Ansia e Metacognizione

Nuova prospettiva per la gestione dell'ansia. Descrizione dei meccasimi ansiogeni più comuni e spiegazione dell'eziologia secondo una prospettiva metacognitiva.
del 31/03/18 -

Abbiamo sempre considerato l'ansia, i disturbi di panico ed umore depresso derivare da distorsioni cognitive (generalizzazione, pensiero catastrofico, pensiero dicotomico ecc...).
E' ampiamente dimostrato, da diversi anni, che il principale problema non è rappresentato dai nostri pensieri e dai contenuti degli stessi, quanto piuttosto dal modo in cui noi reagiamo a questi pensieri.

Tutti, nella nostra vita andiamo incontro a pensieri irrazionali, pensieri intrusivi, ossessivi, pensieri con i quali ci svalutiamo, ci critichiamo, ci preoccupiamo e ci creiamo anticipazioni negative del futuro e del nostro essere o meno all'altezza di una situazione.
Ogni persona, a fronte di esperienze passate acquisisce dei modelli di lettura di se', del mondo e delle relazioni. Immagazziniamo una sorta di credenze metacognitive che possono crearci problemi, ad esempio:

(Se mi preoccupo, saro' preparato, se mi focalizzo sul pericolo riusciro' a proteggermi, devo controllare i miei pensieri o faro' qualcosa di sbagliato); oppure (preoccuparmi mi puo' danneggiare, i pensieri negativi hanno il potere di farmi fare cose brutte, se credo/penso di essere in pericolo allora lo sono davvero).

Tutte queste credenze sono basate sulla convinzione errata che cio' che è pensiero corrisponde alla realtà; come se il fatto di credere che la preoccupazione danneggera' il mio corpo corrisponde alla realtà; ossia il mio corpo sarà danneggiato.
es: (Se sono convinto che preoccuparmi mi aituera' a tenere tutto sotto controllo e a non sbagliare, allora iniziero' a rimuginare a cercare di anticipare situazioni e cercare soluzioni).
Nel grafico che segue, illustro come, reagendo ad un pensiero negativo, rischiamo di innescare un circolo fobico, aumentando il senso di ansia e tensione fino a sperimentare panico e perdita di controllo.

In linea con la lettura proposta daWells , (Wells A. 2013, 103), la persona con disturbo d'ansia di fronte ad uno stimolo interno (sensazione, emozione) o esterno (situazionale), entra in contatto con un pensiero intrusivo (fattore scatenante). A questo punto inizia a reagire a tale pensiero in un modo che andra' a rafforzare la sensazione di preoccupazione.
Prima di tutto fa ricorso ad una sua credenza, secondo la quale preoccuparsi puo' aiutarlo ad organizzarsi (metacognizione positiva attivata) e quindi riuscire a gestire il fine settimana (evento temuto).

A questo punto attiva il rimuginio (preoccupazione tipo 1) iniziando ad anticipare problemi e immaginando soluzioni a queste.
Man mano che nella sua mente si affollano tali dubbi e possibili scenari negativi, la persona sperimentera' un aumento dell'attivazione psicofisiologica, sentendosi ancora piu' teso, confuso, sull'orlo di perdere il controllo (metacognizione negativa attivata).
In questa fase inizia a convincersi che non puo' controllare la preoccupazione crescente e che questa potrebbe danneggiarlo (preoccupazione di tipo 2).

Nella fase finale la persona riterra' indispensabile agire, mettere in atto dei comportamenti quali evitare la situazione, o utilizzare comportamenti impulsivi o di evitamento (strategie di coping). Tutte queste strategie di coping risulteranno non efficaci nel lenire la preoccupazione e l'ansia; al contrario rinforzeranno sia la sensazione di dover continuare a preoccuparsi, sia la sensazione di perdita di controllo.

Da numerosissimi studi si evince che quello che ci puo' aitutare nel contrastare sensazioni di panico, perdita di controllo, bassa autostima, depressione, autocritica eccessiva e rimuginio e' una nuova modalita' di interagire con i nostri processi mentali.

Per uscire da questo circolo vizioso che alimenta il meccanismo ansiogeno e' necessario acquisire delle strategie che ci permettono di gestire i nostri pensieri considerandoli come processi mentali passeggeri, passare cioe' da un modo "oggetto" ad un modo metacognitivo.
Nel primo, il pensiero e' sovrapposto alla realta', nel secondo e' trattato per quello che e', un processo mentale, non in grado di autodeterminare la realta'.

A tal proposito, una pratica che ad oggi si sta diffondendo e che ha avuto l'approvazione del mondo scientifico e delle neuroscienze e' la Mindfulness di cui parlero' nel prossimo articolo.


Psicologo/Psicoterapeuta
Pietro De Trucco




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