Cos’è il bike sharing di Uber e quali sono i problemi che ha nel mondo?

L’Europa saluta con entusiasmo il bike sharing di Uber. Negli Usa,invece, il servizio riscontra quale problema. Luci e ombre sul bike sharing di Uber
del 11/11/19 -

E’ notizia di questi giorni. Jump, il bike sharing di Uber, sbarca a Roma. Si tratta di un servizio di bike sharing attivo in diverse città americane e che in questi mesi ha aperto in diverse città europee tra cui Londra, Parigi, Bruxelles, Rotterdam… mentre in Europa le amministrazioni colgono con un certo entusiasmo il servizio di bike sharing di Uber, nelle città americane dove è attivo già da un paio di anni sorgono le prime problematiche. Ma procediamo con ordine.

Chi è Jump?
Jump è una società di bike sharing che nel 2018 è stata acquisita da Uber, pare da indiscrezioni, per 100 milioni di dollari. L’obiettivo, più o meno dichiarato, dell’acquisizione da parte di Uber, è quello di essere un player della mobilità e non solo più un’azienda che si occupa di ride sharing. Un player che si occupa di organizzare lo spostamento di una persona dal punto A a B, mixando se necessario tutti gli strumenti a disposizione.

Cos’è il bike sharing di Uber?
Si chiama Jump ed è un servizio intelligente di bike sharing. Tutte le bici sono elettriche a pedalata assistita e dotate di GPS. Hanno il sistema lock to che permette di lasciare le biciclette in giro per la città (free floating) senza doverle portare negli appositi spazi, ma al contempo evita che siano di intralcio nelle strade.

Come funziona il Bike Sharing di Uber?
Piuttosto semplice. Occorre scaricare l’applicazione da Google Store e App store , si identifica la bici sulla mappa, la si sblocca pagando lo sblocco e poi la si usa. Le tariffe sono di € 0,50 per lo sblocco e di 0,20 al minuto per l’utilizzo. E’ possibile inoltre lasciare in pausa, a pagamento, la bici, senza quindi utilizzarla ma evitando che qualcun altro la noleggi.

In altre parole, con Jump ci troviamo difronte a un bike sharing free floating simile a quello creato dalle compagnie cinesi Ofo e Mobike ma con una certa attenzione a non generare caos nel traffico.



I problemi del bike sharing di Uber negli USA




Ma il bike sharing di Uber, come ogni bike sharing che si rispetti, non è esime ad attriti con le amministrazioni locali.
Negli Usa, in particolare, Los Angeles e New York sembrano le città più ostiche.



Los Angeles
Di questi tempi la patria di Uber, cioè la California, sembra non andare molto d’accordo col colosso tech. Abbiamo già visto come la legge AB5 preveda che gli autisti di Uber e Lyft siano considerati dei dipendenti con tutte le tutele che ne conseguono, creando non pochi problemi ai colossi del ride sharing.

In questo caso l’attrito nasce da una richiesta piuttosto singolare dell’amministrazione di Los Angeles, la quale chiede a Jump di condividere i dati in tempo reale sulla posizione degli utenti.
Uber si è rifiutata per tutelare la privacy degli utenti. La notizia è piuttosto recente e risale allo scorso 29 Ottobre.
Il braccio di ferro è iniziato con il Dipartimento dei trasporti di Los Angeles (LADOT), il quale ha minacciato di sospendere la licenza di Jump se non avesse accolto la loro richiesta.
Uber ha rispedito al mittente la richiesta e ha così iniziato un’azione legale presso la Corte Superiore di Los Angeles per ottenere un ordine restrittivo temporaneo contro la sospensione della sua licenza.



New York
Sulla sponda opposta il problema del bike sharing di Uber è, appunto, l’opposto. In cambio dell’allargamento del servizio su Staten Island, Uber ha chiesto all’amministrazione di limitare la capacità dei ciclisti di fare causa alla società. Così facendo quando l’utente accede al servizio sottoscrivendo una clausola arbitrale forzata, rinunciando a tutti i suoi diritti.
In altre parole se qualcosa va storto, l’utente non ha grosse chance di andare in tribunale e fare causa alla società. Jump vuole diventare intaccabile sul territorio newyorkese e per farlo si gioca l’arma della popolarità che il suo servizio riscuote a Staten Island.
Questo genere di pratica però mina lo Stato di diritto e toglie qualsiasi tipo di tutela al consumatore. L’amministrazione De Blasio per ora resiste alle richieste di Jump.



Tempi duri per il Bike Sharing?
Tempi duri per il bike sharing. In origine sembrava un business piuttosto semplice…come farsi una pedalata con la bicicletta. Ma da quando è nato il bike sharing le problematiche si sono moltiplicate. Atti di vandalismo sulle bici, furti, città invase da biciclette abbandonate in mezzo alla strada e ora con, l’ausilio della tecnologia, c’è chi chiede di condividere i dati degli utenti e in ultima battuta c’è il problema delle cause legali legate dagli infortuni degli utenti.

Ma questo fa parte dell’evoluzione di un business. Ora l’unica domanda che tormenta gli operatori di settore pare che sia “il gioco vale la candela?”



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