetto al movimento, come se la corteccia motoria dell’osservatore, avendo poche informazioni sul movimento, utilizzasse le informazioni sul contesto portate dalla via ventrale per rappresentare le azioni dell’attore”.

Questi risultati non solo confermano che la via dorsale elabora principalmente informazioni sul movimento e la via ventrale sugli oggetti contestuali, ma suggeriscono anche che le due vie collaborano continuamente per predire nel modo più efficace possibile cosa stanno facendo gli altri.

Il dato non è solo rilevante per capire come il nostro cervello ci consenta di capire i comportamenti degli altri, ma fornisce anche indicazioni utili per la riabilitazione dei disturbi della percezione sociale. Persone con disturbo dello spettro autistico, infatti, presentano un’alterazione a livello della via dorsale, che li porta a concentrarsi di più sui dettagli che sulla scena globale, come se vedessero i singoli alberi e non l’intero bosco. Queste alterazioni sembrano portare a difficoltà nell’utilizzare le informazioni elaborate dalla via dorsale per comprendere i comportamenti degli altri, spiegando, probabilmente, le difficoltà nelle interazioni sociali che si riscontrano in queste persone. Manipolare quindi le frequenze della stimolazione visiva per queste persone potrebbe consentire di predisporre dei piani riabilitativi che, da una parte, allenino più specificatamente la via dorsale e la percezione del movimento con stimolazioni a bassa frequenza e, dall’altra, spingano a compensare la debolezza della via dorsale utilizzando la via ventrale e le aspettative basate sul contesto.

Questi risultati sono alla base di un training in realtà virtuale che è in fase di sperimentazione presso l’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini, dove bambini e adolescenti con problematiche del neurosviluppo si allenano in modo giocoso a predire le mosse di un avatar avversario utilizzando l’esperienza precedente e informazioni contestuali.

Per maggiori informazioni su questo lavoro consultare l’articolo originale:
Spatial frequency tuning of motor responses reveals differential contribution of dorsal and ventral systems to action comprehension
Lucia Amoruso, Alessandra Finisguerra, Cosimo Urgesi
Proceedings of the National Academy of Sciences May 2020, 201921512; DOI: 10.1073/pnas.1921512117



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