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Come proteggersi da crepe nei muri e cedimenti con il consolidamento e la stabilizzazione delle fondazioni

Tra le cause principali che possono portare ad una situazione precaria della stabilità di un edificio possiamo nominare l’instabilità del terreno nel quale poggiano le fondamenta, una scarsa qualità dei materiali utilizzati nella sua costruzione, o un evento esterno come un terremoto, che possono causare crepe e cedimenti. Vediamo insieme come evitare che si formino ed evitare degli ulteriori danni ai nostri edifici
del 04/04/17 -

Cosa sono i cedimenti strutturali e perché avvengono?

Tra le cause principali che possono portare ad una situazione precaria della stabilità di un edificio possiamo nominare l’instabilità del terreno nel quale poggiano le fondamenta, una scarsa qualità dei materiali utilizzati nella sua costruzione, o un evento esterno come un terremoto. Per sopperire alla comparsa di crepe o sintomi di cedimento delle fondamenta o della struttura stessa, sono nate con l’apporto di moltissime branche di scienza e studi sulla pratica edilizia, degli interventi elaborati ad hoc per risolvere queste situazioni.

In particolare, dobbiamo considerare che la natura del territorio, a rischio sismico e idrogeologico medio-alto su gran parte dell’area, ha impegnato molte persone nello studio di soluzioni per la messa in sicurezza degli edifici a rischio. Va inoltre precisato che nella storia dell'edilizia italiana sono in maggioranza gli stabili costruiti in muratura, quando ancora non vigeva alcuna normativa di sicurezza, che è da sempre prevista invece per la costruzione di edifici in cemento armato. In ogni caso esistono diverse soluzioni per entrambi i materiali, che possono essere utilizzate persino per ambedue le tipologie di costruzioni con opportuni accorgimenti tecnici. Oltre alla stabilizzazione o consolidamento delle fondamenta, inoltre, vengono operati interventi specifici per la riparazione ed il restauro, a supporto del ripristino della stabilità dell’edificio.

Quali sono le tecniche ad oggi utilizzate per il consolidamento e la stabilizzazione delle fondazioni?

Prima di procedere meccanicamente con interventi di stabilizzazione delle fondamenta, è necessario effettuare un attento studio della situazione che può variare per tipologia anche a seconda del tipo di intervento che si sta per attuare. Ad esempio, dopo un terremoto, è difficile stabilire con precisione esatta se i danni arrecati alla struttura sono dovuti al deterioramento dei materiali, alle scosse sismiche oppure a causa di altre condizioni. Per questo motivo, una volta raccolte le informazioni necessarie sulla tipologia di materiali impiegati nella costruzione dell’edificio sul quale si sta lavorando, il terreno sul quale poggia e i fenomeni eventualmente avvenuti che potrebbero aver minato la stabilità dell’immobile, si utilizzano dei modelli che cercano di spiegare la serie di eventi che hanno portato alla situazione attuale. Va da sé che questo metodo è solamente di indagine e non rappresenta un’affidabilità totale, ma cerca di sopperire all’assenza di informazioni che non è possibile reperire (come nel caso di un terremoto, appunto).
Per aumentare la precisione di questi modelli vengono effettuati dei prelievi di campione, delle misurazioni, confronti con i dati catastali e rilievi sul posto. Tutta questa attività preliminare mira a ricostruire un quadro di intervento iniziale e che in particolare definisce: la storia della struttura, la misurazione della cosiddetta fessurazione, lo studio del terreno e delle fondazioni e del loro stato di compromissione.

La fase di intervento vera e propria si differenzia sia a seconda della tipologia di materiali utilizzati nella costruzione dello stabile che dalla tipologia di terreno sul quale si trova. Le principali tecniche applicate oggi per il consolidamento e la stabilizzazione delle fondazioni sono uno di tipo chimico e l’altro di tipo meccanico. Il primo è un metodo che richiede uno studio specifico del terreno nel quale è avvenuto un cedimento o lo si attende, ed utilizza una resina di poliuretano con capacità di espansione autonoma e viene iniettata a bassa pressione nel terreno, con lo scopo di riempire le crepe nel terreno (generalmente di tipo verticale) e riassestare le fondamenta, oppure con l’obbiettivo di riportare lo stato chimico-geologico del terreno che si è modificato a seguito di un evento naturale, alla situazione di massima stabilità per le fondazioni.

Per fare ciò, si utilizzano campioni prelevati nei terreni vicini che non hanno subito cedimenti. Il secondo tipo di intervento invece si chiama palificazione e avviene attraverso l'inserimento per presso-infissione di micropali in acciaio per trasferire il peso che grava sulle fondamenta in profondità, dove lo stato del terreno non ha subito modifiche e cedimenti. Infine esiste un metodo alternativo utilizzato quando il rischio di cedimenti è impellente e si richiede un intervento drastico, con la combinazione dei due metodi sovraesposti. Per richiedere questo tipo di applicazioni ci si deve rivolgere ad aziende esperte come la Carbonfibre di Montevarchi, che opera in questo settore da molti anni e che dispone di un personale qualificato per la messa in sicurezza delle fondazioni.



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